Vincere la Coppa Davis giocando tutti gli incontri fuori casa (l’ultima squadra a riuscirci fu la Francia di Sebastien Grosjean e Nicolas Escude, nel 2001). Ma soprattutto, vincere questa benedetta Insalatiera dopo ben quattro sconfitte in finale: mancano ancora due mesi all’ultimo atto della competizione (si giocherà dal 25 al 27 novembre) e in Argentina già scalpitano: il popolo albiceleste, molto patriottico e legato ai colori della propria bandiera, sogna questo trionfo da diversi lustri, ormai c’è un solo ostacolo da superare ma proprio a questo punto, in passato, sono iniziati i problemi.
Perché per l’Argentina, come detto, la Coppa Davis è diventata un’ossessione, un incubo. Quella contro la Croazia sarà la quinta finale della sua storia e nelle precedenti quattro sono arrivate tonnellate di delusioni: nel 1981 la squadra di Guillermo Vilas e Josè Luis Clerc non poté fare molto per arginare lo straripante John McEnroe di quel periodo (l’americano, sul rapido di Cincinnati, diede spettacolo sia in singolo che in doppio), ma le amarezze vere e proprie iniziarono esattamente dieci anni fa, nel 2006. Quella volta non bastò uno stratosferico David Nalbandian (due vittorie in singolare su Marat Safin e Nikolay Davydenko), nel quinto e decisivo match José Acasuso perse proprio da Safin. Ancora peggio andò nel 2008, quando tutto sembrava apparecchiato per il successo: si giocava a Mar del Plata contro una Spagna priva di Rafael Nadal, in tribuna a fare il tifo anche Diego Armando Maradona, Nalbandian dominò il match di apertura contro David Ferrer ma Juan Martin Del Potro (reduce dal Master di Shanghai e non al meglio fisicamente) crollò contro Feliciano Lopez e da lì partì la slavina. Un ko che scatenò polemiche, litigi interni, tensioni e bordate sui media: “Delpo” fu protagonista in negativo anche nel 2011, quando perse sulla terra rossa i due singolari contro la Spagna di Nadal e Ferrer.
Che sia arrivata la volta buona? La splendida affermazione sui campioni in carica della Gran Bretagna invita all’ottimismo: il capitano Daniel Orsanic, molto bravo a cementare e solidificare un gruppo non semplice, potrà contare su un Del Potro pienamente recuperato ma soprattutto su una squadra versatile. Federico Delbonis, Guido Pella, Juan Monaco: e poi Leonardo Mayer, che da 128 del ranking è stato bravissimo in semifinale a firmare il punto del 3-2 contro Daniel Evans. La scelta, insomma, non manca se poi consideriamo anche Diego Schwartzman, Horacio Zeballos e Carlos Berlocq (difficilmente, però, vedremo uno dei tre in finale).
Anche i precedenti sorridono: Argentina e Croazia si sono già incontrate tre volte (2002, 2006, 2012, sempre ai quarti di finale) e i biancoazzurri l’hanno sempre spuntata. Nel 2002 l’Argentina di Gaston Gaudio chiuse 3-2 sulla terra (Gaudio sconfisse Ivo Karlovic nel match decisivo), nel 2006 fu David Nalbandian il protagonista (anche se poi fu Juan Ignacio Chela a timbrare il 3-2 contro Sasa Tuksar) mentre quattro anni fa i padroni di casa vinsero 4-1 e Del Potro, nel singolare decisivo, asfaltò Marin Cilic 6-1 6-2 6-1.
Tra due mesi si giocherà probabilmente a Zagabria, sul cemento indoor (al momento Spalato appare più defilata): la Croazia è anch’essa una buonissima formazione, Marin Cilic e Borna Coric offrono parecchie garanzie in singolare e Ivan Dodig, in doppio, è uno specialista assoluto. I biancorossi, tra l’altro, hanno una storia diametralmente opposta perché vinsero la loro unica finale disputata (nel 2005 Ivan Ljubicic e Mario Ancic piegarono in trasferta la Slovacchia di un indemoniato Dominik Hrbaty). Avremo una finale molto equilibrata, questo è sicuro: paradossalmente saranno proprio i croati ad avere i pronostici dalla loro parte (fattore campo, doppio di livello, ottimi singolaristi) ma come detto nel terzo paragrafo occhio a questa Argentina. Solida, sicura dei propri mezzi e capace di buttare il cuore oltre l’ostacolo (e la clamorosa vittoria di Juan Martin Del Potro su Andy Murray, in semifinale, è li a ricordarcelo).
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