di Alessandro Mastroluca
Everybody wants to be the man at the top, canta Bruce Springsteen. E tutti meritano una seconda occasione. In un passaggio di tempo di quelli che possono segnare le stagioni e le carriere, Simone Bolelli misura la sua seconda chance contro chi è rimasto più di tutti nella storia il “man at the top”.
Già la semifinale di Davis di settembre a Ginevra, Simone se l’è giocata alla pari con Federer. E qualcosa quel giorno è scattato, qualcosa che ha permesso al Bole di battere Goffin la settimana scorsa e andare a servire per il match contro Troicki, che finirà per vincere il titolo a Sydney nella prima finale ATP fra due qualificati.
“Quella partita in Davis è l’ultima volta che ho visto Simone dal vivo” ci racconta Alberto Brizzi, tante volte compagno di allenamento di Bolelli, fermo però da sei mesi per un infortunio al ginocchio. “A livello di tennis, non gli mancava niente quel giorno: teneva bene i suoi turni di battuta, giocava alla pari, gli è mancata anche un po’ di fortuna nel tiebreak”.
È un precedente che può tornare utile all’azzurro, secondo Brizzi. “Certo, forse lì era un pochino più facile per Simone, perché sul veloce indoor si può esprimere meglio. Qui si gioca all’aperto, il campo è un po’ più lento… Simone ha fatto importanti progressi dal punto di vista atletico, ma non è mai stato una scheggia”. Però arriva in fiducia per la settimana comunque positiva, e Federer ha pur sempre lasciato un set a Millman sulla strada verso la millesima vittoria in carriera. “Bolelli ha giocato con tutti i più grandi, non è uno che ha paura dell’avversario” sottolinea Brizzi. “Deve entrare in campo sapendo che sta giocando bene e non ha niente da perdere. Se fossi lì, gli direi ‘sei all’Australian Open, al secondo turno, sul centrale contro Federer: vai e goditela’. Perché, potrei sembrare un po’ matto, ma per me non è chiusissima”.
Il piano tattico che Bolelli dovrebbe seguire è abbastanza chiaro. E, possiamo dire, non particolarmente complesso da individuare e delineare. Non ci sono sorprese, non ci sono segreti, e non potrebbe essere altrimenti. “Ovviamente Simone deve cercare di giocargli più sul rovescio che sul dritto, deve servire molto bene e soprattutto deve essere lui a fare il gioco col dritto. È vero, c’è Federer di là, ma se si lascia mettere in difesa, se si fa spostare allora è finita”.
Per Luca Ronzoni, primo coach di Bolelli, affrontare Federer a Melbourne sarà invece più facile che in Coppa Davis. “Simone deve giocare evidentemente a braccio sciolto, e ora è ancora più consapevole che il suo tennis è di nuovo decollato e può fare ancora meglio”. Ronzoni, che ha “svezzato” Bolelli, arrivato a 14 anni alla Vavassori Academy a Cividino e l’ha portato a diventare campione italiano in singolo, doppio e a squadre under 16, a vincere i primi Futures, all’argento in Coppa Europa e al bronzo ai Giochi del Mediterraneo, è meno “sognatore”.
Bolelli sta giocando forse il miglior tennis della carriera, ha piegato un Monaco certo un po’ usurato ma non per questo meno predisposto alla lotta e soprattutto ha assorbito contro Pico un passaggio a vuoto condito da qualche errore di troppo che fino a qualche anno fa gli sarebbe probabilmente costato la partita. Si è fatto spingere dagli “olé” degli italiani sugli spalti, dalla vista delle bandiere tricolori, dalla prospettiva di riconsegnarsi prima ancora con la mente al tennis che conta, di sentirsi di nuovo parte di un’elite che ha osservato, ha toccato, ha assaggiato, ma a cui non è mai appartenuto davvero quanto avrebbe potuto, voluto, dovuto.
“Dobbiamo partire da un presupposto: negli Slam, i grandi non hanno ‘tempo da perdere’, affrontano anche i primi turni con la massima attenzione, perché puntano alla vittoria finale e vogliono fare meno fatica possibile nelle prime partite. Simone ha dimostrato di avere il talento e la capacità di risalire ancora in classifica, di avvicinarsi al best ranking (n.36), ha grande entusiasmo. Ma a 29 anni per lui giocare un secondo turno sul centrale dell’Australian Open non è un evento comune. E di fronte ha il più forte giocatore di tutti i tempi. Per me la partita è chiusa”. Bolelli, conclude “dovrà servire benissimo e cercare quanto più possibile di chiudere il punto con i primi due colpi. E potrà sicuramente dare lustro al suo tennis e al suo talento”.
Una prospettiva, questa, che passa anche per tappe simboliche, in cui ha ancora senso far rivivere il principio decoubertiniano, troppo spesso distorto, nella sua essenza che racchiude meglio di quanto si pensi la profonda bellezza dello sport: l’importante non è vincere, ma la certezza di essersi battuti bene.
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