di Big Lebowski
Con i tabelloni allineati agli ottavi di finale il 57° Trofeo Bonfiglio entra nella fase più avvincente, anche se già sono emersi diversi motivi di interesse per l’appassionato di tennis giovanile.
Partiamo da sabato e domenica con i duri turni di qualificazione che una sola ragazza e nessun ragazzo italiani hanno superato. A dimostrazione dell’alto livello depone il fatto che diversi giocatori siano ancora impegnati nel main draw.
Va anche detto che i migliori italiani hanno potuto avvalersi delle numerose wild card messe a disposizione da organizzazione e federazione, per cui erano rimasti a giocarsi l’accesso molti di coloro che non sono considerati attualmente di prima fascia o comunque i più giovani. Per esaurire il discorso spendiamo una parola su un paio dei nostri che mi sono parsi di buon livello: Coppini (1998), un fisicone ed un servizio degni di nota ed una palla pesante con evidenti maggiori attitudini ad altre superfici, e Forti (1999, seguito dalla federazione), che gioca un buon tennis ancora un po’ leggero a questi livelli ma di elevata qualità.
Tra le donne sono arrivate vicine (nel senso che hanno giocato l’ultimo turno) a superare il test soltanto due ragazze e cioè Emma Lioi (1998), una bionda di buon fisico e temperamento anch’essa facente parte del “giro” federale, e una “nostra amica” che abbiamo rivisto giocare dopo parecchio tempo, vale a dire Alessia D’Auria (1998) la quale, dopo un periodo poco felice, mi ha dato l’impressione di aver ritrovato le giuste motivazioni. I colpi ci sono sempre, sono lì da vedere e non è necessario essere osservatori competenti per ammirare il suo tennis di anticipo e pressione; è un piacere quando trova quelle strisce di positività in cui per dieci minuti è in grado di imporre le notevoli risorse di cui dispone.
Così è stato contro una tedesca che godeva di una testa di serie e che la ha annichilita in un primo set a senso unico con un eloquente 6-0; ma poi, come si fosse improvvisamente sbloccata avendo forse realizzato non aver più niente da perdere, la nostra è entrata in lotta ed ha vinto di carattere il secondo per poi straripare nel set decisivo con un imperioso rush strappa-applausi, con l’avversaria che non è calata di un centimetro.
Anche nel turno finale, contro una ottima cinese di Taipei, che per dirvi oggi ha portato al terzo la testa di serie numero 2 Yastremska, ha regalato completamente il primo set (6-1), ma poi ha giocato assolutamente alla pari perdendo prima la possibilità di pareggiare non sfruttando numerose occasioni e poi cedendo il suo ultimo turno di servizio con tre doppi falli consecutivi.
Se Alessia, che ho trovato molto più sorridente anche fuori dal campo, recuperasse una condizione fisica adeguata (ha ripreso da un paio di mesi soltanto) e soprattutto crescesse mentalmente che forse è l’ostacolo più arduo, credo che sarebbe ancora una delle migliori. Sarebbe un peccato sprecare un talento del genere; in ambito nazionale non c’è molto di meglio in giro tra le sue coetanee o giù di lì, per cui chiudo questa parte con un sincero Forza Ale!
Sapendo che il lettore medio di questo blog è molto competente nel settore, più che parlarvi di tecnica la butto un po’ sull’ambiente del torneo dove si incontrano dei personaggi anche pittoreschi. E’ facile imbattersi nelle russe che sono proprio tante, anche perché girano tutte con la mamma, spesso bionda e quarantenne. Qualcuna assiste attivamente ai match incitando le giocatrici ad ogni punto in maniera colorita e meriterebbero un capitolo a parte.
Per quanto concerne le giocatrici che conoscevo va detto che Zhuk (1999 ed in foto) e Pervushina (2000) sono molto cresciute così come Potapova (2001), che è la più piccola di età. Poi c’è la quattordicenne Amanda Anisimova (avete capito bene) che è testa di serie numero 1 anche se ha faticato a battere al terzo la ormai mestierante a questi livelli Seone Mendez, la figlia australiana del calciatore argentino che vive a Valencia, se ricordate, che era avanti nel terzo.
Questa è una giocatrice USA, ma è russa a tutti gli effetti. Fisicamente ricorda Kvitova, mentre le altre sono più wozniackeggianti nel senso di Wozniacki, anche per quanto riguarda il tipo di gioco e la resistenza fisica.
La Anshba invece è mora ed è una “pallettara di categoria” per usare un termine che non amo, ma mi sembra appropriato in questo caso; gioca tutti gli scambi come non ci fosse un domani e per farle un punto bisogna spararle nelle gambe. Riprende tutto quello che è ribattibile variando ogni colpo e non disdegnando fastidiosissime moon ball. Sara Errani è una principessa al confronto, simpaticamente per entrambe.
Domani affronterà la testa di serie numero 2 Yastremska che è “invece” un ucraina ed è del 2000; se cliccate i nomi delle due giocatrici su youtube potete vedere come erano a 13 anni in un match che finì 75 57 62 per la russa che è più vecchia di un anno. Sarà uno dei miei “match of the day” al femminile insieme a Potapova – Minca, una rumena very interesting che fa parte del gruppo che io chiamo affettuosamente dei “paesi a bolletta”.
Il boss del team è Dermot Sweeney, un occidentale di nazionalità zambiana che dirige l’ITF Tennis Centre in Pretoria, South Africa. La sua biografia recita che “Dermot has been a touring coach for many top juniors and satellite players and his highest ranked player achieved a top 10 ranking. Some of his players have reached semi-finals of the Orange bowl, quarter-finals of Wimbledon, and the last 16 of the US Open and French Open”.
In pratica il mitico Dermot accompagna per il mondo i tennisti e le tenniste sovvenzionate dall’ITF tramite un fondo che attinge dai tornei del grande slam. In pratica questo simpatico quarantacinquenne ex giocatore a livello future fa, venendo regolarmente pagato, quello che molti di noi farebbero gratis come minimo. Seguendo il corso della bella stagione gira il mondo e guarda partite di tennis a pies di lista. Ed ha anche un assistente, una “paciarotta” della quale non ho altre notizie ma che lo supporta perché i match in cui sono impiegati i suoi ragazzi sono parecchi.
Qualcuno dei suoi pupilli è proprio forte, come la rumena di cui vi parlavo o l’egiziano Hossam che ha perso da Kuhn ed è 14 del ranking. Dermot mi ha detto che se impara a fare la cosa giusta al momento giusto diventa un fenomeno perché sa fare proprio tutto, compreso “voleare” con grande efficacia. Poi c’è una bella e brava peruviana che ha perso con la Errani russa dopo un primo set ai limiti della rissa, una ragazzina del Burundi, un boliviano e parecchi altri. A fine match si siede sempre con il giocatore e lo catechizza a lungo con fare da fratello maggiore.
Come i miei dieci lettori sanno, ogni anno sono solito raccogliere, sulla brochure, l’autografo di un mio tennista del cuore, uno per il quale valga la pena pagare il biglietto. Quest’anno il mio prescelto è stato Olukayode Alafia Daminaga Ayeni, ricordando a chi è nuovo che al Bonfiglio, ad esempio, Roger Federer perse da tale Jerome Haehnel e per restare all’anno scorso Taylor Fritz prese un’imbarcata pesante da Corentine Denolly .
Ayeni è americano e, come si evince dai numerosi e difficili nomi, è di colore; vive a San Diego ed ha il padre nigeriano al suo angolo. Gioca con occhiali scuri, ha capelli ricci e scurissimi e fisicamente è un animale inteso come grande complimento. Potrebbe essere un’ala piccola ma anche un playmaker in un’università americana di basket per l’equilibrio e la proporzione del suo fisico tra l’altro chiaramente in evoluzione, sperando non troppo. Inizialmente pensavo girasse con una guardia del corpo, invece è il papà; è enorme, ho ritenuto potesse essere un ex giocatore di football e si occupa della preparazione fisica del ragazzo che è dell’agosto 1999.
Non ho approfondito di che cosa si occupasse in precedenza per non correre il rischio di dovermi avvalere della facoltà di non rispondere in caso di un interrogatorio dell’FBI; dopo aver superato tre turni di quali e un duro incontro di primo turno in quattro giorni, guadagnandosi un nutrito seguito di pubblico, non ne aveva più a livello fisico come mi ha confidato il papà prima del match.
Nonostante questo ha giocato una meravigliosa partita di nervi con un tennis spettacolare e particolare che trae enorme giovamento da una prima potentissima non supportata al momento da una buona seconda. Ancora un po’ spregiudicato mi ha dato l’impressione di non aver iniziato giovanissimo e di avere margini abbondantissimi, ma è uno showman e una fisicità così non l’ho mai vista in un sedicenne. La sfrutta spesso scendendo a rete dove occupa uno spazio enorme. Unico nel suo genere come potete vedere brevemente in questo video al minuto 4:34.
Tra i winner di questa sorta di “Big Lebowski Awards” ricordo con affetto un Kozlov bambino, il cileno Jarry e l’anno scorso Akira Santillan from Japan, la cosa più vicina a Federer che abbia mai visto, almeno stilisticamente prima che mi prendiate per matto. Di quelli che sono ancora in tabellone avremo modo di parlarne un’altra volta: mi hanno detto bene del qualificato Blake Ellis (Australia) che ha fatto fuori la prima testa di serie Watanuki (Giappone), a me piace tanto il lungo Tsitsipas (Grecia). Così come parleremo un’altra volta degli italiani, dei cinesi e di molto altro.
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