di Paolo Angella
Ci sono i grandi personaggi dello sport, quelli che sono conosciuti da tutti, a volte dicono frasi interessanti, altre volte meno e poi ci sono tante persone, sconosciute alla maggior parte della gente, che amano lo sport, e che dedicano la propria esistenza a far capire ai ragazzini che lo sport aiuta nella vita ed è sempre un percorso di crescita importante e significativo. Una di queste persone è sicuramente Giosuè Bilardo, ex giocatore di pallacanestro e per tanti anni allenatore di buon livello di basket, ora preparatore atletico di giovani tennisti e soprattutto papà di Jacopo Bilardo, 10 anni e mezzo, giovanissima promessa del tennis italiano.
Incontriamo Giosuè assieme a Jacopo e cerchiamo di capire come si svolgono le giornate in questa famiglia da sempre divisa tra basket e tennis.
Giosuè, dopo una vita dedicata al basket, ora sei passato definitivamente ad occuparti di tennis?
Io sono appassionatissimo di tennis fin da quando ero ragazzino, ma evidentemente ero più bravo a giocare a pallacanestro e così mi sono avvicinato a questo sport che poi ho praticato per molti anni. Infatti fino a giugno dell’anno scorso ho allenato una squadra giovanile di basket, adesso ho iniziato a occuparmi della preparazione atletica di una scuola tennis, seguo principalmente giovani ragazzi che si avvicinano al tennis, ma anche tennisti adulti che frequentano il club.
Tennis, sport individuale, basket sport di squadra, sono mondi molto diversi oppure ci sono analogie?
Sono mondi completamente diversi. Il tennis è uno sport che va praticato in modo assolutamente ordinato. Il fatto che si giochi in silenzio mi ha sempre affascinato. Negli sport di squadra in generale anche le comunicazioni tra allenatori e giocatori spesso avvengono in mezzo al rumore. Nel tennis per farti capire non devi mai urlare, non devi mai aumentare l’intensità della voce. La comunicazione nel tennis è sempre pacata. Il rapporto tra maestro e giocatore è quasi sempre individuale, questo favorisce sicuramente la comunicazione. Nell’ambiente della pallacanestro questo è sicuramente più difficile, intanto perché ti devi rapportare contemporaneamente con più persone e poi appunto perché sei sempre in un ambiente con molta confusione, con molto rumore. Dal punto di vista gestionale è sicuramente più semplice il rapporto insegnante-allievo nel tennis rispetto al basket e ad altri sport di squadra.
Al di là delle differenze tu quale preferisci tra queste due tipologie diverse di preparazione?
Sicuramente preferisco il modo di lavorare del tennis. Io amo i silenzi del tennis, amo il rapportarmi personalmente con i miei allievi, poter spiegare a voce bassa e pacatamente quello che devono fare, quello è il vero lavoro del “maestro” inteso come colui che tenta di insegnare qualcosa al suo allievo.
A livello di comportamento durante le partite hai trovato differenze tra i due sport anche tra i familiari e coloro che assistono dagli spalti?
Sì assolutamente, chi segue il tennis sa che i giocatori devono avere il silenzio e non bisogna disturbare il loro gioco, la cultura tennistica in questo senso per fortuna è formata molto bene, negli sport di squadra il frastuono in tribuna e a bordo campo è diventato un elemento stesso del gioco, mondi diversi, come dicevamo prima. Poi c’è anche la considerazione che spesso in uno sport di squadra anche i genitori, i familiari, si muovono in massa, nel senso che gli esempi positivi o negativi, che sono spesso più evidenti, tendono a trascinare anche gli altri familiari ed è un qualcosa che va al di là di quello che dovrebbe essere il normale rapporto tra genitore e allenatore, poi diventa spesso tutti i genitori contro l’allenatore, anche se magari ha fatto crescere e lavorare bene il proprio figlio.
Jacopo è seduto accanto a papà, ascolta, annuisce ma forse si rende conto che nel discorso che stiamo facendo sulla differenza tra sport di squadra e sport individuali manca ancora un aspetto fondamentale e non ci pensa due volte ad intervenire nel discorso: “La differenza fondamentale tra tennis e gli altri sport è che nel tennis sei da solo a giocare e dipende tutto da te, se sei bravo vinci, se è più bravo il tuo avversario perdi, nel basket puoi essere bravissimo ma se hai una squadra scarsa perdi lo stesso, oppure puoi essere pessimo, resti in panchina, ma giochi in una squadra forte e vinci lo stesso”.
Jacopo ha 10 anni, ma sembra orgoglioso e divertito di essere parte di questa intervista, gli auguriamo di farne tante in futuro perché vorrebbe dire che ha raggiunto il successo sportivo, ma già adesso con piacere ed estrema loquacità e sicurezza mi racconta i suoi inizi con lo sport: “Mi è sempre piaciuto il tennis fin da piccolissimo, ho chiesto sempre di avere in regalo una racchetta da tennis, ho iniziato a colpire la pallina contro il muro di casa, poi seguendo il mio papà, verso la seconda elementare ho iniziato a giocare nella squadra di basket che allenava. Mi piace anche la pallacanestro, per un paio di anni ho fatto entrambi gli sport, adesso non riesco più ad allenarmi in tutti e due perché il tennis mi prende tanto tempo e così ho deciso di dedicarmi solo al tennis”.
Torniamo a Giosuè e voglio affrontare una questione molto delicata ovvero il proliferare di casi di scommesse e di doping anche a livello amatoriale.
Da uomo di sport, che ama lo sport, ti senti ancora di consigliare l’avvicinamento dei nostri bambini a questo mondo oppure qualche dubbio sta venendo anche a te?
Non riesco assolutamente ad avere il minimo dubbio sul fatto che iniziare a praticare uno sport sia auspicabile e raccomandabile per tutti. Il mondo perfetto non esiste, qualcuno che si comporterà male ci sarà sempre ma io credo fermamente che assecondare e supportare i ragazzini che si vogliono avvicinare ad uno sport sia un grande atto di generosità verso di loro che porterà a farli crescere e a diventare uomini e donne migliori. Lo sport è cultura, è educazione, deve assolutamente intrecciarsi con il mondo della scuola per formare i nostri ragazzi.
Jacopo è ancora più convinto: “Io non ho mai visto bambini che vogliono rubare per vincere le partite, il doping lo fanno i grandi, noi vogliamo solo divertirci e migliorare il nostro gioco. Non serve truccare per vincere una partita, serve solo allenarsi bene e fare quello che ti dicono i tuoi maestri.”
Anche il rapporto tra il mondo della scuola e il mondo dello sport è un tema molto rilevante, che diventa ancora più importante quando si parla di tennis, perché già da giovanissimi i tennisti devono viaggiare molto per giocare tornei e quindi il percorso scolastico deve essere adattato o comunque modulato tenendo conto delle esigenze sportive combinate a quelle didattiche.
Ancora Jacopo: “E’ importante avere un buon rapporto con gli insegnanti, chiedere gli argomenti che faranno quando sei via a fare tornei, organizzarti le giornate con lo studio, cercare di restare sempre a pari con gli altri. Quest’anno non ho perso molti giorni di scuola, ma è capitato di fare 4/5 giorni di assenza a fila per più volte quando ho fatto dei tornei lontano da casa. Per fortuna ho sempre recuperato subito quello che avevano fatto i miei compagni. Spero di riuscirci anche quando sarò alle medie e alle superiori. Io ho sempre cercato di non fare con sufficienza quello che mi viene chiesto ma di farlo sempre al meglio sia nella scuola che nel tennis”
Altro argomento “caldo” è il rapporto con la Federazione. Alcuni si lamentano per lo scarso supporto da parte degli organi federali che non seguono adeguatamente i giovani talenti, costringendo magari molti a rinunciare per il sopraggiungere di problemi economici legati alle cospicue spese che fare tornei in giro per il mondo comporta. Affrontiamo l’argomento con Giosuè
Quali sono i vostri rapporti con la FIT? Vi sentite adeguatamente supportati oppure no?
In tutta sincerità devo dire che nel nostro caso ci sentiamo molto tutelati e seguiti dalla Federazione. E’ oltre un anno che la sua annata (il 2004) viene seguita periodicamente dalla Federazione. Jacopo frequenta il CPA (Centro Periferico di Allenamento) qua a Lugo di Romagna, che per fortuna è solo a 25 minuti di auto da casa nostra. Almeno una volta alla settimana si allena con il Maestro nazionale Luca Sbrascini, lo scorso anno lo seguiva anche Antonio Cannavacciuolo, tutti i lunedì si può allenare con tecnici federali, e lo stesso avviene per due domeniche ogni mese, poi la Federazione ha iniziato a radunarli a gruppi, si sono visti con i loro maestri anche recentemente al Centro Tecnico Federale di Tirrenia. Da questo punto di vista io posso sicuramente dire di essere molto soddisfatto di come stanno lavorando con Jacopo.
Questi raduni sono momenti di aggregazione importanti non solo dal punto di vista tecnico ma anche umano immagino…
Sì perché il tennis è uno sport individuale, come dicevamo prima, però poi c’è l’aspetto dei raduni e dei tornei dove ti ritrovi con tanti coetanei e questo compensa parecchio la “solitudine” di questo mondo. Si sono già instaurate amicizie importanti con ragazzi che provengono da ogni parte di Italia. Ovviamente c’è sempre competizione e agonismo, ma alcune amicizie che Jacopo ha creato sono davvero importanti. Il tennis è uno sport che fa crescere in fretta. A 10 anni non capita spesso di avere amici spersi in giro per l’Italia, che vedi ogni tanto in questi raduni, ma ogni volta che ci si ritrova è davvero una festa e un momento di crescita non solo tennistica.
Da uomo di sport riesci a vivere in modo neutro o distaccato le partite di Jacopo o ti lasci travolgere anche tu dalle emozioni come la maggior parte dei genitori?
E’ un percorso importante quello che io e mia moglie stiamo facendo quando seguiamo le partite di Jacopo. E’ cominciato tutto per caso, per gioco. Non avremmo mai pensato che Jacopo potesse arrivare a fare tornei importanti e soprattutto non così presto. Ora cerchiamo di seguire le linee guida che ha dato a tutti i genitori il nostro Maestro Massimiliano Ramponi, che ci ha educato a un comportamento che possa essere di giovamento ai ragazzi stessi quando giocano. Però non posso negare che durante le partite vivo momenti di tensione, non è facile nasconderlo, è normale che i genitori siano i primi tifosi dei propri figli, non credere a chi dice che riesce sempre e in ogni occasione a essere freddo e distaccato, al massimo possono farlo gli allenatori, ma i genitori non ci riusciranno mai.
Jacopo annuisce, “Loro cercano sempre di supportarmi, ma si comportano molto bene a bordo campo, non si agitano e non mi creano tensione. E’ importante vedere che ci sono per me, mi basta quello.”
Giosuè prima di concludere vuole ancora sottolineare la grande importanza della serietà e della volontà che servono per andare avanti nel tennis e in ogni altro sport.
Sei soddisfatto complessivamente del comportamento di Jacopo quando si allena e quando gioca?
Sì, moltissimo, Jacopo è un ragazzo che si applica tanto, mette sempre tanto impegno e tanta serietà in quello che fa, sia nella scuola che nel tennis, non so se diventerà un professionista ma per ora posso certamente dire che mi sta dando tante soddisfazioni.
L’incontro è stato molto interessante, credo che non ci siano state ovvietà nei nostri discorsi e quindi lascio volentieri l’unica ovvietà a Jacopo quando gli chiedo chi sia il suo idolo e dove sogni di trovarsi tra 10 anni.
Ovviamente, non può che rispondermi “Roger Federer è il mio idolo e sogno di essere sul Centrale di Wimbledon”. Ovvia era la domanda, logica la risposta.
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