I vincitori del 58° Trofeo Bonfiglio sono due baby giganti. Non solo per la statura ma anche per il modo di tenere il campo e di aggiudicarsi un torneo che a livello giovanile vale uno Slam. Alexei Popyrin ci ha messo un’oretta scarsa (64 minuti per la precisione) per regolare il serbo Marko Miladinovic, Elena Rybakina invece un’ora esatta in più per avere la meglio sulla polacca Iga Swiatek. Sono loro ad alzare braccia e coppe al cielo, diventando gli eredi diretti di quello Stefanos Tsitsipas che solo un anno fa vinceva al Tc Milano Alberto Bonacossa e che ora ha trovato posto nel main draw del Roland Garros. Ma anche di quel Sascha Zverev che soltanto 4 anni dopo il successo meneghino è riuscito a conquistare il primo Masters 1000, a Roma, ed entrare nella Top 10 mondiale. Come è facile desumere dalla durata dei match, la più emozionante delle due finali è stata quella femminile, anche perché caratterizzata da un cambio di rotta difficilmente prevedibile alla vigilia e ancor di più a fine primo set. Cioè dopo che la polacca Iga Swiatek, vera osservata speciale, in soli 29 minuti aveva incassato il primo parziale con il punteggio di 6-1. E soprattutto dando sempre l’impressione di avere le mani sul trofeo, perfino quando ha perso al tie-break il secondo set. Anche in quel frangente la russa, con la sua lunga treccia bionda raccolta sotto la visiera bianca, non pareva comunque in grado di trovare il grimaldello per scardinare il fitto schema di gioco della polacca. È stato sul 2-2 del set decisivo il primo momento in cui Elena Rybakina è sembrata davvero in grado di vincere il trofeo: più concentrata, più incisiva nei colpi, più precisa al servizio e soprattutto più lucida. E infatti di lì in poi il suo percorso è stato in discesa, fino all’1-6 7-6 6-3 conclusivo. “Sapevo che sarebbe stato un match duro – ha detto ‘Lena’ dopo la premiazione – perché la mia avversaria era molto aggressiva e io ho pagato la stanchezza della settimana. Però poi ho cominciato a trovare il mio tennis e un po’ di tranquillità”. Allo stesso momento è giunto in aiuto pure il servizio, e il primo titolo di Grado A in carriera è diventato realtà.
A senso unico la finale del torneo maschile. Marko Miladinovic, classe 2000, non è riuscito a riproporre di fronte a un Centrale gremito nel suo lato d’ombra (c’erano ben oltre 30 gradi a Milano) quanto di buono aveva mostrato durante la settimana e specialmente nella semifinale contro lo statunitense Crawford. Niente più vincenti di rovescio, niente più diritti carichissimi di top spin e di angoli insidiosi, niente più prime di servizio avvelenate. Al suo posto si è vista la grande concretezza tutta moderna del tennis di Popyrin. L’australiano di origini russe, accompagnato a Milano da mamma Elena, ha fatto tutto direttamente con il servizio o alternativamente con i primi due colpi immediatamente successivi. Supportato, in questo, dalla poca precisione del serbo seguito a Milano dall’ex pro Boris Pashanski, uno famoso per il caratteraccio e per essere entrato tra i Top 60 Atp nel 2006. Al match point Popyrin ha esultato portandosi le mani alla testa levandosi il cappellino che lo ha accompagnato per tutta la settimana: “I momenti più difficili? Al secondo turno (contro l’argentino Geller, ndr) e in semifinale (contro il russo Skatov, ndr) – ha detto il vincitore -. Oggi sono riuscito a fare il mio gioco e a restare concentrato per tutto la partita. Sono felicissimo di aver vinto, ma ci sono ancora molti risultati da raggiungere e molto lavoro da fare”. Un lavoro che ha toccato anche l’Italia, per un anno a cavallo di 2011 e 2012, quando l’australiano si è allenato a Bordighera con coach Piatti. “Riccardo è stato importantissimo per me – ha detto -, mi ha insegnato molto sia tecnicamente che tatticamente. Chissà che un giorno le nostre strade non si possano riunire”.
I RISULTATI DELLE FINALI
Tabellone singolare maschile, finale
A. Popyrin (AUS) [14] b. M. Miladinovic (SRB) [15] 6-4 6-2
Tabellone singolare femminile, finale
E. Rybakina (RUS) b. I. Swiatek (POL) [8] 1-6 7-6(5) 6-3
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