(Nicolas Merzetti e Giovanni Morello – Foto Nizegorodcew)
di Laurent Bondaz
Un paio di settimane fa, il circolo tennis dove lavoro, alle porte di Milano, ha ospitato una tappa del circuito giovanile Topolino, aperto a quasi tutte le categorie under a partire dall’under 9 fino ad arrivare all’under 16, suddivisi per anno di nascita. E’ stata l’occasione per vedere all’opera qualche piccolo interessante talento, ma anche per osservare quello che è da sempre una delle problematiche più diffuse nello sport e non solo nel nostro: il rapporto genitore-figlio. Tengo a precisare che, non essendo (ahime’) ancora papà, probabilmente faccio fatica a calarmi al 100 per 100 nei panni di in un genitore, ma credo che qualche considerazione interessante e qualche spunto per una discussione costruttiva possa comunque esserci. E’ luogo comune, toccando questo argomento, quello di crocifiggere l’operato del genitore qualunque cosa egli faccia, ma è giusto sottolineare come, senza l’apporto economico e di disponibilità, nel nostro sport un ragazzino non possa sognare nemmeno minimamente di diventare il nuovo Federer o la nuova Pennetta. E’ ovvio come un qualunque sport di squadra richieda molto meno impegno e presenza da parte del genitore. Premesso questo, mi è capitato in questi giorni passati sui campi di notare più volte screzi e dialoghi abbastanza duri tra padre e figlio, sia durante lo svolgimento del match e sia a incontro terminato; screzi legati ovviamente al risultato finale non ottenuto o al rendimento che durante la partita non soddisfaceva il genitore. A questo proposito mi vengono in mente alcune considerazioni. E’ umano sperare di vedere il proprio figlio o la propria figlia vincere e stravincere ogni partita giocata, ma è altrettanto vero che c’è sempre un avversario, c’è sempre qualcuno che magari quel giorno è più in forma fisicamente, è più portato tecnicamente, ha quel pizzico di fortuna in più o semplicemente ha più esperienza in termini di agonismo e partite giocate. Capisco che non sia facile da accettare a caldo, ma penso che sia istruttivo in tutti i sensi prima riconoscere i meriti di chi ha vinto e poi in un secondo tempo andare ad analizzare i perché di una sconfitta. Voi direte: facile da scrivere, facile da fare a freddo, sul momento è molto più complicato, ma vi assicuro che osservare da estraneo un papà che riprende pesantemente un figlio perché ha PERSO UNA PARTITA DI TENNIS fa pensare e non poco…
Immagino quanto possa essere difficile rapportarsi a caldo con un figlio deluso da una sconfitta dato che lo è da coach figurarsi da genitore, però sono convinto che chi deve metterci un po’ di equilibrio debba essere chi ha qualche anno in piu’….. Aspetto da voi e da qualche genitore qualche considerazione in risposta a quanto scritto dal sottoscritto per confrontarsi e dialogare su questo argomento che ritengo di difficile gestione da sempre…..
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