Giovanni Paolisso: “Avere fretta di primeggiare è un errore”

Biagianti U14 Messina

di Alessandro Mastroluca

“Non bisogna fare l’errore di voler primeggiare troppo presto”. È la lezione di Giovanni Paolisso, responsabile del settore tecnico federale per gli under 14, ai maestri, ai giovani tennisti, ai genitori. “Certo, nemmeno si può guardare il tennis a quest’età e dire che il risultato non conta nulla. Ma il principio deve essere: occhi bassi, lavorare duro, fare un percorso di miglioramento”.

Questa settimana Paolisso è al Circolo del Tennis e della Vela di Messina per seguire il Torneo Carlo Stagno D’Alcontres (grade 1). “E’ una settimana particolare per i quattordicenni” sottolinea, “molti sono impegnati con gli esami di terza media. Però tutti quelli che sono qui a Messina sono davvero ottimi giocatori, c’è molta qualità anche se i primissimi, i top d’Europa della classe 2001 magari stanno già provando le prime esperienze nei tornei under 16 o cercando di prendere i primi punti ITF”.

La Federazione, spiega, sta lavorando con molte delle promesse italiane presenti a Messina attraverso i Centri Periferici. “Monitoriamo tutti i ragazzi coinvolti” ci dice, “offriamo anche servizi e supporto, i maestri con cui collaboriamo si appoggiano a noi per far girare. Ho visto buoni match, mi è piaciuto molto Fiorentini, che rientra da un infortunio piuttosto lungo avuto a inizio stagione e dopo la finale a Correggio si conferma in un ottimo momento di forma. Ho visto molto bene anche Rottoli, Cobolli, tutti ragazzi che hanno una buona attitudine, mi è piaciuta molto la tenacia, lo spirito combattivo di Giorgio Tabacco, che qui ha un tifo incredibile come il fratello Fausto”.

Tra le ragazze, “Lancillotti e Amendola hanno giocato buone partite, mentre ha fatto un po’ fatica Alessia Truden” nel suo ottavo di finale perso con la russa Tikhonova. Per quanto riguarda il tabellone femminile, ci tiene a precisare Paolisso, “era già in programma che Rossi e Cocciaretto fossero a Milano per l’Avvenire”.

Giovanni Paolisso
Giovanni Paolisso (al centro)

È una presenza fissa nei tornei under 14, Paolisso, che ha accompagnato i ragazzi, tra gli altri, anche all’Orange Bowl, a Tarbes, alla Winter Cup. Ma non solo. “Sono andato anche a vedere dove si allenano, perché è fondamentale capire le priorità da sviluppare e soprattutto creare una sinergia con i maestri. Con il settore tecnico” ci spiega, “in questi dieci mesi, dallo scorso settembre, abbiamo supportato l’attività dei centri periferici. Abbiamo organizzato due raduni a Tirrenia con la collaborazione dell’Istituto di Formazione che ha fornito docenti per la videoanalisi e uno psicologo dello sport. Poi ho chiamato più volte gruppi ristretti di ragazzi per uno stage al centro tecnico per incidere di più sull’allenamento, per abituarli ad allenarsi. Poi, con i più validi, c’è stato anche un secondo passaggio, siamo tornati nei circoli per monitorare di nuovo, abbiamo concordato con loro la programmazione e creato una sinergia con i maestri per poter lavorare nello stesso modo sugli stessi aspetti”.

È un concetto cruciale, un passaggio centrale nella filosofia che orienta tutto il progetto. “Quando i ragazzi arrivano a Tirrenia, a noi interessa che si allenino bene, che sviluppino una propensione al lavoro, e sono soddisfatto della risposta dei ragazzi. Certo, nel confronto con le realtà internazionali, ci accorgiamo che ci sono delle difficoltà nostre, italiane. I nostri migliori ragazzi fanno tre, quattro sedute a settimana, incastrate tra la scuola e gli altri impegni mentre, soprattutto dall’est Europa arrivano già 14enni che sono dei mini-professionisti, che già fanno doppie sedute di allenamento: per esempio Anastasia Potapova, la migliore 2001, già gioca gli ITF”.

Ed è qui, ci tiene a precisare, “che bisogna lavorare di più, soprattutto sulla testa dei ragazzi, riuscire a fargli capire, attraverso una strategia, quanto sia importante la disponibilità mentale a trovare uno spazio per il tennis, a lavorare duro per migliorare. Per esempio, dopo la vittoria all’europeo under 12, abbiamo portato i ragazzi un anno in anticipo a Tarbes. Hanno preso un po’ di schiaffi, hanno capito il livello che li aspettava, in gran parte non si sono adagiati sulla vittoria ma si son messi sotto a lavorare: il nostro obiettivo l’abbiamo raggiunto”.

Naturalmente, per fare in modo che le giovani promesse, soprattutto quelle che vincono di più, imparino ad allenarsi e a volersi migliorare, il responsabile tecnico da solo non basta. “Abbiamo formato un bel gruppo con Michelangelo Dell’Edera, con Infantino, con Giancarlo Palumbo, e soprattutto abbiamo creato buoni rapporti con i maestri: perché solo così questo progetto può funzionare”.

Manca però un’ultima condizione perché riesca davvero, una diversa consapevolezza. “Da una parte, è chiaro che in questa categoria fanno fatica a emergere quelli che fanno le cose normali. Ma dall’altra, dobbiamo sapere che vincere in questa categoria non è tutto”. È tutto qui il senso profondo di una visione, di una politica che guarda più lontano del qui e ora. È l’idea che nell’età più delicata, la priorità deve diventare imparare a giocare e a diventare giocatori, non mettere in bacheca una coppa in più.

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