dalla Florida, Andrea Gabrielli (Agente Atp/Wta)
Rientrato a Roma per qualche giorno di vacanza, trascorsa la vigilia ed il giorno di Natale in aereo, sono ancora immancabilmente ed irrimediabilmente alle prese col mio caro e vecchio amico Mr. Jet Lag e la cosa che più di tutte mi terrorizza è che tra una decina di giorni mi aspetta una nuova trasferta transoceanica. Se infatti la stagione “vecchia” è appena conclusa, quella nuova è già partita…
Tentando di non pensare a ciò che sarà il viaggio verso l’Australia e rinunciando ad ogni tentativo di dormire, con la poca lucidità che mi resta provo a rimettere insieme i pensieri, i ricordi, metabolizzando, a freddo, le sensazioni che questo viaggio mi ha lasciato.
Se in certi momenti avrei preferito mandare tutto all’aria adesso, a bocce ferme, assaporo il retrogusto sofisticato di ciò che è stato.
Iniziamo dai risultati delle quattro finali dello “Junior Orange Bowl” e in particolare dal torneo che, vista la presenza di un mio giocatore tra le teste di serie, mi ha coinvolto maggiormente, ovvero quello dei ragazzi Under 12.
Il vincitore, l’israeliano Yshai Oliel, era di certo, una volta ritiratosi il russo Avidzba, il mio favorito. Mancino, carattere estroverso, non molto alto ma capace di un tennis molto efficace e senza nessun punto debole. Se proprio devo trovargli un difetto posso individuare nella sua altezza il suo possibile limite futuro. E’ in ogni caso presto per dire cosa sarà di lui, ma di sicuro mi ha impressionato.
Lo avevo conosciuto di persona la settimana prima al Nike Junior Tour e sulle prime non mi era risultato molto simpatico, anche se dopo averci scambiato due chiacchiere di persona mi sono ampiamente ricreduto. Non posso dire di conoscerlo bene (anche per l’evidente gap generazionale che ci separa) ma di sicuro ho ampiamente riconsiderato le mie idee personali su di lui.
L’istrionico Yshai ha avuto la meglio sul ragazzo di Aruba Patrick Sydow, la cui presenza in finale fa giustizia al mio “Super Kid” che, in condizioni fisiche abbastanza precarie ci ha perso 63 61. Il primo set grida vendetta: Zarkovic ha preso il break al suo primo turno di servizio (secondo gioco del match), alla prima palla break che ha concesso (vantaggio Sydow dopo aver condotto 40-15). Ha perso il set concedendo quella sola palla break (sfruttata alla grande!) e senza riuscire a concretizzare neanche una delle otto opportunità che si era costruito nella prima partita, mentre per quanto riguarda la seconda partita ha subito immediatamente il break a zero nel primo game e da lì si è spenta la luce, le gambe si sono fermate ed il match è finito.
In ogni caso, facendo una considerazione generale, a differenza di Oliel Patrick Sydow è il classico ragazzino che senza conoscerlo dici: “questo ha almeno 15 anni…” Vedendolo la prima volta abbiamo infatti pensato che fosse il fratello maggiore di qualcuno e, una volta entrato in campo, abbiamo subito realizzato che sarebba stata una brutta giornata.
Complessivamente dei quattro semfinalisti e più in generale di tutti i giocatori del torneo U12 alcuni hanno avuto dei notevoli benefici, specie al servizio, derivanti dalla maggior statura e dalla stazza fisica supeiore che, inevitabilmente, si traduce anche in una maggior pesantezza di palla.
Sul fronte femminile ammetto invevce di aver seguito poco le ragazze U12, riservando maggior interesse alla categoria “14 and younger” maschile e femminile.
Partendo dalle donne ero molto interessato alle prestazioni della serba Nikolina Jovic e delle inglesi Taylor e Lunsden e nel complesso posso dire di essere rimasto deluso dalla prima (che davo tra le favorite), anche se il punteggio con cui ha perso il suo quarto di finale con la vincitrice del titolo Lusden è stato molto eloquente e senza alibi: 61 61. Francamente da lei mi sarei aspettato qualcosa di meglio!
Le mie starlette ungheresi, Fanni e Dalma, sono state invece “dismesse” da quella che io considero la rivelazione del torneo, vale a dire Gabriella Taylor.
Poco celebrata e da sempre un po’ nell’ombra rispetto alla più acclamata e probabilmente più forte connazionale Lunsden, la Taylor ha concesso in totale quattro giochi alla Galfi per poi maltrattare la Stollar in semifinale, in un match vinto 06 60 61 dopo una clamorosa falsa partenza.
La finale tutta britannica, molto interessante dal punto di vista del gioco e dell’agonismo, ha rispetttato in conclusione il pronostico che, anche questa volta, ha visto primeggiare anche se di poco la scozzese (come Murray!) Maia Lunsden, superiore nel derby alla Taylor.
Tra i ragazzi invece, a testimonianza del buon lavoro che i tecnici della LTA stanno facendo, mi preme fare il nome, abbastanza conosciuto ai molti, del “coloured” Jay Clarke che, sebbene abbia perso ai quarti con l’altro tennista di colore Mikael Yemer è, secondo me, il più bravo di tutti.
Devo ammettere inoltre che, a differenza dello svizzero-croato Osmakcic, non conoscevo affatto il vincitore del torneo Mmoh, mentre tra i giocatori che mi hanno colpito maggiormente, oltre al già citato Clarke, mi piacerebbe spendere due parole sul mancino canadese Dylan Dednarczyk che, anche se non diventerà alto come Karlovic (e questo sembra essere diventato un limite insormontabile nel tennis moderno per i super esperti), gioca comunque un bel tennis.
Scambiandoci poi due parole a proposito del contestato match perso con Osmakcic, mi è parso di avere di fronte un ragazzo ben più maturo dei suoi 14 anni e, dal momento che lo avevo già visto al “Nike Junior Tour”, ho deciso che continuerò a seguirlo.
Considerazione finale: Se è vero, come è vero, che lo “Junior Orange Bowl” è il Campionato Mondiale U12 e U14, possiamo essere felici che, nonostante il fattore campo, la vecchia Europa abbia grossomodo dominato in tutte le categorie.
Il confronto tra “vecchio” e “nuovo” mondo, poco frequente per ovvi motivi a questa età, ha rassicurato tecnici e soprattutto giocatori europei che, nonostante siano considerati di formazione americana per i loro allenamenti in Florida, contribuiscono ad impreziosire l’albo d’oro, sempre pù ricco di atleti di nazionalità europea!