di Matteo Mosciatti
Primo titolo ITF per il quindicenne toscano Marco Furlanetto, uno dei migliori prospetti del tennis giovanile italiano. Già vincitore di diversi tornei sin dalla categoria under 10, Marco si è imposto nella President Cup di Yerevan, Armenia, piazzandosi al numero 814 del ranking ITF under 18. Una volta rientrato dalla trasferta, ci ha raccontato le sue sensazioni e i suoi obiettivi nella lunga scalata al tennis professionistico.
Marco, partiamo dalla trasferta armena: nel primo dei due tornei disputati sei entrato nel ranking ITF under 18, piccolo traguardo raggiunto ad appena 15 anni…
Ero teso, lo ammetto: all’inizio della trasferta pensavo già a cosa sarebbe cambiato a livello stagionale se fossi riuscito a prendere quei primi punti che ormai inseguivo da un po’ di tempo. Sentivo che era la mia occasione e sono riuscito a dare il meglio superando le qualificazioni ed il primo turno abbastanza agevolmente, poi però sono arrivato alla partita che aspettavo da tanto, quella che mi avrebbe permesso di entrare nel Ranking ITF under 18, e non è andata benissimo. L’ho vinta, sì, ma più con la voglia che con il tennis vero e proprio e devo dire che da lì mi si è aperto un mondo. Il torneo poi è andato per il meglio e in semifinale non ho giocato male, ma il mio avversario è stato più bravo e forse anche più esperto di me, viste le tante partite ITF giocate.
La settimana successiva il tuo primo titolo. Che sensazioni hai provato?
Ho affrontato il secondo torneo in maniera totalmente diversa, pensando a divertirmi e a fare ciò che so fare meglio. Tuttavia la seconda settimana mi ha presentato tante difficoltà: giocare il primo turno di qualificazioni dopo aver giocato, nello stesso giorno, la semifinale del primo torneo e la finale di doppio; arrivare al secondo turno di tabellone incontrando un avversario che per 45 minuti mi ha praticamente preso a pallate andando sopra 6-2 4-1, altra partita che sono riuscito a tirar su con il carattere; la semifinale che ha avuto una durata di 4 ore e 15 minuti in cui il mio avversario sul 5-3 al terzo mi ha annullato 8 match point ed è riuscito a portarsi ad un punto dalla vittoria sul 6-5 40/0. Insomma, è stato un torneo che mi ha messo alla prova sotto tutti i punti di vista ed è stata una gioia indescrivibile essere riuscito a vincere il mio primo titolo ITF under 18.
Ti sei affacciato quest’anno alla categoria under 18, l’ultima prima dei “pro”: tante differenze rispetto ai tornei con i tuoi coetanei?
Eh sì, c’è da dire che in questa categoria hai molte meno chance, devi sfruttare quelle poche che ti danno per vincere la partita. Nelle altre categorie non è così: nonostante tu possa essere sotto 6-0 5-0 non sai mai come potrà andare a finire. Questo mi piace, perché ogni partita è un banco di prova.
Immagino che oramai sarà questa la tua attività, magari puntando a giocare gli Slam Juniores…
Sì, all’interno del progetto della Federazione ci sono tre ragazzi del ‘99 che probabilmente andranno in Australia l’anno prossimo e questo è anche il mio obiettivo. Ora sono numero 814 ma punto sempre più in alto perché penso che giocare uno Slam Juniores sia un’esperienza unica.
Più in generale, quali sono i tuoi obiettivi nel mondo del tennis?
Il mio obiettivo è migliorare giorno dopo giorno per essere domani più forte di oggi e riuscire con il lavoro e il sacrificio a raggiungere il mio sogno: arrivare ad essere il numero 1 del mondo.
Su cosa si basa il tuo gioco? Quali i colpi in cui senti di dover migliorare?
Il mio gioco ora come ora si basa molto sugli scambi da fondo, anche se il mio scopo è piano piano riuscire a giocare sempre più vicino al campo e andare a prendermi il punto più volte a rete. Questa è un’idea di gioco che voglio sviluppare per il mio futuro, saper giocare bene da fondo ma svolgere il tutto per fare punto a rete.
E invece fuori dal campo quali sono i tuoi interessi?
Sono molto attaccato al tennis, quando arrivo a casa guardo sempre partite e video di giocatori che possono aiutarmi dandomi degli spunti. Però quando posso cerco di staccare, perché stare sempre dentro questo ambiente non è facile e secondo me ti fa spendere molte energie. Penso che staccare quando si può sia la miglior cosa per recuperare le forze e riprendere al meglio quando si mette piede non solo dentro il campo ma nelle strutture che ti permettono di lavorare anche fisicamente fuori.
Rispetto ai ragazzi della tua età, sacrifichi tanti svaghi per dare tutto al tennis. Ti pesa mai questa “scelta”?
A volte sì. So di aver fatto una scelta e sono fiero di me stesso perché prendere decisioni così non è facile, però alcune volte l’ambiente esterno mi cattura molto: le feste, il mare, gli amici. Tuttavia non ho mai pensato di abbandonare un percorso che ho intrapreso quando avevo 4 anni.
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