(Federica Rossi – Foto Francesco Panunzio)
da Milano, Big Lebowski
Credo non siano molti i tornei under 16 che possano fregiarsi di un albo d’oro e di un campo di partecipanti così prestigioso nel corso degli anni come il Torneo Avvenire, definito dal grande Rino Tommasi “il torneo che non sbaglia mai un pronostico”.
Scelgo tre uomini e tre donne e dico Borg, Lendl, Djokovic, Mandlikova, Hingis e Sharapova con il rammarico di dover in questo modo trascurare una decina tra vincitori e plurivincitori di Slam.
E quindi, pur consapevole che i migliori delle classi di età utili a partecipare a questa edizione (2000-2001) sono ormai proiettati verso tornei di ben altro spessore, mi dirigo verso il Tennis Club Ambrosiano con molta curiosità.
Per farlo percorro dapprima la popolare zona dell’Ortica, cantata dal genio di Enzo Jannacci in una delle sue più divertenti e argute ballate,
per arrivare nel quartiere Lambrate dove si produceva la mitica Lambretta, icona del romantico “Vacanze Romane”, ma anche dove Luchino Visconti girò “Rocco e i suoi fratelli”, manifesto del neorealismo italiano e dove si trova il circolo. Oggi, anzi ormai da qualche anno, il quartiere è in evidente trasformazione da polo industriale (Innocenti, Faema, Bracco e molte altre fabbriche hanno chiuso o si sono trasferite) a centro di attrazione per il settore terziario e residenziale, connotandone fortemente il territorio in termini urbanistici e sociali.
Tornarndo alle “cose serie” inizio con il raccontarvi di due fanciulle meritevoli di attenzione: come i miei dieci lettori ben sanno non sono solito all’entusiasmo, ma in questo caso voglio sbilanciarmi decisamente e dirvi che due giovani tenniste italiane che mi hanno così impressionato, pur nella loro evidente diversità, non le vedevo da molto tempo.
Le due ragazze si sono affrontate in un match di quarti di finale e Rossi, al termine di un match pressoché perfetto, ha battuto nettamente Delai nei confronti della quale ha fatto valere soprattutto quindici mesi e quindici chili in più. La storia di queste due promesse del tennis italiano è già stata ben trattata in questo sito e vi invito a riprendere gli esaurienti resoconti che riguardano sia Federica sia Melania in modo da non dover ripetere concetti già espressi che provo a completare dopo averle viste in un paio di incontri ed osservato il loro atteggiamento in campo e fuori, avendo anche avuto il piacere di scambiare qualche parola con i loro appassionati e bravissimi coach.
I due progetti sono evidentemente molto diversi, anche se alla fine si tratta comunque di insegnare a giocare a tennis a due adolescenti e di trarre il meglio dalle loro non comuni potenzialità: se posso esemplificare andando più che altro a sensazioni ci troviamo di fronte ad un esperimento quasi rivoluzionario per le consuetudini del tennis italiano ed a uno più classico, uno più elaborato ed uno più semplice, uno più studiato e l’altro più essenziale.
Alessandro Bertoldero (coach di Melania Delai) mi sembra abbia le idee chiare ed è un piacere ed un arricchimento conversare con lui dopo il match perso dalla sua assistita. Fa trasparire la sicurezza di chi cerca di mettere in pratica dei concetti a lungo studiati ed in parte sperimentati in un passato di coach di buon livello con una formazione avvenuta in ambito federale ed esperienze accanto a giocatori e giocatrici di buon livello (cito Camerin per rendere l’idea). Pone con insistenza l’accento sul lungo termine, con però la necessità di verifiche e misurazioni periodiche rispetto alle quali mi dice che Melania sta andando oltre le più rosee previsioni almeno in termini di risultati, la qual cosa ha determinato il fatto che la piccola abbia giocato molte più partite di quelle previste sacrificando necessariamente altri aspetti. E si rammarica che non l’abbia potuta vedere in una prestazione migliore.
A dire il vero in una prestazione migliore avevo avuto modo di vederla negli ottavi contro una discreta mancina spagnola che ha regolato in sicurezza facendo le cose giuste al momento giusto e disinnescando la maggiore potenza della rivale mostrando degli sprazzi di genialità non comuni per una tredicenne (Melania è di ottobre 2002), accanto ad una metodicità da sottolineare. Per non parlare della grinta con la quale affronta ogni singolo scambio e se un “vacca-puttana-troia-cazzo” dopo un doppio fallo può apparire poco opportuno in bocca ad una creatura tredicenne di sesso femminile, denota anche una “tigna” non da tutte. Devo dire anche che ero curioso di poter osservare l’atteggiamento nella sconfitta che è stato encomiabile, complice anche evidentemente la relazione che ho notato con la Rossi prima del match quando si sono scattate un selfie e dopo quando si sono calorosamente complimentate l’un l’altra.
Ma quello che è sorprendente e rimarchevole di questa bambina sono i risultati che ha incredibilmente ottenuto nella campagna primaverile quando ha rivaleggiato e qualche volta superato alcune giocatrici di spessore in ambito under 18, per chi conosce il tennis giovanile, le sue protagoniste e le sue dinamiche.
Di queste cose e di altre che riguardano Melania potete avere puntuali notizie sul sito personale aggiornato con precisione dallo stesso Bertoldero con la collaborazione dalla compagna e mamma della ragazza; Alessandro, mentre parla con me, sta anche provvedendo ad inserire informazioni anche a beneficio dei collaboratori che hanno sposato il progetto e di tutti coloro che li stanno aiutando anche a livello economico. La piccola dispone già infatti di un piccolo staff con la presenza e il supporto di nutrizionista, osteopata e quant’altro.
Il discorso non può non scivolare sulle risorse necessarie perché i costi sono sicuramente ingenti pur considerando il rapporto particolare tra il “project manager”/coach e la ragazza; “è certamente un problema reale – mi spiega – solo per fare questo torneo vicino a casa con hospitality per la ragazza servono diverse centinaia di euro per pochi giorni. Recentemente siamo stati all’Accademia di Nadal a Maiorca ed è stata una magnifica esperienza per tutti: nonostante fossimo invitati i biglietti aerei e le spese vive rappresentano comunque un costo. Ci aiutano diverse persone in questo facilitati dall’operare in una regione attenta a queste cose, qualcosa arriva dalla federazione con la quale abbiamo un buon rapporto come dimostrano le wild card che ci hanno messo a disposizione a Prato e a Salsomaggiore. Ma ci crediamo e ci stiamo impegnando tutti e soprattutto Melania.”
Nel frattempo arriva Melania uscita dalla doccia con i vaporosi capelli biondi non più raccolti; non mi pare per niente piccola come avevo sentito, anzi mi pare oltre il percentile medio per la sua età; e ad occhio lo sviluppo non è certamente completato o forse neppure iniziato.
Chiedo a Bertoldero del motivo per cui in Italia da troppi anni non esce un tennista di livello e del fatto che non si intravede una under 30 su cui contare. “La colpa è nostra, di noi tecnici. Vengo dalla pallavolo, il tennis è stato casuale e l’ho affrontato a fine carriera (ho giocato in A1 e A2 fino ad un infortunio serio), ma subito era evidente quanto nel volley fossimo più avanti in molte cose che sarebbe lungo elencare, grazie a tecnici come Pittera a cui è seguito Velasco per arrivare a Montali e Berruto e i loro allievi. Siamo stati bravi, non a caso abbiamo esportato allenatori in tutto il mondo, ed il movimento ha vinto ed è cresciuto. Non pensiate che in Italia siano nati dei pallavolisti e non dei tennisti”.
Mi piace molto anche la risposta alla classica domanda al momento del congedo, “adesso che cosa farete?”: “adesso a casa a lavorare, ma soprattutto a studiare per qualche giorno, ci sono degli esami da sostenere, Melania frequenta infatti una scuola privata, le assenze erano diventate troppo numerose ed abbiamo deciso in questo modo pensando di garantire comunque una buona istruzione”.
Che aggiungere? “ Buona Fortuna Melania!”
Federica Rossi è invece una bella quindicenne valtellinese che pare cresciuta a pizzoccheri. In questo caso, e non solo per ragioni anagrafiche, lo sviluppo è molto più avanti ed infatti la sorridente Federica si porta in giro un bel “davanzale”. Il fisico è quello di una discobola agile, se rendo l’idea, e si nota un po’ di adipe sui fianchi e delle belle “gambotte” che sul campo muove piuttosto bene.
Non ho mai pensato che nel tennis qualche chiletto in più faccia male, anzi, spesso e specie nel femminile, consente di trasferire maggior potenza sulla palla, come testimonia il fatto che la numero 1 del mondo è parecchio sovrappeso, la vincitrice degli Australian Open non è certo un fuscello, Bartoli non ha mai pensato di dimagrire fin quando ha giocato, Lisicki, Pavlyuchenkova, Vandeweghe, Knapp e molte altre sono splendide giocatrici.
L’attitudine al tennis è eccellente, per dirla senza tanti giri di parole, gioca proprio bene; Federica ha lo swing, quello che nel calcio si chiama “tocco di palla”, insomma ha classe, gioca una varietà di colpi impressionante per la sua età compresi smash e volée e tira anche forte specie con il diritto.
Si è letteralmente mangiata il torneo che avrebbe dovuto vincere passeggiando, considerando anche il livello non eccelso della manifestazione, perdendo una partita nella quale si è fatta abbindolare dalle variazioni, dai pallonetti, dal tennis anomalo e dalla antipatia della sua avversaria che ha ritrovato il giorno dopo nella finale di doppio giocando questa volta invece con estrema determinazione e una sincera voglia di rivincita trascinando la coppia e mostrando un tennis stellare (“due volte con questa non ci posso perdere!”, l’ho sentita dire).
Il suo giovane maestro è Fausto Scolari che la segue da sempre presso il TC Sondrio. La chiama “Rossa” quando la deve incitare e vivono entrambi i match in maniera molto tranquilla: tra i due si nota una grande sintonia ed anche un certo disincanto. Questo non le ha risparmiato una ramanzina circostanziata in occasione della sconfitta contro Petrenko e una simpatica “cazziata” nel momento in cui nel caldo giorno del doppio turno assisteva sotto il sole cocente all’incontro che precedeva il suo: “mi metto la salvietta in testa” è tutto quello che ha concesso con quel bel sorriso sulla “facciotta” tonda. Vorrei dargli i giusti meriti perché la mano di un bravo maestro è evidente, non è certo “nata imparata” e dietro c’è sicuramente tanto e buon allenamento.
Decisamente un ottimo prospetto ed il tennis più bello che si sia visto tra le bimbe italiane da molto tempo a questa parte. Brava!
Una citazione la vorrei riservare anche alla piccola Emila Bezzo, compagna di doppio da sempre e sua affiatata partner ed anche al suo maestro Filippo Roggero che in una realtà piccola (Dopolavoro Ferroviario Asti) sta operando con grande passione e buoni risultati.
Un’altra bell’atleta è Enola Chiesa, piemontese e “figlia del blog”, che ha perso la semifinale veramente di misura nel tiebreak decisivo. Enola (questo il suo nome invero originale) è decisamente alta e con il fisico ben costruito che si può ritrovare nelle centrali in una squadra di volley.
Dispone di due colpi laterali potenti, in particolare il forehand con il quale ottiene spesso punti direttamente dalla risposta; non “si tira indietro” se c’è da spingere e accetta con coraggio di competere negli scambi prolungati. Decisamente divertente assistere ad un suo match pur ravvisando qualche limite negli spostamenti laterali. Se dico che per una serie di caratteristiche fisiche e tattiche esula dallo stereotipo di italiana, spero di far comprendere quel che voglio descrivere. Enola è del 2000, gioca per la Canottieri Casale ed è di Valenza Po.
Il vero protagonista della settimana è stato però Federico Arnaboldi (2000), vincitore del torneo maschile da tennista di casa essendo tesserato per il circolo organizzatore. La sua coach Barbara Rossi, nota anche per il ruolo di commentatrice televisiva nel quale è altrettanto brava e che di persona appare misurata e piacevole quanto in tv, mi racconta che lavorano insieme da quando aveva 12 anni utilizzando le belle strutture del Quanta Club con la collaborazione di Maurizio Riva. Mi sembra sinceramente fiduciosa riguardo le prospettive del suo assistito che mi descrive come ragazzo umile ma molto determinato. “Lo alleno ormai da qualche anno ed è un vero piacere farlo anche vedendo i progressi continui che sta compiendo e l’impegno con il quale affronta il percorso. La caratteristica principale di Federico è che già sa fare tutto bene pur essendoci notevoli spazi di miglioramento. Non è mai facile vincere due partite consecutive al terzo set, ma ha gestito bene il supporto di amici e supporter che può diventare un’arma a doppio taglio per ragazzi così giovani. E’ appoggiato da una splendida famiglia di sportivi e si giova molto della vicinanza del più noto cugino Andrea con il quale ha un rapporto fraterno. E non ha mostrato completamente il suo repertorio perché la superficie non è la sua preferita a differenza del suo avversario spagnolo, ma ha saputo ben adattarsi. Gioca meglio sul veloce dove non disdegna serve and volley e dove fa male anche con il primo servizio, mentre la seconda è ancora carente, e dispone di un diritto a sventaglio elegante e potente che ricerca spesso e che “fa male”. Anche il rovescio è già vario e non disdegna di giocarlo nelle diverse versioni”.
Mi associo decisamente e segnalo una maturità superiore all’età, una bella gestione dei punti importanti in occasione dei quali sbaglia veramente poco e spinge con coraggio e una faccia pulita da bravo ragazzo che si traduce in un comportamento sempre corretto sul campo di gioco. Credo personalmente che il miglioramento da ricercare maggiormente sia quello di “spiombare” il movimento dei piedi che nel maschile è molto importante.
Per chiudere una menzione va anche al semifinalista perdente Riccardo Di Nocera che si allena a Bari con il coach federale Nicola Fantone ed ai winner del doppio maschile, altri due ragazzi italiani, più estroso Gabriele Bosio e più classico Gianmarco Ortenzi.
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