di Giulio Gasparin
Sembra un tema che non passa mai di moda, a volte lo si usa come scusante, a volte come merito, lo si può prendere come dato di fatto, lo si può criticare o ammirare, ma sembra indubbio che, in quasi tutti gli sport, ma nel tennis in particolare, gli italiani arrivino sempre dopo. Mi spiego meglio, soprattutto al femminile, le nostre campionesse hanno raggiunto la maturità tardi, è risaputo: Francesca Schiavone che vince il primo slam alla soglia dei 30, Flavia Pennetta che è prima top 10 azzurra all’età di 27 anni, e ancora raggiunge la prima semifinale slam passati i 31 e così via. Anche le più giovincelle sembrano essere arrivate tardi rispetto alla media: Sara Errani ha raggiunto la finale slam a Parigi, ma soprattutto la maturità tennistica a 25 anni, mentre Camila Giorgi sta dando finalmente segnali di un’importante crescita quando manca un mese al ventitreesimo compleanno.
Ma ci si può sempre affidare a questa nostra caratteristica di maturare più tardi? Forse sì, o forse siamo in parte costretti a sperare che il gene italiano continui a funzionare così, considerando che a livello junior e under 18 fatichiamo e non poco.
Se le mie parole possono sembrare pessimistiche, i numeri parlano da se: tra le migliori 50 ragazze under 20 nella classifica WTA di questa settimana vi è solamente un’azzurra: Jasmine Paolini (foto in home page), che è 43a (316 al mondo). Dietro di lei c’è un interessante sottofondo di giocatrici giovani e promettenti come Bianca Turati (foto a destra, che ha già vinto un $10k quest’anno), Verena Hofer, Tatiana Pieri e Georgia Brescia. Ciononostante, manca una punta sicura, per quanto di sicurezza si possa parlare in questo sport, da cui aspettarsi grandi cose per il futuro.
A livello junior infatti, sono ben 49 le ragazze classificate davanti alla nostra miglior portabandiera, la già citata Bianca Turati, che non ha passato alcun turno nei tabelloni slam disputati fino ad ora. Cosa significa questo? Forse poco, dal 2000 ad oggi sono solo due le vincitrici di slam junior ad essersi poi confermate anche tra i senior e sono state Marion Bartoli (vincitrice degli US Open 2001) e Victoria Azarenka (successi agli Australian Open e US Open 2005). Vero però che, sempre da quella data, in poche sono sparite e molte si sono comunque confermate ai vertici mondiali: Agnieszka Radwanska (Wimbledon 2005, Roland Garros 2006), Caroline Wozniacki (Wimbledon 2006), Simona Halep (Roland Garros 2008) ed Eugenie Bouchard (Wimbledon 2012).
Aggiungiamoci poi Belinda Bencic, vincitrice di due slam junior, che, classe 1997, è già alle porte della top 30. Forse nel suo caso bisogna parlare di talento eccezionale, di quelli che non puoi programmare, ma su cui devi essere bravo ad investire e noi non abbiamo eccelso quando ci era stata data la chance.
Bisogna tornare indietro di due decadi, era il 1993 e una sedicenne Francesca Maria Bentivoglio stava incantando il Foro Italico e il mondo tutto con il suo talento cristallino: partendo dalle qualificazioni, raggiunse i quarti di finale battendo sulla sua strada Jana Novotna e Natasha Zvereva, prima di arrendersi a Gabriela Sabatini. Nello stesso anno vinse gli US Open junior, ultimo successo slam per le nostre ragazze, ma a meno di un anno di distanza appese la racchetta al chiodo.
Il caso Bentivoglio resta una storia a sé stante, ma da cui, assieme agli altri nomi delle vincitrici dei maggiori tornei junior, si può tracciare un percorso utile all’evoluzione da junior a pro. È indubbio che forzare una ragazzina fin da troppo piccola con il solo scopo di eccellere in giovane età non porta che a ritiri prematuri, nella stragrande maggioranza dei casi. Basti pensare al caso recente di Ashley Barty.
Questo però non significa che snobbare il circuito junior e demonizzare gli slam di questi sia la soluzione. Per le ragazze che poi si sono sapute confermare, i successi junior non sono stati che mattoncini per rinforzare la base che poi le avrebbe portate in alto. Calcare la mano nelle categorie giovanili non è la soluzione, ma dare un maggiore respiro internazionale alle nostre ragazze può e deve servire come tappa fondamentale per la crescita. Il circuito junior allora deve servire come un simulatore, un banco di prova prima del salto definitivo nel mondo del professionismo.
La verità è che non c’è una formula matematica del successo, una correlazione perfetta tra circuito junior e pro. Le variabili sono troppe, a partire dallo sviluppo fisico e mentale delle ragazze, che possono comunque determinare improvvisi cambi di risultati, seppur queste raggiungano la maturità certamente prima dei compagni maschi.
Cosa vi è da trarre da questo pezzo? Forse poco, se non uno spunto di riflessione a cui poi ciascuno può aggiungere una propria conclusione.
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