Il tennis, si sa, è lo sport del diavolo. Qualche tennista lo ama alla follia, qualcuno lo odia, qualcuno impazzisce, ma nessuno ne riesce a fare a meno, nemmeno in vacanza. Questa regola vale per tutti, campioni e ragazzini che hanno appena iniziato ad amare (e forse un po’ a odiare) questo splendido sport. Oggi vi raccontiamo la storia di Emma Boggiali, una giovane ragazza romana di 14 anni, che gioca a tennis da otto anni ormai e da quest’anno sta provando a cimentarsi con le ragazze più brave della sua età partecipando ai tornei del circuito ETA under 14; ha giocato a Malta, vincendo due partite e poi perdendo nei quarti di finale in tre set con la testa di serie numero uno e poi vincitrice del torneo, ora andrà in Austria per fare un altro under 14.
Emma, questa settimana, è in vacanza con la famiglia a Borgo Val di Taro, un paesino dell’appennino parmense, con la famiglia per trovare i nonni materni e per respirare un po’ di fresco lontano dal traffico e dal rumore della città. A quanto pare però Emma non riesce proprio a stare senza tennis e allora ha chiesto ai genitori di attivarsi per cercare qualcuno che potesse da farle da sparring per almeno un paio di ore al giorno. Manuele Camisa, istruttore di primo grado, ma soprattutto factotum del locale piccolo circolo tennistico, si è fatto in quattro e ha trovato una serie di ragazzi in grado di tenerle testa.
Già, il tennis si può anche odiare e forse un po’ lo odiava Cristina, la mamma di Emma, quando doveva accompagnare la figlia tutti i giorni, compresa la domenica, per farla giocare e aveva tutti gli orari sballati per stare dietro agli allenamenti della figlia. Però del tennis non si riesce più a farne a meno, così anche Cristina, una laurea alla Bocconi e un lavoro alla FAO, lasciato per fare la mamma di tre figli, ora, dopo una seconda laurea in psicologia, sta seguendo un corso per diventare mental coach sportivo, finalizzato soprattutto ai giocatori di tennis.
E il tennis ha cambiato la vita anche a Giuliano, papà di Emma, dirigente di azienda con attività in tutto il mondo, che, per stare più tempo possibile nell’ambiente frequentato dalla figlia, è diventato giudice arbitro di tennis. Arbitra nei campionati a squadre, ma anche in tanti tornei giovanili come il Lemon Bowl o tutti i vari tornei Kinder. Ora gli capita spesso di arbitrare in campi limitrofi a quelli in cui sta giocando la figlia, anche se come mi dice ridendo “non sempre gli orari coincidono e quindi va a finire che per aspettarci arriviamo sempre a casa tardissimo”.
Incontriamo la famiglia Boggiali a Borgo Val di Taro e parlando con loro scopriamo che davvero il tennis cambia la vita, cambia le abitudini, tutte le ferie, i viaggi, gli spostamenti sono in funzione degli allenamenti e delle partite della figlia. Quello che all’inizio poteva sembrare l’eccezione, ora è diventata la regola. La prossima settimana, invece di passare il ferragosto al mare andranno tutti in Austria per seguire Emma nel suo torneo Tennis Europe, ma Giuliano ci tiene a spiegare che, a meno che non sia indispensabile accompagnarla, preferiscono lasciare andare Emma da sola, assieme alla sua allenatrice e ai suoi compagni: “Quando è il nostro circolo a organizzare la lasciamo volentieri andare da sola nelle trasferte, ormai ha imparato a gestirsi bene da sola, se non ci vede, credo che abbia meno pressione anche nel momento in cui gioca. Certo a noi fa piacere seguirla, però credo sia giusto farlo con moderazione.”
E il tennis spesso regala motivazioni e forze inaspettate. Emma ha iniziato a giocare a sei anni, ma proprio quando stava migliorando moltissimo e battendo quasi tutte le sue coetanee, le è stata diagnosticata una malattia piuttosto rara, la osteocondite dissecante, detta anche morbo di Konig, una necrosi che provoca il distacco di una parte dell’osso della testa del femore nel giunto che entra nel ginocchio. Sembrava non potesse più giocare a tennis, è rimasta ferma quasi un anno, ma poi ha saputo ricominciare da capo, quasi da zero e ora, solo quattro anni dopo andare a fare tornei in giro per l’Europa sembra un sogno con tutte le vicissitudini passate come ci ricorda Giuliano Boggiali: “Ricordo bene quando Emma ha smesso di giocare esattamente nel giorno in cui ha compiuto i nove anni, per farla sentire meno triste avevamo organizzato una serie di giochi con tutti i bimbi del circolo tennis, una sorta di mini Olimpiade, che avevamo chiamato “Un giorno da Emma” in onore della sua iperattività e capacità di cavarsela in tutti gli sport. Poi è iniziato il calvario, con una serie infinita di consulti medici per capire la strada migliore per venire a capo di questa malattia degenerativa, ma ogni medico che sentivamo era un responso diverso, spesso in netto contrasto con il precedente. Secondo due luminari era indispensabile l’intervento chirurgico, lungo e complesso, secondo un ortopedico statunitense esperto di questa malattia, doveva essere ingessata per almeno 12 settimane prima in una gamba e poi nell’altra e infine, dopo aver girato mezzo mondo per cercare i più bravi del settore, abbiamo trovato un medico, anche molto caratteristico e simpatico, dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, a due passi da casa, che ci ha convinti ad aspettare semplicemente per un anno senza fare sport e senza fare sforzi e secondo lui sarebbe andato a posto da sola. Così è stato, ogni controllo diagnostico dava risultati incoraggianti e sostanzialmente dopo nove mesi il ginocchio è tornato a posto. A qual punto il problema era tenerla ferma, perché la voglia di tornare a giocare era tanta.”
Emma non si è arresa, non a caso la chiamano “gladiatrice” e quindi è tornata alla sua scuola tennis e con la sua caparbietà e costanza piano piano si è ripresa e non ha mollato nemmeno quando le ragazzine con cui prima vinceva facilmente erano ovviamente diventate più brave di lei. Continua Giuliano: “Riprendere è stata molto dura perché ha dovuto quasi riconciare da zero, sia atleticamente che tecnicamente. Per fortuna è stata aiutata moltissimo da una brava maestra di tennis, Silvia Pesce, che le ha dato molta fiducia oltre che insegnarle a giocare a tennis. In pochi mesi di allenamenti duri è tornata al livello delle coetanee. Ad Emma è dispiaciuto molto quando Silvia è andata a lavorare a Pescara, anche se ora si trova molto bene con Fabrizio ed Elena Vianello e tutti gli altri ragazzi del Tennis Team Vianello, che è la scuola tennis, per fortuna vicino a casa, dove si allena tutti i giorni.” Anche Cristina condivide la bontà della scelta per la scuola tennis della figlia: “La Top School Vianello sta facendo in questo momento un grande sforzo di revisione e codificazione di un metodo che lavori sulle componenti tecnico e tattiche, incorporando lo sviluppo delle attività mentali già dai primi approcci del tennis come credo sia giusto che sia.”
Emma ha sempre voglia di migliorare, di imparare a affinare i colpi e quindi ha voluto fortemente andare a fare un stage di due settimane in Spagna, a Valencia alla Equelite Tennis Academy di Juan Carlos Ferrero, una delle più rinomate scuole di tennis del mondo. Le chiediamo di raccontarci l’esperienza, ma prima di tutto i suoi ricordi si focalizzano sull’aspetto umano e non su quello tennistico: “E’ stato bellissimo perché ero l’unica italiana in mezzo a tantissime ragazze soprattutto spagnole, ma anche cinesi, russe, inglesi. All’inizio è stata dura perché dovevo capire le altre e farmi capire, ma dopo pochi giorni abbiamo tutte iniziato a parlare un misto di spagnolo e di inglese e in qualche modo riuscivamo a comunicare tra di noi e ci siamo davvero divertite, aiutandoci tutte l’una con l’altra. E’ un posto molto bello, organizzato molto bene, ci siamo trovati perfettamente anche con lo staff che ci seguiva. Ho dei ricordi fantastici di quelle due settimane fatte in Spagna, che mi resteranno per sempre nella mente.”
E’ interessante che il primo aspetto che resta di una esperienza in una prestigiosa accademia tennistica sia di tipo emozionale e non tecnico e quindi dobbiamo insistere per farci spiegare i metodi di allenamento che ha seguito nell’accademia di Ferrero: “Il metodo di allenamento è molto diverso dal nostro, in Spagna ci concentravamo per una intera giornata sulla stessa tipologia di colpo, quindi un giorno, sei ore di dritto, il giorno successivo sei ore di rovesci, poi tutta una giornata sul servizio e così via. In Italia, almeno alla mia scuola tennis, in ogni allenamento invece si lavora su tutti i fondamentali.”
Emma è giovanissima, ma ha già imparato l’arte della diplomazia e non vuole sbilanciarsi quando le chiediamo che metodo di lavoro preferisca: “In Spagna è stata una bella esperienza, ma io mi trovo benissimo al mio circolo con Elena Vianello e tutti gli altri ragazzi del team e per tutto quello che ho imparato devo solo ringraziare loro”.
Nella programmazione dell’anno, a questi livelli, per fortuna, si può anche inserire quello che piace, quello che diverte, non solo quello che porta punti al ranking. Emma, dopo la trasferta in Austria, farà il Master Kinder, la fase finale dei tanti tornei amatoriali rivolti ai ragazzini di tutta Italia. Emma ricorda con piacere tutti i Kinder giocati negli anni scorsi e non ne ha voluto sapere di rinunciare quest’anno solo perché “è diventata un po’ più brava”.
Parlando con le famiglie dei ragazzi che giocano a tennis, mi piace sempre affrontare l’argomento scuola, e studio, che spesso è difficile da organizzare assieme ad allenamenti e tornei. Emma, che è andata a scuola un anno prima, essendo nata entro la fine di aprile, e ha frequentato il primo anno di liceo scientifico è stata promossa senza troppi problemi, anche se confessa “in fisica mi è andata bene, perché ho preso un votaccio nell’ultima verifica, ma non per colpa del tennis, per colpa mia che avevo studiato poco.”
Fare agonismo significa allenarsi tutti i giorni e la giornata di Emma è simile a quella di tanti ragazzi e ragazze della sua età che praticano tennis: “Torno a casa da scuola che sono quasi le due, poi dalle tre alle sei vado al circolo e di solito facciamo due ore di tennis e una di atletica, poi al sabato si gioca contro sparring. Al ritorno a casa bisogna studiare, certo sono stanca ed è dura, ma con un po’ di volontà ci riesco e come me fanno tutte le ragazze e i ragazzi che praticano tennis o altri sport.”
La forza di volontà è un altro aspetto importante che caratterizza tutti i giovani agonisti del tennis. Senza una grande caparbietà è impensabile poter fare tennis agonistico e non è un caso che Emma, quando le chiediamo chi siano i tennisti preferiti pensi anche all’aspetto caratteriale e non solo a quello tecnico le ci dica: “I miei due preferiti si sono appena affrontati all’Olimpiade di Rio, sono Novak Djokovic e Juan Martin Del Potro. E’ davvero ammirevole vedere Del Potro, che è stato molto sfortunato con tanti infortuni, tornare a giocare con la stessa determinazione di tanti anni fa. Per me è un grande esempio da seguire. Poi mi piacciono anche le ragazze che riescono a giocare col rovescio a una mano, come la Vinci e la Suarez Navarro, il tennis non è solo tirare forte.”
A questa età e a questi livelli il tennis è anche e soprattutto un modo per visitare luoghi mai visti prima, per conoscere tanti coetanei, per comunicare in altre lingue, per mangiare in modo diverso dal nostro. Emma non ha dubbi: “Mi piacerebbe poter fare tornei internazionali perché si conosce tanta gente, per comunicare bisogna sforzarsi di parlare in inglese, lingua che adoro. A Malta mi sono divertita tantissimo anche se eravamo in tante italiane, in Austria adesso siamo solo 2-3 italiane e tutte le altre straniere, non vedo l’ora di andare.”
Tennis è anche avere la possibilità di ammirare i propri idoli, magari facendo la raccattapalle agli Internazionali d’Italia, come ha fatto Emma, un’esperienza che ricorda con tanto piacere: “E’ stato molto divertente, ma anche difficile con sempre la paura di sbagliare qualcosa, di non essere nel posto giusto al momento giusto, però il poter essere a pochi metri dai grandi campioni è un qualcosa che avevo sempre sognato prima.”
Emma è una delle tante ragazzine che giocano a tennis, Cristina e Giuliano sanno bene che non ci sono certezze che possa diventare una tennista professionista, ma nemmeno le vogliono queste certezze. L’importante, dicono all’unisono, “è che il tennis continui ad essere uno strumento educativo come è stato in questi anni. Emma si deve divertire giocando a tennis, deve avere voglia e provare gioia quando è sul campo da tennis, deve crescere umanamente, deve imparare a confrontarsi con gli altri, magari provenienti da altre nazioni e da altre culture. Per tutto questo il tennis aiuta davvero tanto, forse più di molti altri sport.”
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