La Dura Realtà (2)


di Andrea Villa
Perplessità. Negli ultimi giorni è questa la sensazione provata, dopo aver ripensato a mente fredda alle partite dei ragazzi. Non ho fatto filippiche esagerate, discorsi filosofici troppo sofisticati, ho soltanto cercato di ragionare, di mettere ancora una volta in risalto dove è opportuno lavorare per migliorare, senza nascondere la verità dietro equilibrismi dialettici. Eppure mentre li guardavo giocare mi sono accorto di essere un po’ distante, come se fossi preoccupato per qualcosa che non riusciva a convincermi del tutto. Una serpe che vorrei tenere lontana, da scacciare per non rischiare di venire tramortiti dal suo pericoloso veleno. Allora la mente ha trovato rifugio in una strampalata idea, in un vecchio sogno chiamato “comune del tennis”, dove per poter accedere bisogna essere necessariamente poveri, e anche extracomunitari. Un progetto per far giocare i bambini senza presente e futuro, insieme alla partecipazione attiva dei genitori, arruolati secondo le loro capacità; qualcuno farebbe da mangiare, altri si preoccuperebbero della manutenzione, magari di coltivare, di far studiare i giovani ragazzi, e naturalmente di insegnarli il tennis. Una realtà autosufficiente, senza l’appoggio di sponsor più o meno famosi, capaci solo di procurarsi specchietti per le allodole, per mascherare le tante malefatte capitalistiche. Qualunque contributo sarebbe ben accetto, ma soltanto donato sotto forma di beni materiali, senza profitto per chi da o per chi riceve: un posto dove il denaro è sostituito dalla voglia di vera libertà. Qualcosa forse di irrealizzabile, unire persone sfortunate grazie a un ideale, l’unica ricchezza di cui possono fregiarsi i poveri, insieme alla dignità.
Nei peggiori momenti di solitudine intellettuale, esorto quasi con violenza i miei colleghi a provare una via alternativa, a generare diversità, esaltando nuove prospettive, slegate dal conformismo quotidiano. Tuttavia mi accorgo che il maestro “figo” è sempre di moda, seduto in terrazza con il sole in faccia, pronto a criticare tutto e tutti, con una soluzione per ogni cosa, guardandosi bene dal metterla in pratica.
Negli ultimi mesi ho avuto un incontro molto fortunato, uno di quelli che si contano nella vita sulle dita di una mano; non ci speravo più, sbagliando. Mi ha fatto capire di essere sulla strada giusta, dandomi la forza per portare avanti le mie idee con rinnovata convinzione, con un impeto che pensavo di non possedere.
Le sto offrendo ad un gruppo di giovani, di cui ora qualcuno nota la bravura, dimenticando il punto di partenza, e contemporaneamente dimostrandosi incapace di vedere la leva che muove ad ogni allenamento il nostro cammino. Incasellare le persone è un giochino classico dei circoli, serve a rendere un individuo riconoscibile, persino manovrabile; come la peste rifuggo il subdolo tentativo, gonfiando il mio debole petto per fermare le frecce dirette verso di loro, piene di fatale curaro: quanto potrò resistere?
Per questo leggo, scrivo, continuo a pensare, a scovare l’introvabile, a dannarmi l’anima, predicando tranquillità ed umiltà, anche quando sono perplesso fino in fondo al cuore.
Perché la dura realtà torna a galla, emergendo in tutta la sua chiarezza; una ardua salita per chi ignora cosa sia la discesa, anche su un campo da tennis.

Leggi anche:

    None Found