di Big Lebowski
Eravamo rimasti ai quarti di finale e la mia regola che vi invito a fare anche vostra, è che se avete un solo giorno per assistere ad un torneo di tennis, che sia il Bonfiglio o Wimbledon, la cosa migliore è quella di scegliere i best eight, quando è possibile ammirare tutti insieme i giocatori migliori oltre a quelli più in forma e nei quali spesso, se ci fate caso, si vedono di norma le partite più interessanti e combattute .
Anche le semifinali non sono ovviamente affatto male mentre con la finale si corrono molti rischi: potete beccare un incontro indimenticabile dal punto di vista del pathos, ma anche una “sola” colossale.
Analizziamo velocemente, che mi sembra un bell’esercizio, i giocatori e le giocatrici rimasti in gara sotto l’aspetto “geografico”.
Balza all’occhio che tra gli uomini c’è un solo europeo, mentre tra le donne sono tutte europee, eccetto le due canadesi; inoltre notiamo che tra i ragazzi sono ancora in lizza 6 delle prime otto teste di serie, mentre tra le signorine ne sono rimaste soltanto 2.
Ci sarebbe da discutere circa le ragioni o la casualità di queste evidenti discrepanze tra i sessi, ma sarebbe un discorso troppo lungo; diciamo, e ce la caviamo così, che su Marte e su Venere ci sono consuetudini tennistiche diverse.
Tre sono state le partite dei quarti che meritano una citazione: Robillard Millet – Pospelova con la canadese a vincere di nervi una sfida molto avvincente contro una giocatrice da tenere d’occhio, poi la nostra Pieri opposta a Miss Smorzata e, nel tabellone maschile, la fantastica remontada del mio preferito Akira Santillan che sotto 0-4 nel terzo set e poi 1-4 con palla del 1-5 in risposta ha giocato alcuni game, finalmente, per portare a casa i punti e non solo per lo spettacolo fine a se stesso come aveva fatto fino a quel momento.
Una ribellione alla sconfitta con episodi di classe sopraffina, un emozione per chiunque ami questo sport, la dimostrazione di una qualità che appartiene ai campioni.
Ritornando a Jessica, il suo torneo è andato un po’ in calando dal punto di vista fisico, ed è una cosa normale essendo reduce dalla finale in un’altra dura competizione , ma è stata particolarmente entusiasmante e trascinante nell’incontro contro Kolodziejova, una sorta di versione tennistica della storia di Davide e Golia, giocando un match al limite delle sue risorse psicofisiche.
Oggi invece, e mi dispiace, avete visto la peggior versione di Jessica Pieri dell’intera settimana; piuttosto scarica mentalmente, molto tesa (sbatteva in continuazione le gambe con lo scopo, immagino, di sciogliere la tensione), poco efficace in occasione dei passaggi fondamentali del match; e poi, tatticamente, ha gestito male la partita perdendo un match ampiamente alla sua portata se solo avesse mantenuto il livello tecnico-tattico dei giorni precedenti.
Ha trovato molte difficoltà ad adattarsi al mancinismo della canadese ed ha insistito troppo sul miglior colpo della Robillard Millet (’99), un diritto molto pesante con le tipiche angolazioni dei sinistri.
Ha sbagliato, e non ha mai saputo correggersi, ad accettare la diagonale rovescio destro – diritto mancino nella quale era clamorosamente in inferiorità; d’altra parte è un suo schema classico e non è facile modificare tout court il proprio sistema di gioco tradizionale.
Sarebbe stato preferibile andare da quella parte più raramente e solo dopo averle fatto giocare qualche rovescio consecutivo, colpo nel quale l’aitante biondina era certamente regolare però poco incisiva, ma Jessica non ha avuto la consueta sapienza e nemmeno l’usuale freddezza in diverse circostanze; l’altra sbagliava spesso quando il forehand veniva sollecitato una tantum perché, non volendo tornare sull’altra diagonale, era portata a tirare anche se in condizioni poco favorevoli e di conseguenza a sbagliare , ma Pieri lo ha fatto troppo saltuariamente.
Intendiamoci , le sue chance le ha avute comunque, eccome, specie nel primo set quando ha mancato prima la palla del 5-1 e poi quella del 5-2 ; e ancora nel secondo quando si era riportata in parità e ha perso un game da 40 a 0. Ma la non simpaticissima Robillard Millet ha nel complesso meritato la vittoria.
Resta un torneo sorprendente, restano alcune vittorie speciali per la qualità delle rivali e per la dinamica delle partite, resta il piacere che ha regalato a me e ai molti spettatori che l’hanno eletta beniamina del Bonfiglio 2015.
La domanda ora, come si dice, sorge spontanea: con mezzi fisici di questo tipo, si può diventare giocatrici di tennis professioniste disponendo di una serie di altre qualità come quelle di Jessica?
Ed un’altra domanda che mi intriga è la seguente: siamo certi che un potenziamento sia preferibile allo sfruttare la sua leggerezza che le permette altri tipi di vantaggio?
Ad esempio, Bianca Turati, da un anno all’altro ha costruito un fisico addirittura diverso, ma non sono certo che questo le abbia procurato vantaggi superiori al fatto di aver perso qualcosa in brillantezza.
Le risposte non sono così scontate, staremo a vedere anche se mi piacerebbe un contributo da chi ne capisce più di me di questi argomenti.
Parlando dell’altra semifinale, la superfavorita Voundrosova (’99), una magnifica giocatrice della prolifica scuola ceca, ha mostrato una superiorità quasi imbarazzante. Già nel match dei quarter final mi aveva dato l’impressione di essere la migliore del lotto. E ne è ben consapevole se a volte gioca con una certa sufficienza, salvo poi stringere quando i punti assumono una certa importanza. La definirei una tennista presuntuosa, che nello sport è spesso una qualità piuttosto che un difetto.
La prima semifinale maschile, pur avendo in parte deluso le mie aspettative, ha messo in mostra due giocatori dei quali si intuiscono le enormi potenzialità. Sicuramente più adatto alla terra, il brasiliano Luz ha mostrato una solidità granitica non facendosi scalfire dal maggior talento di Santillan, che ribadisco, possiede dei colpi stilisticamente simili a quelli di Federer, o meglio è ciò che di più vicino abbia mai visto; in particolare quel particolare rovescio bloccato in fase di risposta ma anche lo sventaglio di diritto e il rovescio slice partendo dal basso mi hanno in qualche flash fatto ricordare il goat.
Gioca inoltre una portentosa prima di servizio specie quando trova l’ intersezione centrale delle righe, ma è ancora molto incostante.
Ho chiesto ad un simpatico coach svedese che segue il ragazzo vietnamita giunto ai quarti di finale, quale dei due allenerebbe nei prossimi anni: mi ha risposto che con Luz si garantirebbe maggiori probabilità di arrivare tra i primi dieci, ma con quell’altro la speranza di farlo diventare un crack assoluto.
Mi ha anche detto che il japanese gioca molto meglio di così sull’hard e avrebbe straordinarie possibilità sull’erba, ma anche che sulla testolina deve migliorare parecchio.
Dal momento che ogni anno mi faccio fare un autografo sulla relativa brochure da quello che eleggo “il mio tennista del cuore”, a succedere a CiCi Bellis nel mio personalissimo albo d’oro è stato nominato Akira Santillan.
Sul brasiliano Orlando Luz approfondiamo meglio domani, dato che sarà il protagonista della finale opposto ad un concreto francese, Corentin Denolly, che nel suo match di primo turno ha rischiato proprio grosso di uscire dal torneo per mano di Manfred Fellin, la cui prestazione va menzionata alla luce del cammino del suo avversario, che pure era accreditato della testa di serie 5.
Il transalpino gioca un tennis molto lineare con pochi fronzoli, è tatticamente inappuntabile ed anche piacevole. Ha irretito un Taylor Fritz molto falloso con molte variazioni sia di direzione che di modalità di colpo, ha giocato un applicatissimo tie-break che ha portato a casa con sicurezza ed è subito volato via nel terzo, vantaggio che non ha più ceduto,se ricordo bene non perdendo un solo turno di servizio in tutto l’incontro.
Per certi versi, continuando con il mio giochino “trova la somiglianza”, una sorta di Kohlschreiber.
Per le due finali i miei favoriti sono Voundrosova e Luz; le mie quote sono nel femminile 1.30 contro 3.20, nel maschile 1.50 contro 2,70. Così, giusto per fare una figuraccia.
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