di Alessandro Mastroluca
Il futuro si scrive nella capitale Ming. Nanchino, una delle quattro grandi capitali della Cina, ridisegna la geografia del tennis giovanile nel segno dello spirito olimpico. Oro Polonia, argento Brasile, bronzo Russia, nel singolare maschile. Sorride, e ne ha tutte le ragioni, Kamil Majchrzak che ha vinto la finale per l’oro 64 75 sul brasiliano Orlando Luz, numero 2 del ranking under-18 con parecchie chance di insidiare il n.1, Rublev, che si “consola” col bronzo.
Gli restano i rimpianti, però, per i crampi che di fatto gli hanno impedito di giocarsi fino in fondo il terzo set della semifinale contro Majchrzak: ha scelto di non ritirarsi, comunque, di battersi fino in fondo, ha servito da sotto e recuperato perfino un break giocando praticamente da fermo. Ma la fortuna era dalla parte del polacco, che già nei quarti aveva beneficiato del ritiro di Duck Hee-lee, il coreano non udente dalla nascita, che era avanti 63 42 quando ha iniziato a soffrire di crampi: perso il secondo set 64, ha detto basta.
Seguito da Maciej Wściubiak e Jakub Ulczynski nell’ambito di un gruppo di lavoro sponsorizzato Siemens, Majchrzak arriva da un’estate molto positiva. Al challenger di Poznan ha sconfitto Pierre Hugues-Herbert cogliendo il più prestigioso successo in carriera. A Michalovce, in Slovacchia, ha vinto un Future prima di portare la Polonia in finale in Coppa Valerio, persa dalla Spagna. Accolto l’in bocca al lupo di Janowicz prima della finale, Majchrzak ha fatto valere le armi della regolarità e della solidità. Luz ha illuminato di più il gioco, si è fatto ammirare di più dai tifosi per la varietà di colpi profondi e ricami sotto rete, ma di testa non ha mostrato certo la stessa consistenza. Pronti via e Kuz perde già il servizio, al primo gioco. Colpisce forte, Luz, cerca le righe su entrambi i lati, e quando il timing è giusto il vincente è assicurato. Ma gioca senza margine, e tra il vincente e l’errore il margine è troppo labile per un giocatore che sembra avvertire la pressione dell’essere favorito, la tensione del momento. Majrchzak difende il break e chiude il primo set con un game di servizio a zero e un bel pugno alzato verso gli spalti, verso il presidente ITF Francesco Ricci Bitti e il capitano di Davis russo, rimasto per la finale per il bronzo di doppio femminile. Rimasto invano perché Darya Kasatkina, vincitrice del Roland Garros junior quest’anno, e Anastasiya Komardina hanno perso 64 64 da Anhelina Kalinina, che ha vinto il doppio junior agli Australian Open a inizio anno, e Iryna Shymanovich.
Il secondo set della finale maschile inizia come il primo. Rovescio slice in corridoio di Luz, e break di Majchrzak al primo game. Stavolta, però, il polacco sente un po’ di “braccino”. Serve il primo doppio fallo del match e soccombe a una notevole palla corta di Luz: non gli resta che applaudire l’avversario e incassare il controbreak. Si va avanti però come fosse una partita di volley, in cui il vero “break” è far punto al servizio, fino al 12mo game. Stavolta il polacco tiene a 15. L’ultimo dritto di Luz chiude la partita, ma non i Giochi di Majrchzak che sognava la tripletta di medaglie ma ha perso la finale per il bronzo in doppio con Zielinski, battuti 64 06 10-4 dai giapponesi Matsumura e Yamasaki. Come scrivevo qualche giorno fa,
è l’ultimo capitolo della rivoluzione del tennis polacco, rimasto un passatempo borghese e non troppo ben visto per tutti gli anni Ottanta. Nel 1975 l’unico tennista riconosciuto è Fibak, che ha imparato a giocare tirando una vecchia palla contro una parete della sua casa di Poznan. “I miei successi hanno creato il movimento tennistico nazionale. Allo stesso modo il tennis mi ha aperto molte porte, mi ha dato tutto nella vita”. Gli ha permesso di emigrare negli Stati Uniti con la famiglia, di entrare nel business dell’edilizia e di aprire una galleria d’arte, come il suo principale partner di doppio, l’olandese volante Tom Okker. Nel 1979, quando è all’apice della sua carriera, Fibak diventa coach e mentore di Ivan Lendl. “Praticamente l’ho costretto a venire negli Stati Uniti” ha ricordato. “Gli ho detto che doveva venire negli Usa per diventare un giocatore e una persona migliore. Inizialmente non voleva venire. Ma poi è diventato più americano di me, più americano degli americani”. Nello stesso anno, un altro polacco inizia a scrivere la storia. E non in senso metaforico. Da quell’estate, infatti, Roman Zoltowski ogni estate parte da Poznan in macchina per andare a Wimbledon: è lui che incide il nome del vincitore e della vincitrice sui trofei più ambiti. Scappato con madre e sorella dopo l’invasione della Polonia nel 1939, mentre il padre viene fatto prigioniero e muore in Siberia, Zoltowski si rifugia prima a Gerusalemme poi a Liverpool, dove impara l’arte dell’incisione alla gioielleria Halfhide, che fornisce i trofei all’All England Club. Dopo la caduta del Muro di Berlino, riesce a tornare nella sua vecchia casa ma una volta all’anno cede alla sua vecchia passione con il sogno di incidere magari il nome di Janowicz o di Agnieszka Radwanska.
BOYS SINGLES GOLD MEDAL MATCH
(7) Kamil Majchrzak (POL) d. (2) Orlando Luz (BRA) 64 75
GIRLS DOUBLES GOLD MEDAL MATCH
(3) Anhelina Kalinina (UKR)/Iryna Shymanovich (BLR) d. (2) Darya Kasatkina/Anastasiya Komardina (RUS) 64 64
GIRLS SINGLES BRONZE MEDAL MATCH
Akvile Parazinskaite (LTU) d. (7) Anhelina Kalinina (UKR) 63 75
BOYS DOUBLES BRONZE MEDAL MATCH
Ryotaro Matsumura/Jumpei Yamasaki (JPN) d. Kamil Majchrzak/Jan Zielinski (POL) 64 06 [10-4]
MIXED DOUBLES SEMIFINALS
Ye Qiu Yu (CHN)/Jumpei Yamasaki (JPN) d. (7) Fanni Stollar (HUN)/Kamil Majchrzak (POL) 76(5) 64
(5) Jil Teichmann (SUI)/Jan Zielinski (POL) d. Ioana Ducu (ROU)/Matias Zukas (ARG) 62 61
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