Wimbledon al femminile, istruzioni per l’uso

Centre Court Wimbledon
di Giulio Gasparin

Quando si pensa a Wimbledon è inevitabile pensare ad i campi verdi e soffici della prima giornata, i cieli variabili, le interruzioni per pioggia, i completi bianchi e i curiosi cappelli di nobildonne e fan un po’ eccentrici. Per chi Wimbledon l’ha vissuto da fan, il torneo più prestigioso su erba vuol dire anche accamparsi la notte sperando di prendere un biglietto per il giorno dopo, sentirsi dire a 24°C che il caldo può farti stare male e, con sorpresa, vedere che qualcuno collassa sul serio. In altre parole, ci siamo quasi, archiviata la stagione europea sul rosso si passa a quella più nobile, quella degli storici chip&charge e serve&volley, quella estremamente anacronistica e un po’ snob dell’erba inglese.

Se qualcosa a livello maschile viene fatto per sistemare le teste di serie grazie ad un complesso algoritmo che va a premiare i risultati sul verde nelle ultime stagioni, tra le donne invece è il freddo ranking WTA a consegnare le teste di serie, così che, più ancora che nelle già sorprendenti sorti degli altri slam dell’anno, l’erba risulti ancora più imprevedibile, tanto che una top 10 possa ricevere un golden set (ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale).

Da uno che ha vissuto l’esperienza inglese e quella dei Championship, ho deciso di suddividere le giocatrici in tre categorie, che verranno di volta in volta spiegate, appartenenti alla tradizione culinaria britannica, se di tale si può parlare.

Strawberries and Cream

Strawberries Cream WimbledonNon c’è nulla di più identificativo del torneo di Wimbledon di una buona e “sana” coppetta di fragole con panna. Rimedio ideale per i rari momenti di tepore e condizione necessaria per farsi passare l’amaro di una sconfitta inaspettata dei propri favoriti. Insomma, non c’è nulla di meglio di questo dolce snack se ti trovi a SW19, anche perché nemmeno gli inglesi possono rovinare una cosa così semplice. Come si può intuire, questa è la categoria delle favorite, quelle che possono vincere il titolo senza sorpresa alcuna, o almeno fare sgambetti di una certa importanza.

Petra Kvitova: la ceca è la regina di questi campi, non solo perché ha vinto qui i suoi due unici titoli slam, ma perché anche nei momenti di forma più infima, sui prati si esalta, anche aiutata dal fatto che con un paio di colpi possa mettere fine ad ogni scambio, senza così affaticarsi oltremodo, come su altre superfici. Difende il titolo e quest’anno ha già trovato due acuti a Sidney e Madrid, entrambi in condizioni di campi velocissimi.

Serena Williams: se è vero che le sconfitte da Sabine Lisicki e Alizé Cornet nelle passate due stagioni non sono un biglietto da visita eccezionale, basta tornare al 2012 e a come abbia umiliato tutta la concorrenza alle Olimpiadi giocate su questi campi: chiedere a Maria Sharapova per una conferma.

Lucie Safarova: sky is the only limit per la ceca, rinata tennisticamente proprio grazie ad una semifinale raggiunta a Wimbledon un anno addietro. Per lei che è stata sempre “troppo buona” per vincere i match importanti, l’esperienza ha portato un killer instinct che non ti aspetti, a Parigi si è arresa solo ad una strepitosa numero uno del mondo, ma su questi campi il suo servizio può fare ancora più male.

Ekaterina Makarova e Angelique Kerber: bionde, mancine e per motivi diverse entrambe erbivore. Makarova ormai sembra una certezza negli slam, con 7 ottavi di finale o meglio negli ultimi 10 major, adora l’erba su cui ha vinto il titolo ad Eastbourne e sempre fatto. La Kerber invece sfrutta le capacità di anticipo e di appoggiarsi alle palle delle avversarie per mettere in crisi soprattutto le grandi colpitrici.

Karolina Pliskova , Madison Keys, Sabine Lisicki: un trio di gran colpitrici, sull’erba rispondere ad i loro servizi sarebbe un impresa anche per qualche fanciullo. La Pliskova è di queste quella dotata di più varietà, ma anche quella che si muove peggio. La Keys ha vinto Eastbourne lo scorso anno, mentre non serve aggiungere nulla alla carriera della Lisicki, che si potrebbe sostanzialmente riassumere ogni anno con le due settimane nel sud ovest di Londra.

Coco Vandeweghe e Alison Riske: le due americane hanno un gioco diverso, ma entrambe sono pericolose outsider su questi campi. Coco sarà probabilmente una delle prime escluse dalle teste di serie, e in molte vorranno evitarla, perché il suo servizio, i colpi potenti e le ottime doti a rete la rendono molto pericolosa. La Riske invece sfrutta buone capacità di contrattacco e un ormai quasi dimenticato serve&volley che lascia in molte spiazzate.

Capitolo Italiane:

Camila Giorgi: delle azzurre è sicuramente quella che ama di più le condizioni veloci dei campi erbosi, qui ha avuto il suo primo acuto a livello slam, quando ancora sconosciuta raggiunse gli ottavi nel 2012 battendo Pennetta e Petrova, prima di arrendersi alla Radwanska. Spesso ingiocabile quando mette i piedi dentro il campo, fa dei colpi di inizio gioco la sua arma più importante.

Pimm’s

La celebre bevanda a base di Rum è un cocktail che o si ama o si odia, a base di fragole e cetrioli è un dissetante e rinfrescante aperitivo dopo una lunga giornata a bordo campo. Proprio per questa sua duplice entità ben si adatta a queste giocatrici che per un verso o per un altro potrebbero eccellere sui prati di Wimbledon ma spesso non lo fanno.

Simona Halep: definirla un’erbaiola sarebbe sicuramente un azzardo, ma un titolo a ‘s-Hertogenbosch e una semifinale a Wimbledon lo scorso anno sembrano dire l’opposto. La numero tre del mondo è chiamata a rifarsi delle delusione di una stagione sulla terra dove era attesa da protagonista, ma lei ci ha messi in guardia dicendo che pensa che le superfici veloci si adattino di più al suo gioco.

Maria Sharapova: è passata una carriera da quando diciassettenne sconfisse a sorpresa Serena Williams per vincere il suo primo titolo slam a Londra, ma quello rimase l’acuto più alto in tanti tentativi di riconfermasi sull’erba. Negli ultimi anni la trasformazione in “claypova” è andata a discapito del gioco in condizioni veloci e gli infortuni sofferti su questi prati non hanno fatto che renderla comprimaria in un gioco dove è abituata ad essere una primadonna.

Caroline Wozniacki: da junior trionfò qui a Wimbledon e da sempre si è detta amante dei prati, su cui riesce più che altrove a farsi aggressiva, soprattutto col servizio. Ha sempre fatto bene ad Eastbourne, dove ha anche raccolto un titolo, ma non è mai andata oltre gli ottavi a SW19.

Agnieszka Radwanska: l’unica finale slam l’ha conquistata proprio sull’erba, superficie su cui le sue magie funzionano al meglio e il debole dritto si fa più complicato da gestire per le avversarie grazie ad un rimbalzo bassissimo ed insidioso. La forma non ottimale di questo 2015 resta l’incognita più grande per la polacca.

Carla Suarez Navarro: un po’ l’incontrario di quanto detto per “Aga”, la Suarez Navarro non ha mai trovato picchi di rendimento su questa superficie, pur non sfigurando nonostante le attitudini terraiole, ma il livello di forma e di gioco di quest’anno lasciano pensare che meriti più di una bocciatura anticipata.

Timea Bacsinszky e Alizé Cornet: caratterialmente molto diverse, ma dal gioco per molti versi similare, le due sono tra le outsider su questa superficie. Grazie a colpi inaspettati, dropshot, difese aiutate da movimenti eccelsi e passanti potrebbero fare più di qualche sorpresa, soprattutto la francese che sembra trovar piacere nel giocare contro Serena…

Venus Williams e Marjana Lucic-Baroni: ci sono sette titoli slam tra queste due e sono tutti dell’americana, vera regina di questi prati nel fiore della sua carriera. Sono entrambe giocatrici che ora più che mai sono molto incostanti, ma nelle giornate positive ancora difficilmente giocabili, grazie alla potenza dei loro colpi con tutti i fondamentali.

Capitolo Italiane:

Flavia Pennetta e Roberta Vinci: sono due che sanno giocare sui prati e i loro giochi per motivi diversi si possono adattare molto bene a queste condizioni. La tarantina gioca il tennis classico che fa impazzire i nostalgici con rovesci tagliati e sortite a rete, la brindisina invece è più moderna con il suo gioco da fondo potente e preciso, specie di rovescio, ma anche lei è temibilissima quando si spinge in avanti.

Karin Knapp: se l’anno scorso si è spinta fino agli ottavi certo non è un caso. Karin è tennista che sa tirare fortissimo e serve molto bene, questi campi l’aiutano in tal senso, ma la forma quest’anno sembra latitare e ci sarà molta pressione nel difendere i punti dell’anno passato.

Kidney Pie

Traducibile con timballo di reni, è la pietanza tipica di tutti pub londinesi, soprattutto quelli meno appetibili al pubblico un po’ posh del torneo di Wimbledon. Ecco perché in questa categoria troviamo chi, su questi campi, ci spera di stare il meno possibile e spesso viene accontentato.

Ana Ivanovic: sembra inspiegabile come una ragazza che tira così forte con il dritto ed il servizio non riesca ad andare avanti a vele spiegate sui prati erbosi, ma così è. Eccezion fatta per un positivo Roland Garros, aiutata anche da un tabellone favorevole, la serba ha faticato molto quest’anno e l’erba non sembra un terreno amico.

Andrea Petkovic: non c’è nulla da fare, pur essendo completa e una giocatrice a tutto tondo, la Petkovic non riesce a farsi digerire i campi erbosi. Forse la paura di infortunarsi dopo i già numerosissimi problemi avuti in passato, forse dei movimenti troppo meccanici per essere efficaci anche sugli scivolosi manti erbosi.

Elina Svitolina: per essere stata finalista di Wimbledon junior, la giovane ucraina sembra proprio non soffrire le condizioni veloci e i rimbalzi bassi dei prati contornati di gesso. Al Roland Garros ha fatto vedere grandi miglioramenti, ma sarà difficile vederla bissare in queste settimane a venire.

Capitolo Italine:

Sara Errani e Francesca Schiavone: le due azzurre più di successo nella storia degli slam al femminile sono sicuramente più adatte ad altre superfici, dove i loro colpi carichi di spin mandano le avversarie lontano e danno loro il tempo di imbastire una trama di gioco più complessa. La Schiavone in passato è riuscita a rompere la maledizione che l’attanagliava a Wimbledon, ma quest’anno sarà difficile vederla competitiva, mentre la Errani sembra congelata dopo l’infame golden set ricevuto dalla Shvedova.

In conclusione, al solito verro smentito in tutto quello detto fin qui, quindi non affidatevi troppo a queste previsioni, perché alla WTA piace la sua imprevedibilità, oggi più che mai. Quindi buona stagione sul verde a tutti e soprattutto, come direbbe un vero Lord inglese, che vinca la migliore.

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