di Alessandro Mastroluca
La sua strada nel tennis è iniziata dove nessuna strada era mai stata. La Repubblica Dominicana ha una lunga tradizione nel baseball ma non certo nel tennis. Da qualche tempo, però, qualcosa sta iniziando a cambiare. Merito di Estrella Burgos, primo dominicano nella storia a entrare in top-100 e nel main draw degli Us Open. Il più anziano debuttante di sempre a Flushing Meadows, ha esordito a New York a 34 anni, non ha smesso di stupire. È diventato anche il primo dominicano a vincere una partita in uno Slam piegando in rimonta Igor Sijsling 26 64 63 62. “Ero un po’ nervoso quando ho servito sul match point, ero sul punto di piangere. È stato incredibile. Quando ho visto l’ultima palla andare fuori mi sono detto: Okay, ora posso essere felice. Spero che torneranno tutti i dominicani venuti per la prima partita. A volte hanno chiamato una palla fuori durante gli scambi, ma mi hanno dato una grandissima fiducia”.
Al secondo turno affronterà un altro debuttante, che però ha la metà dei suoi anni, quel Borna Coric che continua a bruciare le tappe e ha lasciato appena sette game a Rosol, fresco di primo titolo in carriera sul duro e di ingresso in top-30, nella prima partita mai disputata in uno Slam. “Ero venuto qui pensando solo a qualificarmi” ha spiegato il croato, che ha sconfitto al secondo turno di quali l’altra attesa “next big thing” del tennis Usa, Stefan Kozlov. “Entrare nel main draw e battere un top-30 al debutto è assolutamente incredibile. Devo ringraziare Ivanisevic, Ljubicic, Cilic: ho parlato con tutti loro e mi hanno aiutato moltissimo”. Non vuole paragoni, Coric, non cerca ispirazioni, nemmeno nell’esplosione di Kyrgios. “A Wimbledin ha fatto qualcosa di eccezionale, ma non vuol dire nulla per la mia carriera. Certo, ha dimostrato che anche noi giocatori più giovani possiamo giocarcela alla pari con i big. Ma io guardo solo a me stesso”.
Il giovane croato, che si divide tra la Croazia e il Middlesex, viene da una lunga tradizione nazionale. In più ha ottenuto l’aiuto economico di Chris Sherling, l’imprenditore che ha creato la Junior Tennis Coaching Foundation, diretta da David Felgate, ex coach di Henman, dove si allena con Donna Vekic.
Nessuno, invece, aveva mai giocato a tennis nella famiglia di Estrella Burgos. Il padre però era amico del coach che lavorava al club di Santiago de los Caballeros, in cui vivevano. A 8 anni, Victor era un bambino iperattivo e il tennis gli ha permesso di incanalare l’energia. “Nessuno mi insegnava, all’inizio. Penso di aver imparato copiando gli altri nei primi tempi”. A 14 anni gioca il suo primo torneo, a Santiago. “Non volevano farmi giocare contro gli adulti, perché ero troppo piccolo. Non volevano farmi giocare perché lo sponsor era la birra Heineken. Ho insistito tanto, alla fine hanno ceduto. Sono arrivato in semifinale e da allora non hanno fatto più problemi”.
“Nella prima tranche della carriera del dominicano emerge uno sport professionistico solo di fatto, tale solo formalmente; o “marron“, come la giurisprudenza italiana, sempre ciecamente ossequiosa verso i neologismi giuridici inglesi, ama precisare” scriveva Piero Emmolo nel suo bel profilo dedicato al dominicano . “Restò senza denaro per viaggiare e, soprattutto, vittima del silenzio assordante della federazione caraibica. La Repubblica Dominicana è un arcipelago di dieci milioni scarsi di abitanti. La logica promozionalistica di qualsiasi contesto sportivo-istituzionale , specie se così parco numericamente e con una minima programmazione nel medio-lungo periodo, avrebbe indotto a sovvenzionare un atleta che, si piaccia o meno, era tra le punte di diamante dello sport dell’isola centramericana. Invece no. Victor arranca. I risultati non arrivano e decide di alzare bandiera bianca. L’immobilismo federale e l’incapacità di trovare sponsor prevalgono sulla sua vis agonistica”.
Fino al 2006 gioca tornei solo occasionalmente e lavora come maestro al club di Santiago. Finché, dopo aver fatto da sparring partner per la nazionale di Porto Rico durante un incontro di Davis a Miami, decide di provare a sfondare nel tennis. “Ho avuto un’occasione che non potevo lasciarmi sfuggire, se volevo avere successo” ha detto. Avrebbe successivamente vinto 18 titoli Futures prima di conquistare il primo Challenger a Medellin nel 2011. Dopo l’infortunio del 2012, si è rotto la cartilagine del gomito destro mentre si allenava a Santiago prima di un match di Davis restando fuori sei mesi, la sua personalissima ricerca del tempo perduto riparte a tappe forzate e con successi senza precedenti. La Colombia ha un ruolo centrale nella sua nuova carriera. A Bogotà vince la sua prima partita ATP nel 2013 e quest’anno fa ancora meglio: elimina Gasquet, firma il primo successo contro un top-20 e raggiunge la prima semifinale nel circuito maggiore.
Entrato in top-100 per la prima volta a marzo con il titolo al Challenger di Salinas, in Ecuador, con il passaggio al secondo turno a New York entrerà tra i primi 70 e guadagnerà $60.420. “Ora ho qualche sponsor e un manager che mi aiutano” ha spiegato. “Ma dopo aver giocato challenger per tanto tempo, con questi soldi posso giocare più libero, posso viaggiare con un coach full time. Sarà tutto diverso per me”.
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