di Federico Mariani
Nell’intenso weekend appena passato agli archivi si è avuta, una volta di più, l’ennesima dimostrazione della grandezza di Roger Federer. Non tanto per le prestazioni offerte davanti ai 18 000 del Palexpo di Ginevra (i 3-0 rifilati a Bolelli e Fognini sono pressoché ordinaria amministrazione specie se si gioca indoor), quanto piuttosto per l’amore ed il consenso che lo svizzero continua a raccogliere da ogni angolo del globo.
Spesso si dice che la sua più grande vittoria (fuori dal campo) sia proprio quella di essere tifato in ogni campo del pianeta. Stavolta si è andati addirittura oltre perché molto più di qualche italiano ha deciso di appoggiare lui piuttosto che i colori della patria, difesi nell’occasione da Fognini e Bolelli. C’è qualcosa di sbagliato in questo? Molti di voi risponderebbero di sì. Sì, perché in giro sul web e nei social network si è scatenata in questi giorni una polemica tra chi sostiene la Patria a tutti i costi e chi, invece, sostiene Roger a tutti i costi. Difficile stabilire chi abbia ragione e chi no, probabilmente entrambi e nessuno dei due in fondo, ma ci sono sicuramente da fare delle considerazioni a riguardo.
C’è da dire innanzitutto che il tennis, tra gli sport individuali, è con ogni probabilità il più individuale. Un tennista rappresenta, infatti, la propria nazione solamente per una manciata di weekend l’anno e per un torneo ogni quattro anni (le Olimpiadi). Nel resto del tempo, e quindi quando più conta, ogni giocatore fa squadra a sé. Il tifoso/appassionato si innamora del tennista e quando questi si cala in un contesto come la Coppa Davis può risultare difficile in qualche modo “voltargli le spalle” e sostenere la squadra che gli è rivale nell’occasione.
Quel difficile si può facilmente trasformare in “impossibile” quando si parla di Roger Federer. Il fenomeno svizzero trascende ogni confine o bandiera. E’ senza dubbio alcuno il tennista più amato di sempre, questo è quanto si apprende vedendolo all’opera in ogni campo del mondo. E’ facile rendersene conto: basta vedere quando affronta i francesi in Francia o gli spagnoli in Spagna: il tifo è sempre per lui, in ogni circostanza, indipendentemente da chi divide il rettangolo di gioco con lui. Nello sport globalmente inteso dei giorni nostri, questo è semplicemente impensabile.
Come si diceva in apertura, molti italiani durante Svizzera-Italia si sono indignati verso una compagine piuttosto nutrita di connazionali, accusata in un certo senso di antipatriottismo. Purtroppo nello sport italiano si verifica spesso il fenomeno del “tifare-contro” i colori azzurri. Accade molto spesso nel mondo del calcio ed, ultimamente, quasi altrettanto spesso nel tennis. Partendo comunque dal presupposto che ognuno è libero di sostenere e tifare chi meglio credo e chi più gli aggrada , atteggiamenti così ostruzionistici ed il più delle volte fine a se stessi sono da condannare.
Non è, però, questo il caso: qui c’è la variante-Federer, troppo grande da poter essere trascurata. Lo svizzero, che paradossalmente rappresenta il Paese neutrale per antonomasia, unisce sotto la sua bandiera tutti i suoi tifosi. Non si spiegherebbe sennò il motivo per il quale i moltissimi italiani accorsi al Palexpo di Ginevra si siano presentati vestiti di rosso e col cappellino griffatato RF piuttosto che avvolti dal tricolore. Non si spiegherebbe sennò come l’unico match in cui tutti gli italiani sono stati compatti a tifare Italia sia stato il doppio così da poter vedere Roger all’opera il giorno seguente.
Vincendo la Davis, Federer colmerebbe l’unico buchino ancora vuoto nella sua immensa bacheca e firmerebbe un’impresa del tutto inedita per la Svizzera. Forse queste motivazioni erano troppo grandi per essere messe in secondo piano dagli ammiratori dell’elvetico. Non si offendano i nazionalisti più ligi, Federer vince su tutto, anche sulla patria.
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