Vincenzo Santopadre: “Il primo titolo di Matteo è un punto di partenza”

Matteo Berrettini
(Matteo Berrettini)
di Fabio Ferro

Matteo Berrettini conquista il suo primo titolo a livello ITF. Il suo coach, Vincenzo Santopadre, parla del lavoro, dei sacrifici e delle qualità di Matteo, tra crescita mentale e tennistica.

Il primo titolo Itf, quanto può giovare a Matteo e cosa significa per te?
Parecchio in termini di fiducia, perché è ovvio che vincere un torneo, di qualunque livello si tratti, fa sempre piacere e crea benessere agonistico. Ovviamente è anche uno stimolo a fare di più, sapendo che non è un punto di arrivo. C’è anche un significato più importante per questo titolo, quello relativo al successo della preparazione fisica, perché, considerando che il limite di Matteo era la fragilità fisica, una vittoria ad ottobre, quasi a stagione finita, con la stanchezza di un anno passato a lavorare duro, significa che sta venendo fuori tutto il lavoro di preparazione. Diciamo che oggi non esiste un solo tennista che non sia anche un atleta, per cui, gli può giovare tanto.

Quindi lavorate su obiettivi di lungo-periodo?
Matteo ha degli obiettivi che sono molto chiari, a lui e a chi lavora con lui. Sta dimostrando di avere fatto un grande salto di qualità, e la maturità che ha raggiunto rende tutto più facile nel lavoro. Anche per me è più facile, è più facile trasferirgli idee e punti di vista. Quando dico me, intendo tutto lo staff, Alberto Lommi, Roberto Squadrone e Stefano Cobolli, che ci lavorano e completano la sua attività di crescita. Devo dire gli sono stati dati degli obiettivi che non fossero intesi come risultati in numeri di classifica o di ranking, ma di crescita del gioco e di miglioramento della condizione fisica. Lavoriamo sempre per dei miglioramenti stabili nel suo gioco e nel suo approccio al tennis e ci aspettiamo che tra tre o quattro anni possa dare il meglio di sé in campo. Obiettivi a breve termine non possono che distrare in questa fase, ma sicuramente in questa fase un risultato del genere aiuta a confermare le sensazioni positive.

Matteo è classe ‘96, quindi ritieni che il tennis, oggi, non sia uno sport per giovanissimi?
Noi e lui, sappiamo benissimo che la strada è ancora lunga, lui è un ‘96, ha 19 anni. Quello che è oggettivo, nei giovanissimi tra i top 100, è la forza e l’evidenza dei numeri, sono pochi i professionisti ad alto livello in giovane età. Non esistono più i Becker e i Chang, che vanno la domenica nelle finali dei Grand Slam. Di fenomeni giovani ce ne sono pochi, basta guardare l’età media dei primi 100 che è altissima se paragonata a quella di qualche anno fa. Evidentemente, per quelli che saranno i top 100 del futuro, parlo di tre o 4 anni, Matteo non è affatto in ritardo e il suo è un percorso assolutamente di crescita a 360 grandi. Cosa che è ben chiara a lui è il fatto di avere obiettivi ben delineati, primo fra tutti la crescita fisica e la prevenzione degli infortuni, che, per il tipo di vita e di allenamento, è una base assolutamente da non trascurare. Poi, ovviamente, un potenziamento fisico, che va di pari passo con la tecnica, che passa assolutamente per il sapere di essere consci che il suo gioco sarà fondato su un ottimo servizio e sul dritto. Sono i suoi colpi migliori e rappresentano il suo biglietto per una carriera da professionista.

Qualcuno dice che avere lacune è la chiave di crescita per i giovani tennisti, Matteo dove deve migliorare?
Lavoriamo sul rovescio, che è il suo punto meno forte, ma tutto ciò passa dal miglioramento del fisico. Gli anni scorsi non abbiamo potuto caricare troppo per via del fisico. Mostrava troppa delicatezza muscolare e troppo spesso accusava il lavoro sul fisico. Il preparatore atletico ha impostato un lavoro di rafforzamento e proprio oggi sta venendo fuori tutto il lavoro positivo. Possiamo caricare di più, possiamo tenerlo in campo di più e possiamo lavorare sulle sue lacune.

Ha quindi lavorato sulla tecnica?
Si, ha dovuto aspettare per aumentare i carichi di lavoro fisici e, nel frattempo, abbiamo lavorato di più in campo. Proprio per questo ho provveduto a delineare, per Matteo, una stagione prettamente sui campi veloci, perché aveva bisogno di questo tipo di completamento e di fiducia su altre superfici, ma anche perché sappiamo benissimo che la formazione del giocatore italiano è soprattutto su terra. Anche Matteo nasce sulla terra e ha bisogno delle superfici rapide per completare una formazione che ritengo sia fondamentale per la sua crescita tennistica. Oltretutto, dobbiamo evitare di trovarci spiazzati tra 3 o 4 anni, quando un campo in cemento potrà essere una preoccupazione e un avversario in più. Questo è stato il mio pensiero e credo che giocare quest’anno sul veloce gli abbia dato molti spunti, sia sul servizio che sulla risposta, ha fatto dei grandi miglioramenti. Però sono contento di come sta lavorando, soprattutto perché lui ascolta e mette in pratica ciò che gli viene consigliato e, al di là delle doti in campo, questa è una dote fondamentale che lui ha. Si lavora bene con lui, perché sa ascoltare.

Oltre al lavoro sul rovescio, cosa stai apportando al suo tennis dal punto di vista tecnico?
Dal punto di vista tecnico, come detto, dobbiamo lavorare tanto. Sto cercando di inserire elementi concreti nel gioco di volo e sto cercando di fargli giocare spesso anche il doppio.  A me fa piacere che giochi anche il doppio, perché quando fronteggi più situazioni da giovane, ti trovi le spalle più coperte nella maturità e tutto viene più facile. Matteo in doppio ha vinto anche un torneo, in coppia con Pellegrino, dimostrando anche in questo caso di saper gestire nuove situazione e di adattarsi rapidamente.

Dal punto di vista caratteriale, invece, su cosa pensi debba migliorare?
Stiamo lavorando perché Matteo diventi più spregiudicato in campo, perché osi qualcosa in più. Caratterialmente lui è un ragazzo molto responsabile e porta questo suo equilibrio anche nel tennis. Per chi ha un carattere così centrato, può essere più complicato, perché può sembrare che, trovando una soluzione più offensiva, potrebbe pensare che si stia tirando fuori dalla lotta o che non voglia accettare lo scambio, ma credo che piano piano, nel tempo, riusciremo ad apportare anche questo al suo gioco. Prendendo rischi maggiori in questa fase, può aumentare il livello de proprio tennis ed elevare i limiti. Mi piacerebbe che Matteo non giocasse sempre in totale controllo e che provasse ad inventare il suo tennis.

Cosa pensi sia il valore aggiunto di Matteo rispetto ad altri giovani come lui? Quali sono le doti che ritrovi in lui?
Io vedo le qualità di saper ascoltare, l’impegno e la determinazione, oltre alla dedizione, che sono qualità che sono primarie anche al saper giocare dritto e rovescio. Le caratteristiche di Matteo mi premettono li lavorare con lui in modo sereno ed efficace, concentrandomi sul lato tecnico e tattico. Sono questi i punti di forza che ha, perché senza di questi il suo tennis non funzionerebbe, il suo allenamento non sarebbe altrettanto efficace e anche la mia guida sarebbe meno efficace, Il suo Tennis passa dalla sua capacità di ascoltare e di voler lavorare per migliorare. Ad esempio, se qualcuno avesse visto giocare Matteo qualche anno fa, avrebbe visto dei buchi tecnici abbastanza importanti, ma lui è riuscito a colmarli con la determinazione e la sua capacità di ascolto. Quindi è soprattutto la sua attitudine mentale che mi lascia pensare che possa diventare un professionista.

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