di Michele Galoppini
Sono solo 4 gli anni che sono passati dall’esordio nel circuito professionistico di Gaia Sanesi, quando nelle qualificazioni del $10.000 di Sumter aveva sconfitto tre avversarie lasciando loro solo sette game, prima di arrendersi in una dura lotta nel primo turno del main draw. Ma quattro anni sono stati più che sufficienti per raggiungere la top-300 e confermare tante buone sensazioni e previsioni che fanno di Gaia Sanesi una giocatrice da tenere certamente d’occhio. SpazioTennis ha quindi deciso di farvi conoscere un po’ meglio la 22enne toscana.
Mentre qui in Italia, soprattutto da dove scrivo, siamo alle prese con un preludio di inverno e di Natale particolarmente infelice e non-invernale sotto l’aspetto meteorologico, nella primavera andina della splendida Santiago del Cile (per chi non ne fosse conscio, consiglio di cercare qualche immagine panoramica), Gaia Sanesi si concede ai virtuali microfoni di SpazioTennis in una lunga intervista, da cui traspare quanto la toscana sia non solo un’ottima giocatrice di tennis, ma anche una ragazza molto intelligente, con la testa sulle spalle e decisa nel raggiungimento dei suoi obiettivi. La giovane azzurra ha terminato da pochi giorni il torneo della capitale cilena, con montepremi $25.000, dove ha raggiunto dei buoni quarti di finale, eliminata di un soffio da Vanesa Furlanetto. Altri 9 punti che vanno quindi a rinforzare la sua classifica e che la porteranno alla 315esima posizione nel ranking del 15 Dicembre. Lei stessa dimostra grande lucidità nell’elencare qualche numero che ha contraddistinto le ultime stagioni. “A Luglio del 2012 ero quasi 1000 in classifica. Nel 2013 vinsi il mio primo $10.000 in Spagna e subito dopo un altro in Belgio. Iniziai il 2013 che ero 750 e finii 420. Ora sono 340 dopo aver avuto la mononucleosi. Quest’anno mi sono dovuta fermare per due mesi nel momento che stavo giocando meglio e di conseguenza quando avevo il miglior ranking, 294.” La sfortuna di incappare in tale inconveniente particolarmente debilitante non la mina però nella sua positività rispetto alla sua stagione. “Se ripenso alla giocatrice che ero due anni fa o l’anno scorso, penso d’aver fatto un bel salto. Sono molto soddisfatta, però si guarda sempre avanti. Le cose da migliorare sono veramente tante, dentro e fuori dal campo. Devo migliorare tanto di testa, l’atteggiamento che ho dentro e fuori dal campo, come affronto le partite, essere più regolare in generale… E poi ovviamente anche la parte tattica e tecnica hanno bisogno di tanto lavoro.”
Anche Gaia Sanesi è una giocatrice che si affida, dal 2012, alle terre spagnole per la sua preparazione, cioè da quando è cominciata la sua vera scalata in classifica. “Dall’anno scorso faccio parte di un gruppo di quattro ragazze seguito da Martin Vilar e Gonzalo López. Questo gruppo è composto da Anabel Medina Garrigues, Alexandra Dulgheru, Estrella Cabeza Candela ed io. Il periodo di preparazione lo facciamo tutti insieme a Valencia, invece durante l’anno mi alleno principalmente a Barcellona con Martin Vilar. Quest’anno ho viaggiato abbastanza con Alexandra Dulgheru.”
La scelta iberica è forse anche dovuta alle sue preferenze di superficie ed al suo stile di gioco: “La terra è sicuramente la superficie che preferisco. È dove mi sento più sicura e comoda. A parte che passo più tempo in un campo in terra che in cemento o di altre superfici, ho un gioco che sui campi in terra dà più fastidio.” E poi prosegue “Essendo mancina, in generale il colpo che dà più fastidio è il mio diritto con effetto. Cerco sempre di prendere il controllo del punto con il diritto e da li inizio a muovere la palla cercando di mettere i piedi dentro al campo.” E l’aggressività del suo gioco comincia già dal buon servizio mancino: “Non servo male, quindi anche con il servizio cerco sempre di prendere subito il controllo del punto.”
Una caratteristica della Sanesi che può definirsi curiosa è la sua scelta frequente di giocare tornei con un montepremi più alto del “classico” $25.000 (si pensi a Medellin, Bogotà, Biarritz, Contrexville ed altri dove ha ottenuto importanti vittorie), sebbene a volte sia necessario partire dalle qualificazioni: “È il mio allenatore insieme a Gonzalo López a dirmi quali tornei giocare. Io faccio e vado dove mi dicono loro. Mi hanno sempre detto che i tornei si scelgono secondo il momento.” A volte, in questi tornei, bisogna dover anche accettare, nei primi turni, la sfida di una giocatrice con una classifica ben più importante della propria, ma questo non spaventa Gaia, proiettata già al futuro: “Se voglio giocare ad un livello alto devo iniziare a competere con le ragazze di quel livello. Kaia Kanepi – contro la quale è stata avanti di un set e ad un passo dalla vittoria – è stata la giocatrice con il ranking più alto che ho affrontato.” Poi prosegue parlando dei punti chiave di tali match: “Oggi tutte le ragazze giocano bene. Le ragazze di un livello più alto giocano ad una intensità più alta, fanno pochi errori non forzati, perdonano poco. Per questo richiedono un livello di concentrazione molto più alto. Ogni partita è diversa.”
E sono proprio le partite più difficili quelle che ricorda con maggior piacere. “Beatriz García, Mariana Duque, Kaia Kanepi, Johanna Larsson, Lesia Tsurenko, sono tante quelle che ricordo.” Ed è d’obbligo chiederle di raccontarci i due match contro Duque Marino e Lesia Tsurenko, dai quali è addirittura uscita vittoriosa, peraltro in due set: “Contro Mariana ho giocato a Bogotà dove c’è altura e dove lei gioca meglio visto che si allena lì. Sapevo che avevo poche possibilità di vincere e se volevo portare a casa la partita dovevo giocare bene il più tempo possibile. Avevo raggiunto un livello di concentrazione veramente alto. Avevo fatto pochi errori ed ero riuscita a giocare bene tatticamente. Contro Tsurenko ero molto concentrata nel guardare sempre la palla per impattare il meglio possibile. Dovevo tirare forte contro di lei, finché non ricevessi la palla per aprire il campo. Abbiamo giocato punti così lunghi che tra punto e punto ci fermavamo a prendere fiato.”
Una delle informazioni più interessanti che riguardano la carriera della Sanesi e la sua storia è certamente quella relativa agli anni che Gaia ha speso negli Stati Uniti all’accademia di Bollettieri, in cui è entrata quando era praticamente ancora una bambina. “A 13 anni ero ancora una bambina. Non avevo la capacità di capire molto. La sola cosa che capivo e sapevo era che mi piaceva giocare a tennis. Avevo tanta voglia, mi rendeva felice, mi piaceva passare giornate intere nei circoli di tennis.” Ma nonostante la giovanissima età, la convinzione era tanta e lei era cosciente di alcune difficoltà oggettive che si ponevano tra lei ed il suo sogno. “A scuola stavo bene con i miei compagni, però fuori della scuola avevo interessi diversi rispetto a loro. Poi c’era il fatto che da Prato al Match Ball a Firenze erano 40 minuti di strada solo ad andare. Una autostrada piena di camion e traffico. Di conseguenza tutti i giorni studiavo in macchina. Nonostante andassi bene a scuola, i professori ogni poco mi ripetevano che prima ero una studentessa e poi tutto il resto.”
Un periodo di prova ha poi convinto definitivamente la Sanesi, sebbene i genitori fossero alquanto titubanti. Dopotutto, una tale scelta significava separarsi dalla figlia appena adolescente, vogliosa di volare oltreoceano. “Quando andai da Bollettieri stavo veramente bene ed ero contentissima. Mauricio Hadad mi disse che giocavo bene e se potevo rimanere. Da li ci pensai e chiesi ai miei se potevo rimanere un anno. Non riuscivo a finire i corsi estivi perché mi mancava la mamma (ne facevo di cotte e di crude perché venisse a vedermi) però chiesi ai miei di poter rimanere in America. Loro ovviamente mi dissero subito che ero troppo piccola, che non riuscivo a stare senza la mamma per due giorni, come potevo pretendere di andare a vivere lì. 15 giorni dopo (senza dormire), i miei si informarono sulla sicurezza, organizzazione e prezzo dell’accademia e mi dissero che se volevo potevo rimanere.”
Il sogno poteva cominciare a prendere forma e quella responsabilizzazione così importante la convince a dare il suo meglio. “A Settembre del 2005 arrivai all’accademia e la prima cosa che mi disse mio padre fu ‘Gaia abbiamo già pagato tanti soldi. Sei voluta venire e ora ci rimani. Non fare come ai campi estivi’. Mio babbo fece uno sforzo immenso a lasciarmi lì sola. Qualche anno dopo mia mamma mi raccontò che, quando lo riprese all’aeroporto dopo avermi lasciato la prima volta, lo trovò distrutto. Invece di un anno, passai quattro anni da Bollettieri e sette in America, senza aver mai chiamato mia mamma piangendo che volevo tornare a casa. Per me è la stata la miglior scelta in quel momento. Non fu semplice né per i miei e né per me. Per questo li ho sempre ringraziati per aver fatto tutto quello che hanno fatto. Senza contare che la mia famiglia non naviga nell’oro. Anche dal punto di vista economico non è stata una scelta facile.” La frase forse più bella che la giovane azzurra digita sulla sua tastiera in questo lungo colloquio corrisponde anche ad una grande verità che nasce dalla maturità che la Sanesi dimostra: “La scelta coraggiosa l’hanno fatta loro, non io. A 13 anni solo capivo che giocare a tennis mi rendeva felice e di conseguenza volevo fare quello. Loro sapevano i rischi e benefici che avrebbe potuto portare quella scelta.”
Le differenze tra la sua esperienza e quella ipoteticamente che avrebbe vissuto in Italia non si possono sapere, ma Gaia sa di aver fatto la scelta per lei più giusta. “In Italia non trovavo di meglio. La scuola non mi ha mai aiutato a poter studiare e praticare uno sport, in America si. Ho anche imparato due lingue che sicuramente in Italia non avrei mai imparato. Sicuramente andare via di casa è una scelta che ti fa crescere e di conseguenza aiuta molto sul campo da tennis.” La scelta vincente la ritrova anche nell’organizzazione dei tornei, che in America considera di altro livello. “I tornei in America sono molto diversi da quelli in Europa. Quasi sempre i circoli sono molto grandi e poche volte ci sono problemi con i campi. Anche le palestre quasi sempre sono ben attrezzate e nuove. Ogni giorno ti danno un tubo nuovo di palle e se hai bisogno di una scatola di palle per fare cesto non c’è problema.”
Non è tutto perfetto nemmeno negli States, come lei stessa ammette. L’Italia, sotto questo aspetto, è onestamente difficile da paragonare. “Un problema grande in America è il cibo. Cucinano con molto burro e le porzioni sono sempre troppo grandi.”
La Sanesi è una giocatrice in forte ascesa, che anche quest’anno, nonostante alcune difficoltà, è riuscita a scalare più di 100 posizioni. Eppure, la salita delle più giovani e di coloro che giocano i tornei minori è minata, anche secondo il parere di Gaia, dalla nuova distribuzione punti, troppo penalizzante nei turni preliminari e nelle qualificazioni. L’attenzione dell’azzurra però passa immediatamente ad un problema che per lei è ben più importante ed urgente. “Prima di tutto cambierei la distribuzione dei montepremi. Tante ragazze che giocano molto bene sono costrette a smettere a causa di problemi economici. I tornei con montepremi $10.000 esistono da tanti anni. A meno che tu non ne giochi uno vicino casa dove vai sola e dividi la stanza, anche la vincitrice del torneo ne esce avendo perso soldi e con solo 12 punti dopo aver giocato 5 partite molto dure. Per non parlare del tema del momento, le condizioni con cui organizzano i $10.000: oltre ad essere pessime in generale, aiutano i giocatori ad infortunarsi più facilmente.”
La lunga chiacchierata via email a migliaia di chilometri di distanza sta per volgere al termine, ma c’è spazio per un paio di domande classiche. La Sanesi ci rivela che è grazie a sua zia che ha cominciato a giocare con la racchetta. “Quando avevo 8 anni, dopo aver provato così tanti sport che non sapevo più cosa fare, mia zia Cristina mi disse di provare il tennis visto che lei ha sempre giocato.” Inoltre, non c’è una campionessa ispiratrice, ma sono le grandi lavoratrici a darle la forza di migliorarsi sempre di più. “Sono tante le giocatrici che mi hanno ispirato e che tutt’ora mi ispirano. Ammiro tutte le giocatrici che nonostante tante difficoltà, lavorando bene e duramente senza mai mollare, alla fine ce l’hanno fatta.”
È tempo di saluti a di auguri per Gaia Sanesi, che nonostante abbia chiuso la sua trasferta sudamericana è pronta per la preparazione al 2015. Viste le stagioni passate, non ci si può aspettare altro che una nuova salita anche nel prossimo anno, in un auspicio supportato da tanti fattori che questa chiacchierata ha messo in luce. Gaia si dimostra una ragazza molto matura, con sicuri obiettivi, idee chiare ed innata perseveranza nel raggiungimento dei suoi sogni nonostante le difficoltà che possono sempre porsi ad ostacolo. Tutte doti che non possono che ispirare un naturale “Forza Gaia!”.
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