di Giulio Gasparin (@GiulioGasparin)
A 18 anni, Olivia Rogowska aveva sorpreso il mondo del tennis battendo Maria Kirilenko al primo turno del Roland Garros, a cui era stata ammessa solamente grazie ad una wild card. Pochi mesi più tardi sfiorò nuovamente l’impresa, questa volta con Dinara Safina, la numero uno del mondo, che le recuperò due break di svantaggio nel terzo set a New York. Da allora però la carriera dell’australiana non ha più vissuto picchi simili, tanto che ad oggi ancora non è arrivato l’agognato debutto tra le prime 100 del mondo. Ciononostante, la ventiquattrenne di Melbourne sente di avere ancora molto da dare a questo sport e sta imparando a convivere meglio con le aspettative che la seguono da quello spumeggiante debutto. Quello che segue non è che il risultato di una piacevole chiacchierata fatta in quel di Padova, al termine di un difficile primo turno contro Marina Shamayko, cercando di scappare dal cocente sole di inizio Giugno.
È stato un match difficile oggi per essere un primo turno, vero?
Vero, non è stato molto bello da parte mia. So comunque che i primi turni di tutti i tornei possono essere difficili, non importa che si tratti di un 25k o di un Grande Slam. Non sapevo nulla della mia avversaria e quindi non sapevo cosa aspettarmi: un colpo era piatto, uno alto e carico…non riuscivo a trovare il ritmo. Ho comunque giocato bene nei punti importanti e ho cercato di restare positiva anche se in realtà mi sentivo nervosa dentro e le condizioni non erano facili per un debutto.
La stagione sull’erba si è aperta proprio questa settimana, tu invece hai deciso di restare sul rosso, come mai?
Sono alcuni mesi ormai che gioco sulla terra e mi sento a mio agio. Manca poco a Wimbledon, ma non mi sento la necessità di giocare molto sull’erba, per cui ho scelto di giocare questo torneo e ovviamente cercherò di arrivare fino in fondo. So come giocare sull’erba, ne sono consapevole per cui non penso di dover giocare tre settimane sull’erba prima di Wimbledon. Quest’anno ho presto questa decisione, per cui speriamo che ripaghi.
A proposito di terra, quest’anno la Wild Card australiana per il Roland Garros non è stata utilizzata. Ci sei rimasta male che non ti sia stata data fiducia?
Onestamente Tennis Australia aveva una buona argomentazione: nessuna di noi aveva risultati tali da giustificare una wild card, per cui non me l’aspettavo né l’ho voluta richiedere. Ho giocato le qualificazioni e ottenuto tre belle vittorie, raggiungendo il tabellone con le mie forze, il che mi ha dato un’emozione indescrivibile.
Non sei lontanissima dal tuo miglior ranking, che cosa pensi di aver migliorato negli anni per salire a questi livelli?
Sai, non è passato che da pochi giorni il mio compleanno, per cui penso sia un fattore di esperienza. Di recente ho giocato contro una promettente junior e ho visto come con l’esperienza ne sia uscita, ero più matura. La speranza è che possa continuare ad imparare ogni giorno qualcosa e da ogni match, così da poter chiudere qualunque match.
Ovviamente sei ancora giovane, eppure sono passati tanti anni da quando sorprendesti Maria Kirilenko al Roland Garros 2009. Ovviamente sono cambiate molte cose da allora, quando c’erano le vittorie ma mancava la costanza. Ora tu ti senti una giocatrice migliore?
Penso sia divertente in un certo senso, perché penso di giocare un tennis migliore oggi anche se non ho più fatto quei risultati. Sicuramente è tutto più facile quando sei al primo anno nel circuito: sei giovane, non hai nulla da perdere, indifferentemente da chi hai di fronte, sei la sfavorita e puoi uscire a braccio sciolto. Poi anno dopo anno devi difendere I punti, e fronteggiare aspettative sempre maggiori. Sto ancora imparando a gestire queste pressioni, focalizzandomi su un match alla volta. Ogni tanto penso ancora a quell’anno in cui ho battuto la Kirilenko e poi perso un match quasi chiuso con la Safina, che era numero uno del mondo. Penso faccia parte del percorso di crescita e devo imparare da queste esperienza.
Ho avuto di recente la fortuna di parlare con il tuo ex allenatore, Chris Johnstone…
Oh, sei stato tu? Davvero un’intervista fantastica, mi ha fatto veramente piacere leggerla, l’ho vista dopo che Jarka [Gajdosova] l’ha ritwittata. Chris è una persona speciale e un coach fantastico, lui ti da veramente tutto quello che ha. Abbiamo lavorato assieme diversi anni, 3 o 4, e ho imparato tantissimo da lui e gli sono riconoscente per quanto fatto assieme e per quanto raggiunto. Per cui mi sento in debito con lui per tutti i momenti passati con lui e ogni tanto mi manca.
Visto che hai letto il pezzo, come ti sei sentita nel leggere che il suo momento più speciale è stato una tua vittoria?
Mi sono commossa quando l’ho letto. Chris mi ha dato tanto e purtroppo ad un certo punto sono arrivata ad un momento in cui ero frustrata, ma troppo piccola per capire lo sguardo d’insieme. Ogni tanto lui era molto severo e io non sono riuscita ad apprezzare quell’atteggiamento quanto avrei dovuto. Ora lavora con Jarka e stanno facendo davvero bene e non potrei essere più felice, sono due persone stupende.
Un’ultima cosa. C’è stato molto interesse riguardo l’Australia e il numero di giocatrici che stanno ottenendo la cittadinanza del tuo paese, tu come la vedi?
Penso sia fantastico per l’Australia che ci siano più giocatrici e più giocatrici nella top100. Ora Dasha [Daria Gavrilova] sta facendo cose eccezionali, noi siamo molto amiche, per cui sono contentissima per lei e nel vedere sempre più spesso l’Australia nella mappa delle grandi del tennis. Prima avevamo solo Sam [Stosur] e Casey [Dellacqua], ora ci sono anche Jarka, Dasha, le sorelle Rodionova che sono un doppio di prima fascia. Penso sia veramente positivo, perché ci sproniamo a vicenda, restando vicine. Dasha poi è in grande crescita e spero di poter seguire le sue orme. Per cui “forza Australia”, più siamo e meglio è!
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