di Alessandro Mastroluca e Alessandro Nizegorodcew
Nathalie Tauziat compie oggi, 17 ottobre, 47 anni. “Della mia carriera conserverei la longevità, i miei 17 anni sul circuito” ha rivelato in questa intervista esclusiva in cui ha ripercorso con noi i ricordi, le emozioni, le tappe principali di una carriera che l’ha vista togliersi le principali soddisfazioni dopo i 30 anni. Nathalie ha debuttato nel circuito WTA a 17 anni e vinto il primo titolo nel 1990, a Bayonne. Dopo i quarti al Roland Garros 1991 (perse da Steffi Graf) e a Wimbledon 1992 (battuta da Monica Seles), conquista il secondo titolo a Quebec City nel 1993 in finale su Katerina Maleeva. Dopo un 1994 senza acuti, trionfa sull’erba a Eastbourne nel 1995 e a Birmingham nel 1997, prima di raggiungere i quarti a Wimbledon dopo un ottavo intensissimo in cui ha rimontato su Sandrine Testud salvando tre match point. Chiude il 1997 con la semifinale al Masters, preludio al 1998, l’anno del capolavoro, la finale a Wimbledon. Nel 1999, dopo aver raggiunto ancora i quarti ai Championships, torna al successo a Lipsia e Mosca e conferma la semifinale al Masters. Nel 2000, a 32 anni, regola Justine Henin, Anna Kournikova e Serena Williams a Parigi indoor e aggancia il best ranking, diventando la più anziana giocatrice a toccare per la prima volta il numero 3 del mondo. Non paga, a settembre arriva ai quarti anche agli Us Open e nel 2001 alza il suo ultimo trofeo, a Birmingham. Ha chiuso la carriera con 8 titoli in singolare e 25 di doppio, in coppia con Helena Sukova, Alexandra Fusai, Ai Sugyiama, Martina Hingis, Arantxa Sanchez e Isabelle Demongeot. E’ proprio quest’ultima che nel 2007 pubblica il libro “Service volé” per denunciare di aver subito ripetute molestie sessuali da parte di Regis de Camaret tra il 1980 e il 1989, iniziate quando era ancora minorenne. Camaret all’epoca allenava anche Tauziat, che l’ha sempre difeso nonostante la legge francese l’abbia condannato a 8 anni di carcere per aver abusato di due ragazze dodicenni, e che ha mantenuto con lui un legame molto forte: quando ha abbandonato il tennis professionistico, infatti, ha investito i suoi guadagni in un club di cui era socio proprio de Camaret.
Come prima domanda, vorrei giocare un po’ alle associazioni di idee. Se ti dico tennis, qual è la prima parola che ti viene in mente?
Gioco, perché il tennis è un gioco.
Sei nata a Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Quando sei rientrata in Francia?
Nel 1975, avevo quasi nove anni.
Che cosa ti ha attratto del tennis la prima volta?
Il gioco, appunto, tiravo palle contro il muro oppure giocavo con mio fratello quando eravamo in vacanza in Olanda o in Francia.
Nel 1990 vinci il tuo primo titolo WTA, a Bayonne, in finale su Anke Huber. Cosa ricordi di quel torneo e di quella finale?
Ricordo che per la prima volta c’erano i miei genitori e una buona parte della mia famiglia, mio padre infatti era di Bayonne, e ho vinto il mio primo torneo davanti a loro.
Dopo i quarti di finale al Roland Garros nel 1991 e a Wimbledon nel 1992, hai deciso di cambiare un po’ il tuo tennis, di costruire un gioco più offensivo. Perché sei arrivata a questa decisione e cosa non ti soddisfaceva del gioco che avevi fino a quel momento?
Se volevo restare ai massimi livelli, il mio tennis di difesa, di contrattacco, non mi poteva più permettere di vincere perché non ero potente dal punto di vista fisico. Così ho deciso di cambiare il mio tipo di gioco per contrastare la potenza, la forza delle mie avversarie.
All’inizio però i risultati non sono incoraggianti. Hai mai avuto qualche rimpianto per questa scelta?
Oggi non rimpiango nulla perché i risultati poi sono arrivati. Se non avessi cambiato nulla, avrei avuto una carriera più breve e non sarei mai stata tra le migliori al mondo.
Si può dire che la tua seconda carriera comincia nel 1997. Imbattuta in Fed Cup quell’anno, giochi la partita con più game nella storia della manifestazione, contro la giapponese Naoko Sawamatsu. Ti esaltava giocare per la Francia, era una motivazione in più?
Sì, ho sempre amato giocare per il mio paese, sono sempre stata fiera di rappresentare la Francia. Non è mai stato un problema trovare le motivazioni in Fed Cup.
Ci puoi raccontare le emozioni, le sensazioni, prima, durante e dopo la finale contro l’Olanda?
Prima c’era ovviamente la fierezza di essere tra le quattro selezionate. Durante, ho incoraggiato le ragazze, ho sofferto con loro. Dopo solo la felicità di aver vinto per la Francia, di aver vissuto un bell’evento di squadra.
E veniamo a un momento chiave della tua carriera: Wimbledon 1998, la tua unica finale slam in singolare. In semifinale, batti Zvereva che aveva eliminato Steffi Graf. Che ricordi della vigilia di quella finale, come hai trascorso quella giornata?
La mattina mi sono allenata a Wimbledon, poi dopo le interviste sono tornata nell’appartamento che avevo preso in affitto per vedere i quarti di finale dei Mondiali di calcio che la Francia ha vinto ai rigori contro l’Italia.
L’ingresso sul Centrale di Wimbledon per un’occasione così speciale, è magico ma può essere psicologicamente pesante. Come hai vissuto quegli attimi, il percorso nei corridoi e poi l’ingresso sul Centrale?
Bene, non sentivo lo stress. Solo quando ho messo piede sul Centrale ho realizzato che stavo davvero vivendo un momento speciale.
E veniamo alla partita. Eri la prima francese in finale a Wimbledon dal 1925 e in quel momento la giocatrice con la più bassa classifica a giocarsi il titolo. Ma nel secondo set riesci a rimontare da 3-5 a 6-5: hai cominciato a credere di poterla vincere?
Purtroppo non ho giocato quella finale per vincerla, all’epoca non avevo abbastanza esperienza a quel livello.
Questa settimana, il circuito femminile fa tappa a Mosca, torneo che hai conquistato nel 1999 diventando la terza campionessa più “agée” nell’albo d’oro del Premier dopo Chris Evert e Martina Navrátilova. Un esempio di longevità davvero notevole, soprattutto se si considera che l’anno successivo batti Serena Williams e raggiungi il best ranking di numero 3 del mondo. Nella tua carriera, cosa consideravi più importante, la classifica o il numero di titoli vinti?
Della mia carriera, conserverei di più la longevità, i miei 17 anni sul circuito, poi i titoli e la classifica vengono di conseguenza.
Se fosse possibile tornare indietro nel tempo, quale partita vorresti giocare di nuovo?
La finale a Wimbledon.
Al contrario, potendo scegliere una partita ideale da giocare, contro qualunque avversaria di qualsiasi epoca su qualunque superficie, contro chi giocheresti e perché?
A Wimbledon contro Steffi Graf perché è una giocatrice che mi piaceva moltissimo e penso che avrei potuto batterla sull’erba!
Passando infine al tuo ruolo attuale di coach, hai seguito Eugenie Bouchard e segui Alexandra Wozniak. Quali sono le differenze di organizzazione tra la federazione francese e canadese?
In Canada ti lasciano lavorare, ti danno fiducia, ovviamente ci vogliono i risultati ma mi piace questa mentalità. In Francia c’è troppa politica (le è stato chiesto di dimettersi dal comitato direttivo della federazione dopo la sua testimonianza al processo de Camaret, ma ha rifiutato, NdI).
Un paio di domande per concludere: quali giocatrici possono rappresentare il futuro del tennis francese e mondiale?
Ci sono Cornet, che è ancora giovane ed è 20ma al mondo, Caroline Garcia e Christina Mladenovic.
Infine: descriviti in tre aggettivi.
Perseverante, pragmatica, seria.
Grazie, e buon compleanno!
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