di Andrea Martina
“Con la coda dell’occhio colgo un piccolo movimento. Mi volto e vedo Baghdatis che allunga una mano verso di me. Il suo viso dice: siamo stati noi. Allungo la mano anch’io a prendere la sua, e rimaniamo così, tenendoci per mano, a guardare la sintesi della nostra nobile lotta”. Queste parole le ha dette Andre Agassi tra le prime pagine della sua bellissima autobiografia Open. Che ci fa Marcos Baghdatis sul lettino accanto a quello di Andre Agassi negli spogliatoi dello US Open? Andiamo per ordine.
Per raccontare la storia di Baghdatis agli Australian Open 2006 non basta passare dai risultati che lo hanno condotto dal primo turno con Gimelstob fino alla sorprendente finale contro Roger Federer. L’orologio potrebbe andare indietro fino al 1998, anno in cui il 13enne Baghdatis aveva deciso di abbandonare la piccola isola di Cipro per crescere nella tennisticamente evoluta Francia e qui diventare un giocatore professionista. Fino a quella data l’unico cipriota che si era affacciato al tennis internazionale era stato Alkis Papamichael, che nel Maggio dell’ ’86 raggiunse la sua massima posizione: 755 del mondo. Sembrava scontato, per il piccolo Baghdatis, che la gloria non si sarebbe potuta raccogliere rimanendo nei confini dell’isola.
Nonostante questo le fortune di Baghdatis arrivarono proprio da un altro posto circondato dal mare, ma un po’ più grande: l’Australia. Nel 2003 vince il torneo junior degli Australian Open e tre anni più tardi si ritrova nella Rod Laver Arena a giocarsi il titolo dei “grandi” in finale con Roger Federer.
In quel Gennaio del 2006 Baghdatis non aveva ancora compiuto 21 anni e arrivava nel tabellone degli Australian Open da numero 54 del mondo e con la curiosità tipica di chi ha fatto molto bene da junior e fatica a fare il salto di qualità tra i professionisti. Nella prima settimana di torneo le insidie ci sono, infatti nel match di primo turno contro lo statunitense Gimelstob vince senza concedere un set ma fatica molto nei primi due (7/6 7/5 6/0) e due giorni dopo, contro Stepanek, potrebbe già presentarsi l’occasione buona per uscire dal torneo. Il tennista ceco ha un gioco ostico per tutti ed arriva al torneo da numero 20 del mondo, i suoi cambi di ritmo e gli attacchi continui possono essere un problema per un Baghdatis ancora troppo legato alla zona di fondo campo. L’incontro arriva al quinto set e rimane in bilico fino al 5/5 fin quando un doppio fallo di Stepanek e due ottime risposte di Baghdatis portano il risultato sul 7/5.
Al terzo turno Gremelmayr viene liquidato con un 6/2 6/1 6/2 e il cipriota si ritrova agli ottavi di finale di un major entrando definitivamente nella storia di Cipro: il suo prossimo avversario sarà Andy Roddick, numero 3 del mondo, e le emittenti nazionali iniziano a fare le capriole per assicurarsi la diretta. Anche dalla vicina Grecia inizia a salire la febbre per questo giovane personaggio che alterna risposte fulminanti a recuperi e anticipi eccezionali.
Con Roddick si capisce subito che si giocherà sui turni di servizio dell’americano, infatti la risposta di Baghdatis è la vera chiave di lettura dell’incontro: l’unico modo per far punto è fare aces. Roddick, che era tra i favoriti per vincere il torneo, viene letteralmente ingabbiato in questa trappola e perde in quattro set.
Baghdatis sembra giocare i suoi match con tranquillità, come se fossero degli allenamenti. Tutto gli viene facile e il pubblico australiano, orfano di propri rappresentati sia nel torneo maschile che in quello femminile, decide nei quarti di finale di adottarlo definitivamente.
Contro Ljubicic è ancora una volta match-maratona che si chiude per 6/4 6/2 4/6 3/6 6/3 in favore di Baghdatis.
Arrivati alle semifinali crescono le sue quote per la vittoria del torneo, qualcuno azzarda addirittura nel vedere in lui quello che è stato il giovane Agassi e nel frattempo dall’altra parte della rete arriva il numero 4 David Nalbandian, che solo due mesi prima aveva vinto la Master Cup di fine anno battendo Federer in finale. I primi due set finiscono 6/3 7/5 in favore dell’argentino e l’impressione è che il sogno di Baghdatis si fermerà a questa splendida semifinale. Ma, come accade spesso a Nalbandian, arriva un passaggio a vuoto e il cipriota ne approfitta pareggiando i conti con un 6/3 6/4, si va al quinto set con 3 ore di gioco e 5 match sulle gambe. Nalbandian si porta avanti prima sul 2/0 e poi sul 4/3, ma Baghdatis riesce a tenere il servizio e piazza un decisivo break andando a servire per il match sul 5/4.
Siamo 15/15 e viene giù un diluvio. Il match viene sospeso, il tetto del centrale chiuso e i tennisti si avviano negli spogliatoi. Alla ripresa Marcos Baghdatis piazza un servizio vincente al suo secondo match point e si ritrova in finale.
È il momento sportivo più alto di tutto un paese se pensiamo che la prima medaglia olimpica arriverà a Londra 2012 grazie al velista Pavlos Kontides e la soddisfazione più grande negli sport a squadre sarà regalata dall’Apoel Nicosia con i quarti di finale della Champions League 2010/11. Le piazze di Cipro, una nazione con lo stesso numero di abitanti di Torino, si riempiono di maxi-schermi per quello che sarà l’evento del secolo: la finale con Federer.
Nell’ultimo atto di questa meravigliosa storia, in realtà, non c’è molto da dire: il nostro protagonista ha provato a resistere solo nei primi due set per poi arrendersi alla valanga di vincenti del “Re” e ad una condizione atletica abbondantemente in riserva.
Resta un capolavoro che dal Gennaio australiano si è esteso per tutto il 2006 con la semifinale a Wimbledon, il suo best ranking di n°8 del mondo ad Agosto e anche essere stato l’ultimo tennista battuto da Agassi. Una sconfitta che si è trasformata in una vittoria, dato che Baghdatis è ora uno dei non-protagonisti più famosi della letteratura sportiva.
Dopo quell’anno la parabola di Baghdatis è precipitata vertiginosamente: pochi lampi, diversi infortuni e tante sconfitte, fino alla sua retrocessione nel limbo dei challenger. La fotografia che potrebbe raccontare il suo declino viene, ancora una volta, dall’Australia: nel corso di un match contro Wawrinka, al cambio campo si siede sulla sua panchina e inizia a sfasciare quattro delle sue racchette tra i fischi e il divertimento del pubblico.
Il suo pubblico, che solo qualche anno fa lo salutava con una standing ovation.
Che ci fa Marcos Baghdatis sul lettino accanto a quello di Andre Agassi negli spogliatoi dello US Open? Erano i crampi di una lotta lunghissima ed eccezionale che è durata per tutto quel fantastico 2006.
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