La paziente crescita di Kamil Majchrzak

Kamil Majchrzak
Di Salvatore Greco

Il buon Paolo Silvestri che l’ha incontrato a Siviglia lo descrive come un ragazzo genuinamente educato, mai polemico in campo, non timido ma nemmeno spaccone. E chissà se non sarà proprio questo suo carattere mite e riflessivo a permettere al giovane Kamil Majchrzak, promettente tennista polacco classe 1996, di farsi strada in un circuito apparentemente preda dei giovani tanto talentuosi quanto collerici, senza andar lontano tipi come Nick Kyrgios o il giovanissimo russo Andrej Rublëv.

Di Majchrzak avevo già tracciato un breve profilo poco più di un anno fa, in occasione di un momento molto positivo per il giovane polacco che si era aggiudicato la medaglia d’oro in singolare ai giochi olimpici giovanili del 2014 superando in finale il brasiliano Orlando Luz e poi non aveva affatto sfigurato al Challenger di Stettino dove, forte di una wild card, si era spinto fino ai quarti di finale dove aveva trovato di fronte a sé un ostacolo di valore come il tedesco di origini giamaicane Dustin Brown.

Oggi, a poco più di un anno di distanza, grazie alle dichiarazioni del giocatore stesso –che ringrazio- è opportuno il bilancio di una stagione di crescita lenta, costante, con alcuni acuti e altrettante difficoltà per raccontare una classe ’96 che non è fatta solo dai Chung e dai Coric.

Innanzitutto grazie della disponibilità. Hai giocato molto bene nelle ultime settimane, a partire dal Challenger di Siviglia dove hai ottenuto la semifinale dopo aver battuto un top-100 come Albert Montanes per arrivare a quello di Mohammedia dove, partendo dalle qualificazioni, hai vinto contro un altro top-100 –l’azzurro Cecchinato- e hai sfiorato il tuo primo titolo Challenger in carriera prima di perdere in finale da Carballes Baena. Come ti senti? Pensi di poter giocare con continuità a questo livello ormai?

È indubbiamente un buon momento per me, mi sento bene e tra Siviglia e Mohammedia ho espresso il mio gioco al meglio. In particolare in Marocco contro Cecchinato e Carreno Busta sento di aver fatto un passo importante, di aver raggiunto ormai definitivamente il livello da torneo Challenger. Se continua così punto presto a giocare più spesso le qualificazioni per tornei ATP.

La domanda è inevitabile, i tuoi quattro tornei Futures vinti tra il 2014 e il 2015 li hai giocati sulla terra e così anche i Challenger di Siviglia e Mohammedia. Si può dire che la terra è la tua superficie preferita? A molti potrebbe sembrare una cosa curiosa che un ragazzo dell’Europa centrale giochi così bene sul rosso, di solito i tennisti più forti sul lento vengono dal mediterraneo o dall’America del Sud…

In realtà il motivo è piuttosto banale, nella mia città –Piotrków Trybunalski- non ci sono che campi in terra battuta così praticamente mi sono sempre allenato lì e ho sviluppato una certa confidenza con questa superficie, posso dire di trovarmici molto bene e cercherò di costruirmi un buon ranking soprattutto giocando sul lento. Anche se curiosamente i miei maggiori successi da junior li ho conquistati sul veloce. Non so bene come mai, di sicuro fra un po’ di tempo dovrò riprendere anche con i campi in cemento.

Visto che hai nominato la tua città mi permetto di chiederti qualcosa sullo stato del tennis in generale in Polonia. È facile iniziare a giocare o anche semplicemente ad appassionarsi a questo sport? E quanto è seguito dalla gente? A me sembra molto curioso che non arrivi nessuno stimolo dai grandi successi di un Paese così vicino a voi come la Repubblica Ceca.

In Polonia il tennis non è ancora uno sport molto popolare, mancano le strutture, i tornei importanti e altre cose. Da questo punto di vista i successi di Jerzy Janowicz e Agnieszka Radwańska aiutano molto e anche la promozione del nostro Paese nel World Group di coppa Davis rappresenterà una chance importante da sfruttare per far crescere il movimento. Quello che è certo è che per adesso sono davvero in pochi a giocare a tennis, pochissimi a livello ATP, spero di contribuire anche io con il mio gioco a far crescere la popolarità del nostro sport.

A proposito della promozione della Polonia nel World Group di Davis, quest’anno hai anche esordito in nazionale. Che tipo di sensazione è stata? Avevi già giocato per i colori della tua nazione da under-18, ad esempio alle Olimpiadi giovanili, ma immagino che la Davis sia completamente diversa come esperienza. Cosa ne pensi?

Ho giocato per il mio Paese in varie occasioni durante i miei anni da junior e sicuramente non potevo chiudere la mia carriera giovanile in modo migliore che non con la medaglia d’oro olimpica. Ho sempre ritenuto un grande onore poter giocare per la Polonia. Però è vero, la Davis è tutta un’altra cosa: senti di essere in un mondo di grande tennis e la pressione è altissima, sono veramente felice di far parte della squadra. Spero di poter vincere presto anche qualche match.

Al netto del debutto in Davis e dei recenti risultati non è stata una stagione facilissima per te, anche per colpa di alcuni infortuni di troppo. Te la senti di tirare le somme? E che obiettivi hai in mente da qui alla fine del 2015?

Non è stata una stagione semplice, è vero, sia per gli infortuni che per gli esami di maturità che mi hanno rallentato. È difficile parlare di obiettivi adesso, di sicuro punto a salire nel ranking più che posso nel tempo che sarà necessario. Il resto verrà da sé, per ora sono contento di riuscire a giocare nel modo che sento più mio.

Parlando appunto del tuo gioco, come lo definiresti? Mi sembra di poter dire che il rovescio sia il tuo colpo più naturale e la risposta è una preziosa freccia del tuo arco. Tu che ne pensi?

Credo semplicemente che il mio punto di forza sia la mia versatilità. Amo il tennis vario e probabilmente le mie qualità migliori sono la velocità e la resistenza.

Probabilmente è anche per queste tue doti che molti addetti ai lavori, dovendo scegliere un giocatore di altissimo livello a cui paragonarti, pensano a Djokovic. Ti ispiri a lui nell’elaborare il tuo tennis? O sono altri i tuoi modelli?

Mi piacerebbe che il mio gioco somigliasse al suo (ride). Di certo apprezzo molto il suo stile di gioco, ma mi manca moltissimo per potere esprimere qualcosa di simile. Stimo molto anche David Ferrer e altri tennisti, ma preferisco pensare al mio tennis, non sarò mai la copia conforme di qualcun altro. Dopotutto ho anche le mie peculiarità.

L’ultima domanda che vorrei farti è sul doppio, specialità che ti riesce decisamente bene. Nel circuito juniores in doppio hai vinto un’edizione del Trofeo Bonfiglio e anche lo US Open del 2013 e a Siviglia in coppia con Marco Bortolotti hai raggiunto la finale. Visto che molti giocatori che puntano in alto a un certo punto abbandonano il doppio vorrei chiederti cosa ne pensi: intendi continuare a giocarlo anche ad alti livelli o lo userai solo come allenamento o possibilità di riserva?

Tengo di più ai successi in singolare, ma mi piace molto il doppio. Non so se continuerò a giocarlo per tutta la carriera, ma finché lo farò darò sempre il 100 %.

 
 
 
 
 

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