di Luca Fiorino (@LucaFiorino24)
Una maturità fuori dal comune per un ragazzo di appena 16 anni. D’altronde è un Berrettini, e la cosa non sorprende. Protagonista nelle prime due giornate di Serie A1 con il Circolo Canottieri Aniene sia in singolare che in doppio, Jacopo Berrettini si è raccontato ai “microfoni” di Spazio Tennis spaziando fra temi più disparati: dalla recente vittoria in campionato agli inizi con la racchetta tra le mani, sino al rapporto col fratello Matteo e gli obiettivi futuri. Testa bassa e pedalare, da quelle parti sanno bene quale sia la ricetta vincente per sfornare futuri giocatori professionisti.
Sei stato protagonista indiscusso con il Circolo Canottieri Aniene negli ultimi due weekend. È un grande momento di forma per te…
Avevo molta voglia di giocare in Serie A1. Gli anni scorsi, soprattutto gli ultimi due anni, ero in squadra ma ho giocato giusto un match di doppio. Non vedevo l’ora che si presentasse l’occasione per sfruttarla al massimo e credo di esserci riuscito. Quando mi alleno ora sento ancora maggiore fiducia dopo questi risultati e questo non può che spingermi a far bene soprattutto sotto il profilo delle prestazioni.
Pensi che l’esperienza in Serie A1 possa servirti per crescere e maturare in futuro per palcoscenici ancora più importanti? Anche allenarsi con con gente esperta ti può essere utile… Da chi pensi di poter apprendere qualcosa in più?
La Serie A è un bel trampolino di lancio, ho l’esempio in casa con mio fratello d’altronde. Ho la fortuna di giocare con lui ma anche con giocatori di maggiore esperienza e di livello internazionale che mi aiutano nel percorso di crescita. Una magnifica esperienza non solo quando gioco ma anche fuori dal campo, vedere come si allenano e ascoltare i loro consigli è una grande fonte d’ispirazione per me. Tra i miei compagni di squadra ammiro molto Flavio Cipolla. Ha un’intelligenza e una forza mentale fuori dal comune, qualità che non riscontro spesso in tanti altri tennisti. Sono risorse preziose quelle di Flavio che prescindono dalla tecnica. Poi ovviamente mi affascina molto tennisticamente Simone Bolelli, un talento puro con delle doti naturali.
Quali obiettivi vi siete posti quest’anno per la Serie A1?
Non tutti i giocatori erano disponibili per via dei tornei in Asia o comunque in giro per l’Europa. Non a caso abbiamo giocato in queste prime due partite con una formazione un po’ atipica. L’obiettivo principale è quello di passare il girone e poi vediamo cosa succede. La testa è già al prossimo incontro col Bassano e chi gioca gioca sappiamo che darà tutto, cerchiamo di essere sempre sul pezzo. Questa è la forza e la caratteristica principale che ci ha permesso anche di vincere il titolo lo scorso anno. Sono contento poi che il circolo stia puntando molto sui giovani a differenza del recente passato e credo che stiamo ripagando al meglio la fiducia che ci stanno dando.
Torniamo indietro nel tempo e parliamo un po’ dei tuoi inizi con lo sport del diavolo. Come nasce questa passione?
Ho iniziato molto presto, a soli 5 anni avevo già la racchetta in mano. Presso il circolo Magistrati Corte dei Conti ogni weekend ero a fare sport, se non era tennis giocavo a calcetto. Ho trovato dei maestri molto bravi che mi hanno fatto appassionare molto al tennis, ero così preso che mi fermavo a vedere le partite degli altri. Sono rimasto lì sino ai 12 anni, età in cui poi mi sono trasferito assieme a mio fratello all’Aniene.
Hai un fratello di due anni e mezzo più grande che sta iniziando ad affacciarsi al mondo professionistico con buoni risultati. Che rapporto hai con lui? Parlate spesso di tennis? Hai timore di crescere sotto la sua ombra?
Ho un rapporto molto buono con Matteo, anche se non nascondo che quando eravamo un po’ più piccolini litigavamo spesso, ma penso sia piuttosto normale tra fratelli bisticciare ogni tanto a quell’età. Oggi da fratello maggiore mi dà spesso consigli, come ad esempio gestire la pressione prima e durante i match e anche io nel mio piccolo cerco d’aiutarlo. Se lui va avanti e gioca bene non può che farmi piacere e mi spinge in un certo qual modo a migliorarmi. Mi sento proprio io interiormente meglio e felice, è una sensazione difficile da spiegare. Quando è a Roma giochiamo spesso contro e devo ammettere che è tosta, però è un motivo in più per giocare con gente più forte e dare anche in allenamento sempre il massimo, anche perché diversamente fai fatica a reggere il ritmo.
E caratterialmente? Siete diversi o vi assomigliate? Lui è uno dei giovani italiani con maggior testa…
Sì, siamo un po’ diversi caratterialmente. Rispetto a mio fratello forse sono un po’ più “rosicone”, lui in allenamento digerisce meglio eventuali sconfitte. A parte questo aspetto caratterialmente più o meno siamo lì. Il mental coach mi sta aiutando molto sul pensare in campo, sembrano cose banali ma credo siano fondamentali poi per l’avvenire. Quest’anno sto lavorando molto sull’atteggiamento con Vincenzo Santopadre, Stefano Cobolli e Alberto Lommi. Passare oltre l’errore, è giusto farselo pesare ma non in maniera negativa, deve essere d’insegnamento e da monito per i punti successivi. Devo ammettere che piano piano sto apprendendo ed immagazzinando questo meccanismo.
Potresti descrivere il tuo modo di giocare?
Baso molto il mio gioco sul rovescio, il mio colpo migliore, in spinta su quello dell’avversario che spesso risulta, al contrario, il fondamentale più debole. Con il diritto provo a muovere e cambiare traiettorie, anche se ammetto che non è allo stesso livello di quello di Matteo seppur lo stia migliorando molto. Provo molto a variare il ritmo all’avversario, giocare qualche palla corta ed a presentarmi a rete per mettere sempre più pressione.
Come giudichi quest’annata? Tracciando un bilancio di questa stagione pensi di avere qualche rammarico?
Rammarico vero e proprio no, forse un po’ all’inizio dell’anno non ho giocato benissimo ma era comunque i primi tornei in cui andavo in giro da solo e non ero del tutto abituato. Da aprile in poi ho iniziato ad ingranare, ho fatto molte partite e, anche se perse, ho accumulato esperienza, che era uno degli aspetti poi più importanti per me. Il bilancio dunque è tutto sommato positivo.
Obiettivi per il futuro immediato?
I miei obiettivi futuri sono piuttosto chiari. Innanzitutto continuare a lavorare in questo modo e sodo, anche perché sto sentendo che giorno dopo giorno miglioro un po’ in tutto, non solo tecnicamente e tatticamente ma anche mentalmente. Dopodiché lavorerò molto sul fisico poiché mi sono reso conto di essere un pochino indietro rispetto altri miei coetanei ed è per questo che inizierò a caricare maggiormente. Non solo. Lavorerò sui miei colpi meno buoni che sono il servizio ed il diritto. Obiettivi di classifica non ce li siamo dati e non ce li daremo, a questa età conta migliorarsi sotto l’aspetto del gioco, poi se uno è bravo i risultati e i numeri arrivano di conseguenza. È una filosofia che condivido e che ci hanno inculcato Vincenzo, Stefano ed Alberto. Non bisogna avere fretta di fare il grosso balzo, è anche per questo motivo se a differenza di tanti altri ragazzi della mia età non abbia giocato tornei futures quest’anno. Io preferisco così, fare tutto con calma e poi se si deve arrivare tra i “grandi” ci si arriva anche attraverso questa strada.
Su cosa stai lavorando principalmente nel tuo team a livello tecnico?
Con il servizio di cercare di prendere sin da subito il pallino in mano del gioco senza limitarsi ad un colpo di rimessa, e la risposta. Anche sul diritto dovrò lavorare molto seppur sia migliorato notevolmente negli ultimi tempi. Cerchiamo sempre poi di applicare ciò che facciamo in allenamento anche in partita senza accusare la pressione del risultato.
Seguendo da tempo i tornei giovanili noto che spesso i genitori vogliano quasi sostituirsi ai maestri. Anche tu hai avuto questa impressione in passato? Tu da questo punto di vista sei stato un ragazzo fortunato…
Girando per varie manifestazioni ho avvertito la stessa sensazione, soprattutto dai genitori dei ragazzi dell’est. Una pressione esagerata per tornei qualsiasi, io per fortuna ho dei genitori fantastici e mi ritengo avvantaggiato. Sono tranquillissimi, ci tengono ma non interferiscono più di tanto, riprendendoci solo quando c’è realmente bisogno senza metterci troppe pressioni addosso. Il tennis va vissuto così, tanto poi ci pensano i maestri, diversamente sarebbero i genitori ad allenare i propri figli. Ho notato come spesso vogliano in qualche maniera sostituirsi al maestro e questo è controproducente per il ragazzo che viene solamente penalizzato da questo tipo di atteggiamento. Capisco che sono genitori e vogliano il bene del proprio figlio ma rischiano poi di ottenere l’effetto opposto. Questa è la mia linea di pensiero ma ognuno è libero di pensare come vuole…
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