di Michele Galoppini (@MikGaloppini)
Sono passati quattro giorni ed in tanti ancora si chiedono se il miracolo sportivo a cui abbiamo assistito sabato sera scorso sia realmente successo ed abbia effettivamente scritto un’indimenticabile fiaba del nostro sport e dello sport italiano. Allo stato attuale del tennis azzurro, nessuno si sarebbe potuto immaginare un’italiana all’ultimo turno di un torneo Slam, sul cemento, figuriamoci addirittura due, entrambe quotate con numeri tali da poter mandare in bancarotta i bookmaker di mezzo mondo.
Riducendo all’osso la questione, Flavia Pennetta ha effettivamente alzato al cielo il trofeo dello Us Open, battendo in una bellissima finale l’amica ed avversaria Roberta Vinci. È stata un’incredibile cavalcata verso l’atto finale, per entrambe, ma di diversissimo tipo. Quasi vien da dire semplice quella di Roberta Vinci, che nei primi cinque turni ha sfruttato il ritiro di una sfortunata Bouchard (caduta negli spogliatoi, ma comunque nettamente sconfitta una settimana prima dalla tarantina) e ha battuto, sempre faticando, Vania King, Denisa Allertova, Mariana Duque-Marino e Kristina Mladenovic, prima però di compiere il vero miracolo del torneo. L’azzurra, come sappiamo, ha sconfitto in rimonta Serena Williams, negandole il Calendar Grand Slam, che manca da ben 27 anni, quando la statunitense era a due passi relativamente semplici dal vincerlo. Lo ha fatto davanti al suo pubblico, nel torneo preferito della Williams, sulla superficie preferita della Williams, dopo averci perso nei quattro precedenti, tagliandole le gambe ed il ritmo, praticamente ridendole in faccia e distruggendola psicologicamente nel momento decisivo. È stato definito dai maggiori esperti e giornalisti l’upset più imprevedibile e sconvolgente della storia del tennis.
Ma il miracolo tarantino non è certo meno storico della fiaba brindisina. Flavia Pennetta è invece arrivata in finale dopo un tabellone abbastanza ostico e ricco di insidie. Il terzo set è servito già al primo turno contro la picchiatrice Gajdosova, e poi di nuovo al terzo turno contro un’ispiratissima e fortissima Cetkovska, che aveva vinto il primo set addirittura 6-1 senza lasciar giocare l’azzurra. Dopo aver battuto la sua vittima preferita, Samantha Stosur, la Pennetta ha dovuto nuovamente vincere in rimonta contro Petra Kvitova, che era avanti 6-4 3-1 e poi, con il match migliore sotto l’aspetto tennistico del suo torneo, ha spazzato via con un tennis solidissimo e altamente aggressivo la numero 2 del mondo, Simona Halep.
Le due azzurre, le due pugliesi, le due amiche d’infanzia che si sfidavano all’età di nove anni e anche nel 1999 si erano concesse il lusso di vincere il doppio al Roland Garros Junior, due tra le più grandi tenniste azzurre di sempre hanno così già assicurato all’Italia il secondo titolo Slam del tennis femminile, battendo nello stesso pomeriggio la numero 1 e la numero 2 del ranking e guadagnandosi l’accesso ad una delle meno probabili finali Slam della storia del tennis.
Una finale tutta italiana ha avuto certamente un grandissimo valore per il tennis del Belpaese, ancora di più se si pensa che l’Italia è solo la quinta nazione a riuscire a raggiungere questo traguardo. In passato, solo Stati Uniti, Australia, Russia e Belgio hanno eguagliato questa impresa. L’Italia, peraltro, a differenza dei citati paesi, non ha un bacino di giocatrici nemmeno paragonabile a quello che storicamente hanno sempre avuto Stati Uniti e Russia, e rispetto a tutte e quattro le nazioni citate non hanno mai avuto giocatrici al top che potessero probabilisticamente parlando raggiungere entrambe una finale Slam.
Inoltre, se questa è stata la prima finale tutta italiana a livello Slam, i record infranti da Flavia Pennetta e Roberta Vinci sono molti di più (ne vengono elencati solo alcuni):
– per la prima volta Roberta Vinci ha raggiunto almeno una semifinale Slam;
– per la prima volta Flavia Pennetta ha raggiunto almeno una finale Slam;
– per la prima volta due azzurre erano contemporaneamente in una semifinale Slam;
– per la prima volta un rappresentante italiano ha giocato la finale agli Us Open;
– per la prima volta numero 1 e numero 2 del mondo sono state battute da due italiane nello stesso giorno;
– Flavia Pennetta ha vinto il suo primo Slam dopo 49 tentativi; il record era di Marion Bartoli, dopo 47;
– Flavia Pennetta e Roberta Vinci sono le più vecchie finaliste per la prima volta in uno Slam, a 33 anni e mezzo e 32 anni e mezzo rispettivamente;
– Flavia Pennetta è anche la più vecchia vincitrice per la prima volta in uno Slam;
– la finale azzurra è stata la più vecchia finale Slam della storia, con un totale di 66 anni in campo;
– Flavia Pennetta è la più vecchia vincitrice Slam dopo solo Serena Williams e Martina Navratilova;
– Flavia Pennetta è l’unica, assieme a Kim Clijsters che vinse senza ranking, ad aver vinto gli Us Open partendo da una classifica peggiore della top10;
– la somma dei ranking di Flavia Pennetta e Roberta Vinci è tra le più alte in assoluto per una finale a livello Slam.
Quello che poi è successo nella finale è stato raccontato, ma quello che i tifosi italiani e non e gli addetti ai lavori ricorderanno con maggior piacere è stato tutto ciò che è accaduto da quel “Game, set and match, Pennetta” esclamato dalla Cicak.
Il lungo amichevole abbraccio a rete è stato solo l’inizio di una mezz’ora ricca di emozioni, di sorrisi e di commozione. Flavia e Roberta, in attesa della premiazione, si siedono una accanto all’altra come se avessero appena vinto il doppio assieme; ridono, scherzano e si abbracciano e scioccano tutto il pubblico ed i media statunitensi, inconsci della loro grandissima amicizia e stima. La cerimonia è poi caratterizzata da una battuta dietro l’altra, con Roberta altrettanto protagonista nonostante la sconfitta; e sarà difficile dimenticare la tarantina che scherzosamente cerca prima di rubare il trofeo e poi il pesantissimo assegno di Flavia. Ancor più difficile da dimenticare sarà però l’annuncio con cui la Pennetta ha voluto chiudere la sua serata: annunciando il ritiro, sorprendendo perfino allenatore e fidanzato, ha chiuso la sua carriera con il massimo stile. Non mi sorprenderà vedere, tra un paio d’anni, un film dedicato alle due pugliesi, partendo dall’amicizia d’infanzia, dalle peripezie della carriera, fino ad arrivare a questo Us Open.
Pennetta e Vinci hanno avuto la capacità di far dimenticare molto preso al pubblico l’eliminazione di Serena Williams. Roberta era stata in grado di conquistare tutti con un’intervista post match capace di mettere in ombra quella di Li Na agli Australian Open del 2014. Il suo sorriso, le sue battute, il suo scusarsi per aver posto fine al sogno di tutti gli americani di vedere la loro numero 1 raggiungere l’impossibile traguardo, il suo inglese ottimo nei contenuti ma piacevolmente maccheronico nell’accento hanno portato l’Arthur Ashe a tifarla e sostenerla come se fosse lei la giocatrice a stelle e strisce. Poi, come detto, Flavia Pennetta ed il suo amore per New York non avevano nemmeno bisogno di grandi sorprese per ottenere tutto l’appoggio americano. È stato per questo che anche in finale, monca delle protagoniste annunciate, i tifosi hanno risposto con massiccia presenza ed assordante tifo.
Ma oltre al pubblico, anche i media di tutto il mondo si sono subito scatenati, partendo da Twitter fino a siti internet, giornali e telegiornali. Negli Stati Uniti, dove la storia personale di uno sportivo è forse più importante dei suoi risultati, il fatto che Roberta Vinci e Flavia Pennetta fossero amiche da tanto tempo ed il fatto che Flavia abbia annunciato il ritiro sono stati perfetti ingredienti per riempire pagine di giornali e minuti di programmi televisivi; in Italia invece, dove il tennis e tutti gli sport “minori” vengono soffocati dalla prepotenza del calcio e dei motori, Pennetta e Vinci si sono fatte spazio in quasi tutte le prime pagine dei quotidiani sportivi, in buona parte dei quotidiani generalisti e sono state protagoniste perfino dei telegiornali, che aprivano ogni edizione con le immagini delle gesta delle due azzurre, dando loro precedenza rispetto all’attualità, alla politica ed al calcio come mai succede.
I risultati delle semifinali hanno scatenato tanto clamore da convincere un piccolo canale televisivo come Deejay TV a mandare in onda, in chiaro, la finale del giorno dopo, per permettere a tutti di godersi lo spettacolo e tifare le proprie beniamine.
Anche Twitter si è schierato in massa dalla parte della finale tutta azzurra. Vinci e Pennetta erano tra i trend a livello mondiale, fan e giornalisti hanno apprezzato non solo le gesta ed il buon tennis sul campo, ma anche lo spettacolo e l’alta qualità delle due giocatrici al di fuori del campo. Inoltre, forse mai come in passato, tenniste e tennisti, in massa, si sono lasciati andare pubblicamente a tantissimi complimenti, in primis per Flavia Pennetta, per il suo tennis e per il suo discorso, ma anche per Roberta Vinci, la sua simpatia ed il suo tennis altamente tecnico.
L’impatto che questo risultato nostrano ha avuto sul mondo del tennis e la portata storica per il tennis italiano non si esauriranno di certo questa settimana. L’auspicio primo, a livello locale, è che il tennis, così come gli altri sport tacciati di poca importanza, possano finalmente acquisire lo spazio che si meritano a scapito del troppo tempo dedicato ad un singolo sport. Allo stesso modo, il secondo auspicio è che Pennetta e Vinci ispirino un’altra volta, come era successo in passato, un nuovo movimento che possa rafforzare il tennis italiano e rilasciare nel prossimo futuro tanti nuovi campioni, che tanto sono necessari al movimento italiano.
A livello più generale invece, Roberta Vinci su tutte ha dimostrato alle sue colleghe che Serena Williams non è imbattibile, nemmeno quando è ad un passo da uno storico traguardo. Ha dimostrato che esistono delle tattiche per smantellarla, che non bisogna lasciarsi intimorire e disciogliersi di fronte alle intimidazioni che provengono dai suoi atteggiamenti e dai suoi urli. Ancor di più ha dimostrato che il tennis non deve e non può essere il tennis che quasi tutte le nuove leve stanno portando avanti: picchiare, picchiare e picchiare ancora più forte se picchiare non funziona. Usare la testa, usare la tecnica, usare un tocco raffinato, affidarsi alle variazioni di ritmo, scendere a rete per tagliare le gambe alle proprie avversarie, provare palle corte e lob sono tutti ingredienti che non possono essere dimenticati; sono ingredienti che rendono il nostro sport ancora più bello e divertente e che permettono, se usati bene, anche di arrivare molto in alto.
Infine, assieme, Pennetta e Vinci hanno dimostrato che lottare col coltello tra i denti, non lasciarsi abbattere dalle difficoltà, tecniche, tattiche e fisiche, impegnarsi allo strenuo per migliorare, evolvere ed adattarsi a tutte le superfici sono tutte chiavi che portano alla vittoria, che prima o poi, non importa se a 20, 30 o 40 anni, ti permetteranno di raggiungere il tetto del mondo e, perché no, di alzare uno dei trofei più importanti dopo aver sfiorato la fine sportiva con un dito.
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