(Claudio Grassi – Foto Nizegorodcew)
di Marta Polidori
Claudio Grassi, tennista del 1985, dà l’idea di un uomo concreto, risoluto, e nella cui scala di colore dal bianco al nero, vi sono, appunto, solamente il bianco ed il nero, i mezzitoni scompaiono.
Ho avuto il piacere di conoscerlo ‘’fuori dal set’’, e devo dire che, sebbene alle volte risulti tranciante ad una ragazza di diciotto anni come me, ha la capacità di mantenerti coi piedi ben ancorati al terreno. Non è cattivo, direi piuttosto l’esatto contrario: a me, che sono una piattaforma di atterraggio per sogni, ha dato la misura di quanto si debba sognare e di quanto, piuttosto, sia importante guardare in faccia la realtà ed i fatti. Ma ora vediamo cos’ha da raccontarci…
Su cosa stai lavorando in questo periodo?
“Ho lavorato su piccolezze da novembre, che mi hanno cambiato notevolmente il gioco, andando a toccare colpi che per me sono ed erano fondamentali, ma che con l’aiuto del mio allenatore sono diventati ancora più importanti.”
E con chi e dove ti alleni?
“Mi alleno a Foligno, con Fabio Gorietti e come preparatore atletico Gianfranco Palini.”
Ho notato anche il doppio, ma lo preferisci al singolo?
“Priorità sempre al singolo (classifica 312 Atp; ndr), ma non disdegno il doppio, perché ho una classifica alta (numero 235; ndr) e mi può aiutare in futuro ad entrare in tornei più grossi.”
Hai conquistato il cuore di tanti spettatori con questo tuo cambiare mano…
“Cambiare mano è una cosa particolare, ma non mi manda in confusione nel gioco, mi hanno studiato vari allenatori, tra cui Alberto Castellani, per aiutarmi a sviluppare le mie doti da ambidestro e per far sì che questa caratteristica possa essere punto in più per me ed uno in meno per i miei avversari.”
Cosa ne pensi della scuola tennis in Italia? Qualcosa da migliorare?
“La scuola tennis in Italia? Di certo abbiamo forti giocatori che giocano molto a livello juniores, che però poi quando si affacciano a livello professionistico fanno fatica; magari bruciare un po’ le tappe giocando meno tornei juniores e buttandosi prima in questo mondo aiuterebbe. Credo che dovrebbero aiutare anche quei giocatori che quando finiscono nella juniores e maturano verso i 22 23 anni sono al clou, dovrebbero insistere un pochino di più, aiutarli economicamente. Il tennis italiano pecca anche in questo, e molti ragazzi smettono per mancanza di fondi.”
Su quali punteresti? Hai visto qualche promessa?
“La settimana scorsa ho visto dopo un anno preciso Cecchinato e non mi stupisco del 10.000 dollari vinto in Croazia, prevedo un gran bel potenziale in questo giocatore. Eremin che ha perso contro Linzer: Edo ha fatto una bellissima partita, sbagliando dei set point sia nel primo che nel secondo set, ma essendo del ‘93 ha molti margini, senz’altro ce ne saranno altri, ma quelli che mi vengono in mente ora sono questi due.”
Che obiettivi ti sei posto quest’anno?
“Il mio obbiettivo primario è cercare di giocare nella mia carriera le quali di uno slam; ho iniziato molto bene grazie a questo staff nuovo, che crede pienamente nei miei mezzi e che mi ha fatto rendere conto del mio potenziale, ed ho iniziato bene anche il circuito sulla terra rossa, che non è la mia superificie prediletta, ma non mi lamento perchè riesco a imporre il mio gioco anche su questa superficie “lenta”.”
Da cosa distingui un buon giocatore?
“Un buon giocatore… ogni giocatore ha le sue proprie caratteristiche ed una volta che entra in campo deve cercare di fare le sue cose nel migliore dei modi, cercando di portare via all’avversario la maggior parte dei punti nel modo in cui più gli piace. Svantaggi, chi ha paura di perdere e chi di vincere, questo sport purtroppo è crudele, bisogna cercare di limare il più possibile dentro il campo le emozioni, essere il più freddo possibile nei momenti topici, è in quei momenti che si vede il vero giocatore, in difficoltà, come ne sa uscire. Queste sono piccolezze che determinano il livello di un giocatore, che possono cambiare la sua storia.”
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