di Daniele Sforza
Giorgio Portaluri, classe 1990, è uno dei tanti qualificati alle pre-qualificazioni degli Internazionali BNL d’Italia. Per il salentino è bastata la finale di Catania (persa con Antonio Campo), a cui poi si è aggiunta quella di Bari, persa con Andrea Pellegrino. Due ottimi risultati a conferma del buon momento di forma che ispirano fiducia per il prosieguo della stagione. Giorgio si è raccontato a tutto campo, dai suoi ricordi e viaggi, tra Europa e Sudamerica, fino al sogno degli Internazionali BNL d’Italia di cui, se volete scommettere e giocare, trovate le migliori quote su GazzaBet, con il Gazzabet Bonus Code.
Due finali nei due tornei di prequalificazione e due sconfitte, l’importante è però aver ottenuto il pass per le prequalificazioni degli Internazionali BNL d’Italia. Raccontami queste due settimane.
“Innanzitutto sono felice del tennis e dei risultati che sono riuscito ad ottenere, la ciliegina sulla torta è rappresentata dal fatto che da quest’anno anche il finalista si qualifica per le fasi finali a Roma. Sicuramente mi sarebbe piaciuto vincere uno di questi tornei ma, meglio perdere in finale che prima. Speriamo di arrivare a Roma con un buon numero di partite vinte e giocate in modo da fare un bel risultato anche lì.”
C’è un po’ di delusione per le due finali perse?
“Più che per la finale con Campo, condizionata dalla durata di tre giorni, ho qualche rimpianto per i campionati regionali persi con Andrea Pellegrino [nella foto assieme a Giorgio Portaluri, ndr] quando ero nel secondo set avanti per 4-1 40-15 e servizio, e il match era proiettato verso il terzo set. Terzo set non giocato perché ho avuto un clamoroso passaggio a vuoto e ho perso il set e il match per 6-4. Con Campo è stata una partita non semplice, anche perché da quest’anno ci alleniamo insieme, poi la scorsa settimana a Jesi mi sono preso la rivincita quindi diciamo che abbiamo pareggiato i conti.”
Sarà la tua prima volta a Roma per il torneo che assegnerà le wild card per il main draw?
“No, sono venuto qualche anno fa. Le condizioni di Roma sono speciali, quelle dei tornei più importanti, campi perfetti, 6 palle sempre nuove… diciamo che non trovi questo dappertutto. Io comunque ero e sono abbastanza tranquillo visto che ho già giocato spesso davanti a un gran pubblico, come successo a Maglie per la Serie A.”
Facciamo un passo indietro e raccontami di come è iniziata la tua avventura con la racchetta da tennis.
“Diciamo che gioco a tennis praticamente da sempre, mio padre si è appassionato a 30 anni e io guardandolo giocare mi sono innamorato dello sport, prendendo poi la prima lezione a 4 anni con il maestro Pasca, tuttora maestro del circolo tennis Maglie e nostro membro nel team della Serie A2.”
Quando hai capito che il tennis poteva diventare qualcosa di importante nella tua vita?
“A 15 anni mi sono trasferito a Bari, all’Angiulli, e lì ho cominciato a prendere più seriamente lo sport. Diciamo che a quest’età avevo già cominciato a mettere da parte le amicizie e tutti gli aspetti positivi dell’adolescenza, alla fine sono contento per le scelte fatte, di tutte le soddisfazioni che mi sono tolto e di come il tennis sia ancora importante per la mia vita, motivo per cui continuo a giocare. Ora faccio anche l’università e magari sto percorrendo una strada diversa, però penso di avere ancora ampi margini di miglioramento e per questo credo ancora di poter dare tanto a questo sport.”
Da juniores sei entrato nei top 100 e hai anche giocato gli Australian Open partendo dal tabellone principale, che settimana è stata quella?
“Il rimpianto degli Australian Open è non essermeli goduti al massimo visto che presi la mononucleosi e quindi tornato a casa fui costretto a restare fuori 5-6 mesi, perdendo tutti i punti guadagnati e facendo poi fatica a rientrare. Tuttavia rimane una bellissima esperienza, stare a contatto con i top player, tutta l’organizzazione, davvero bello. Poi ero anche sparring partner di tanti top 10 quindi fu una settimana molto importante per la mia crescita.”
Hai preso il tuo primo punto Atp a 17 anni, si dice spesso che il primo punto Atp non si scorda mai, ricordi ancora quel giorno?
“Sì, era Cesena e ora non ricordo se ero qualificato o wild card, però era presente anche il maestro Dell’Edera visto che mi allenavo a Bari, vinsi con Nicola Ghedin.”
In un momento della tua giovane carriera hai deciso di spostarti quasi ogni anno in Sud America, come è nata quest’idea? E poi credo che sia stato amore a prima vista con Brasile e Argentina, paesi in cui sei stato… che ricordi hai di questo paese?
“Sì, in pratica in quel periodo giocava per l’Angiulli un argentino, Juan Pablo Villar, top 300 credo, e così decidemmo (io, con Micolani o anche Garzelli) di appoggiarci a lui per le trasferte e io, in particolare, decisi di svolgere anche la preparazione in Sud America. Giocai 6 mesi tornei lì, alternando Brasile ad Argentina, e posso assicurarti che è stata un’esperienza fantastica per diverse ragioni: stare 6 mesi fuori di casa ti forma, ti fa conoscere un mondo tennistico diverso da quello europeo, con tanti pro visto che poi ora molti stanno adottando questi metodi, anche in Italia, poiché si sono inseriti in molte accademie persone sudamericane, con mentalità e metodo di lavoro diverso appunto da quello europeo.”
Negli ultimi anni in generale hai sempre cercato, nel possibile, di viaggiare giocando tornei in diverse parti dell’Europa. Pensi che queste esperienze all’estero siano fondamentali sia per un tennista che per una persona normale? Raccontaci qualche aneddoto positivo o negativo di queste esperienze.
“Io ho sempre cercato di viaggiare e di farlo nel miglior modo possibile, stando attento a tutte le spese, alla cosiddetta qualità-prezzo. È fondamentale per un tennista mangiare e riposare bene ma spesso questo comporta dei costi più elevati e capisci che se i risultati non arrivano, è difficile riuscire a non andare in perdita. Inoltre il livello rispetto a 6-7 anni fa, ma anche 10, si è alzato notevolmente e lo si può notare semplicemente dal fatto che prima un tennista con 20 punti era 700 nel ranking, ora entra a malapena nei 1000. E torniamo al discorso dell’importanza dei campionati a squadre, dei tornei Open e di questi stessi tornei di prequali con un montepremi davvero elevato che ti danno la possibilità di ottenere guadagni importanti senza fare viaggi assurdi. I viaggi sono importanti inoltre per le possibilità che ti danno, io posso dire di sapere 5 lingue e nessuna di queste l’ho mai studiata a scuola.
Di aneddoti ne avrei a migliaia… provo a sceglierne un paio. Una volta sono rimasto in taxi bloccato per 4 ore a Rio De Janeiro perché era in corso un raid in una favelas. A Santo Domingo ci hanno fatto scendere dal taxi con il mitra puntato addosso… ripeto sono cose che solo viaggiando puoi vivere e il taxi è sicuramente il luogo che vedi di più nel viaggio.”
Il più bel ricordo in carriera?
“Forse la vittoria con Bracciali, nonostante lui fosse al rientro, fu un buon match davvero e mi diede una spinta in più per continuare. Oppure la vittoria da juniores contro Dimitrov, la ricordo davvero bene. Lui mi stava scherzando e ad un certo punto per fare il figo, girò il cappellino e lì uscì tutto il mio orgoglio leccese e vinsi la partita… Quel Dimitrov divenne poi anche campione europeo quindi il suo livello era davvero elevato.”
Aiutami a creare il tennista perfetto, vediamo cosa ne esce…
“Servizio: Roddick
Dritto: Thiem
Rovescio: Wawrinka
Volée: Henman
Fisicità: Nadal
Risposta: Agassi”
Lo scorso anno ci sono state alcune polemiche per la formula delle prequali, cosa ne pensi?
“Credo che un’atleta che voglia diventare un buon tennista debba essere abituato a giocare tutti i giorni. Inoltre preferisco arrivare a Roma anche senza energie e giocarlo, piuttosto che restare sul divano di casa a guardarlo. Per questo bisogna semplicemente ringraziare la Federazione.”
Parlando del lato economico, cosa pensi dei prize money dei tornei Itf e cosa pensi del cambiamento che avverrà il prossimo anno?
“Sì, bisognerà davvero vedere quello che succederà. Ci si aspettava già il cambiamento per quest’anno invece è andato quasi peggio visto che alcuni tornei italiani che erano 15 mila dollari sono diventati da 10 mila. È un sistema che deve cambiare perché, vivendo anche con Luca Vanni e Thomas Fabbiano, posso dire che loro senza l’exploit del torneo Atp sicuramente non avrebbero avuto dei grossi guadagni. Inoltre ci sono tennisti nei top 150 che comunque arrivano a fine anno e non riescono, per diversi motivi, a restare in pari. Pensa poi ai numeri 500-600: la fortuna, come detto, la fanno i campionati a squadre però in teoria una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciare a un torneo per partecipare a un campionato a squadre.”
Ho letto un paio di settimane fa una proposta del tennista e blogger americano Aubone, in cui ipotizzava una sorta di media ranking tra tutti i partecipanti al torneo e in base a questa, la scelta del numero di punti da assegnare. In questo modo si eviterebbero le trasferte nei posti più sperduti del mondo in cui si ottengono gli stessi punti di un tabellone competitivo europeo o americano.
“Non è assolutamente un’idiozia. Ci sono sempre stati i cosiddetti tornei boschetto, posti in cui era più semplice fare punti, credo si dovrebbe provare a creare una sorta di circuito in questi posti, con una serie di tornei a cui assegnare un determinato punteggio. Sicuramente ora il livello si è alzato anche lì e per un europeo è magari difficile pensare a spostarsi in un paese lontano, anche se magari ti costa meno che spostarti in Italia con altri mezzi.”
Negli anni hai giocato spesso le competizioni a squadre in Italia e in Germania, quanto sono importanti per un tennista questi guadagni? Quest’anno avete in serie A2, a Maglie, una bella squadra con tanti innesti importanti, pensi sia arrivato il momento di salire nella massima serie?
“Come detto sono davvero importanti. Quest’anno abbiamo creato una squadra competitiva, con Jankovits e Podplinik-Castillo, e per questo proveremo a tornare in serie A, bisogna però vedere quanto questi giocatori, avendo un ranking più elevato, potranno giocare la competizione.”
Parliamo poi di due argomenti forse scomodi, cosa pensi delle scommesse?
“Per me non è un argomento scomodo, io sono contrario a tutti quelli che affermano che è giusto vendersi una partita perché i prize money sono bassi. Io penso che se uno non ha più la possibilità economica di giocare a tennis, deve cambiare e occuparsi di altro nel mondo del lavoro, facendo lezioni per dire. Purtroppo si dice che l’occasione fa l’uomo ladro e se uno ti offre 5 mila euro, e ovviamente non è successo al sottoscritto, per perdere un game di servizio in un Future dove il montepremi per il vincitore è di 800-900 euro tassati, allora capisci come è più qualcosa che deve partire dall’Itf. Dare la possibilità di scommettere in questi tornei è una situazione troppo rischiosa perché è poi facile cadere nella trappola.”
Invece sul caso Sharapova, quali sono le tue opinioni? Quanto vengono controllati i tennisti e secondo te quanto vengono coperti?
“Questo è un argomento che andrebbe trattato molto di più delle scommesse, perché secondo me sono molti di più i giocatori che si dopano che quelli che si ‘vendono’ le partite. Quando vedi un risultato strano puoi subito pensare che la partita sia venduta, invece ci può stare perché come sai il tennis non è matematica e dipende da tantissimi fattori. Vedere invece giocatori che vincono tornei stare fermi per un periodo e poi tornare cambiati o straformati sicuramente ti insospettisce. Il doping non ti fa diventare un campione, questo è sicuro, perché senza un lavoro non ti fa diventare nessuno. Tuttavia il mio pensiero è che molta gente si aiuta. Poi magari può essere che rosico un po’ perché mi alleno tutti i giorni e vedo gli altri, fisicamente enormi, ottenere quello che ottengono.
Guarda, la cosa assurda è che un tennista per giocare un qualsiasi tornei Itf non ha bisogno di un controllo medico. Noi in Italia siamo costretti a fare la visita medica una volta l’anno perché altrimenti non possiamo essere tesserati poiché non ci rilasciano la tessera Fit. Se uno volesse giocare tornei internazionali senza essere tesserato lo potrebbe fare tranquillamente, nessuno verrebbe a sapere dei suoi problemi fisici. Al momento dell’iscrizione con l’IPIN, da effettuare una volta l’anno, l’Itf dovrebbe farsi consegnare un certificato medico da ogni giocatore. Io ti posso dire che non sono mai stato controllato in tornei internazionali, e ne ho fatti tanti, sono stato invece controllato in Serie A e in tornei Open.”
Ti alleni probabilmente in una delle migliori accademie italiane, a Foligno, con il team di Fabio Gorietti. Come si lavora? Come ti trovi da loro?
“Il clima secondo me è quello ideale che ci dovrebbe essere in una qualsiasi accademia, ci sono pochi soci e quindi hai grande libertà nell’allenarti e nell’occupare i campi negli orari che ti piacciono di più. Da quest’anno si sono aggiunti altri giocatori come Travaglia o Balzerani, lo staff è numeroso e trovi sempre qualcuno disponibile a qualsiasi giorno e qualsiasi ora. Fabio Gorietti gestisce il gruppo di quelli che fanno attività pro, ed è spesso affiancato da Vasquez, altra persona competente.”
Ti aspettavi già dallo scorso anno l’exploit di Thomas Fabbiano in Cina e in generale, ti aspettavi che lui potesse entrare nei top 100? Invece Luca sta affrontando un periodo così così, credi si riprenderà?
“Tommy è come un fratello, viviamo in casa insieme e lo conosco molto bene. Già durante la preparazione, in cui ha dato molta importanza all’aspetto atletico, si vedeva come lui fosse pronto per il traguardo della top 100. Spero che anche Luca possa trovare quella fame e quell’energia che aveva un anno e mezzo fa, anche lui credo tornerà come prima.”
Da quest’anno hai anche cominciato l’università, come mai hai preso questa decisione? E come mai non hai optato per il college?
“Ero molto vicino alla scelta di andare al college però grazie all’aiuto ricevuto dalla federazione ho messo via in quel momento l’idea del college. Credo sia un’ottima opzione, soprattutto per quei giovani che sono indecisi, anche perché il tennis di alto livello si gioca ormai ad età più elevate quindi c’è il tempo di studiare e migliorare al college, dove il livello non è basso, anzi.”
Quali sono i tuoi obiettivi e sogni per il futuro?
“Dopo la fine della Serie A2 vorrei giocare con continuità a livello future e magari anche Challenger, parteciperò a tornei in Europa, poi tornerò in Sud America. Ora sono iscritto all’università e mi piacerebbe in futuro restare nel mondo del tennis, magari come tour manager.”
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