di Alessandro Nizegorodcew
Esattamente un anno fa mi trovavo al Foro Italico, in attesa dell’inizio delle prequalificazioni. Tra le ragazze che ero andato a visionare c’era Gioia Barbieri, che aveva appena raggiunto una bella semifinale nel 25.000$ di Civitavecchia. Conosco Gioia da anni, seguendone le evoluzioni tennistiche e, purtroppo, anche gli iter legati ai tanti infortuni. Dall’ernia del disco al problema al piede che, lo scorso anno, non le permise all’ultimo momento di partecipare alle prequali. A 365 giorni di distanza la ventiduenne Barbieri è pronta a lottare per un posto tra le grandi. Un anno ricco di novità per Gioia, trasferitasi alla San Marino Tennis Academy di Giorgio Galimberti e oggi al best ranking (numero 209 Wta). Abbiamo intervistato «Galimba» per avere un’idea chiara sulla crescita e sulle prospettive future di Gioia Barbieri. Questa la storia del loro connubio vincente.
Partiamo dal tuo ruolo di Direttore Tecnico alla San Marino Tennis Academy. Come e quando nasce questa opportunità?
«Grazie, come spesso avviene, ad una casualità: nel 2009 mi trovavo a Riccione con Christian Forcellini (direttore Challenger San Marino; ndr) e da lì, parlando, è nata questa bellissima opportunità. La struttura è di primissimo livello, non distante concettualmente da Tirrenia: 8 campi da tennis, palestra, campo da calcio e non solo. Pian piano stiamo ampliando la rosa dei giocatori, che ora conta una trentina di agonisti oltre alla scuola Sat, con la speranza di avere sempre più adesioni anche dall’estero. Oltre a Gioia Barbieri, si allena da noi la diciannovenne ucraina Kovalets (269 Wta) e alcuni buoni giovani come Bertuccioli, che sta raggiungendo buoni risultati nel circuito Tennis Europe».
Passiamo a Gioia Barbieri. Quando e come nasce la vostra collaborazione?
«Circa un anno fa Gioia si stava guardando in giro per trovare una base ideale da dove ripartire dopo l’infortunio al piede. È venuta a sapere dell’accademia, che tra l’altro è anche vicino casa sua a Milano Marittima, ed è venuta da me per fare una chiacchierata. Come filosofia non sono uno di quei coach che si vanno a proporre, deve essere il giocatore a venire da me. Gioia ha subito capito che qui la struttura è ideale per una giocatrice che vuole fare il salto nel gotha del tennis. Abbiamo subito effettuato dei test sui 4 aspetti fondamentali del tennis: fisico, tecnica, tattica, mental. Dal punto di vista tecnico Gioia è stata impostata molto bene da giovane e possiede due fondamentali di pregevole fattura. A mio avviso invece tatticamente sbagliava completamente atteggiamento, rimanendo troppo dietro a remare. Una come lei, non velocissima, deve stare vicino alla riga di fondo per comandare sempre il gioco. Giocando in difesa sarebbe rimasta a vita intorno al numero 300 Wta, senza poter nemmeno pensare di poter provare a fare il salto. Abbiamo parlato molto e, da ragazza molto intelligente e vogliosa di arrivare in alto, ha subito capito calandosi in un nuovo mood tattico. Dopo una preparazione fisica intensa di circa un mese con il nostro Luca Fiore, sono arrivati immediatamente ottimi risultati che l’hanno fatta risalire nel ranking. Anche la parte mentale non è stata facile: un po’ mi sono rivisto in lei perché fuori dal campo è una ragazza educatissima, ma in campo ogni tanto perdeva la testa, palesando pochissima tranquillità e fiducia. Abbiamo parlato tanto, ore e ore in ufficio e oggi le cose sono profondamente cambiate. Non ero presente la settimana scorsa a Oeiras, ma Fabrizio Fanucci mi ha detto che, nonostante le difficoltà incontrate durante i match, è rimasta tranquilla e molto professionale».
In inverno su cosa avete lavorato principalmente?
«Tantissimo dal punto di vista fisico. Non è entrata in qualificazioni a Melbourne e in un certo senso questa brutta notizia ci ha permesso di preparare al meglio la stagione costruendo un’ottima base atletica. Ha perso però, divenendo un poì più leggera in campo. Ora dobbiamo aumentare in velocità e reattività. Tecnicamente invece abbiamo lavorato tantissimo sul servizio, cercando di rendere più incisiva la prima, un tempo giocata da Gioia quasi come semplice rimessa in campo. A Stoccarda contro giocatrici come Pironkova e Kuznetsova ha capito che senza una prima importante non si va da nessuna parte. Ultimamente stiamo invece lavorando tanto sul gioco di volo, per poter chiudere un maggior numero di punti a rete. Troppo spesso non aveva coraggio e tornava indietro… Cambiare così tanto una giocatrice in sei mesi non è stato facile, ma il merito è tutto di Gioia che ci ha creduto e si è messa nelle nostre mani».
La stagione 2014 per adesso pare molto positiva, sei d’accordo?
«Sicuramente si, la crescita di Gioia è evidente settimana dopo settimana. Mi hanno fatto piacere in particolare alcune trasferte, come ad esempio quella negli Stati Uniti. Abbiamo giocato dei 25.000$ molto forti, dove ha battuto giocatrici di buon livello come Brengle e Dulgheru. Gioia deve riuscire a trovare il proprio livello medio, un po’ come, per fare un esempio, ha sempre fatto Andreas Seppi. «Andy» spesso non fa cose pazzesche ma mantiene un livello medio tale che batterlo risulta sempre complicato. Vorrei proprio questo da Gioia. A Stoccarda ha giocato molto bene e nel match contro la Kuznetsova ha capito tante cose importanti».
Qual è la programmazione della Barbieri nelle prossime settimane?
«Mercoledì scenderà in campo nelle prequali degli Internazionali BNL d’Italia 2014, che spero e credo possa superare. Poi in qualificazioni, eventualmente, vedremo. Giocherà quindi le «quali» anche a Strasburgo, poi Roland Garros e probabilmente il 100.000$ di Praga».
Qual è l’obiettivo di Gioia per il 2014?
«L’obiettivo stagionale è quello di entrare tra le Top-100, o comunque arrivare a ridosso di questo traguardo, entro la fine dell’anno. Sarebbe bello e soprattutto importante poter partire a gennaio con il main draw degli Australian Open. Grazie ad una programmazione pensata bene e ambiziosa che il traguardo sia alla portata di Gioia. Nel futuro a lungo termine credo che si possa arrivare tra le Top-50, fare considerazioni oltre è oggi impossivile, ci vorrebbe la sfera di cristallo».
Gioia sempre essere una professionista con il tennis come primo e unico obiettivo. È così?
«Lavora tanto e sempre a testa bassa, senza distrazioni. Abita a Milano Marittima, che è molto vicino a San Marino, ma la sera dorme in foresteria da noi. Non torna a casa la sera per cenare. Vive l’accademia full-time e in giro per tornei è iper-professionale. Warm up, riscaldamento, 45 minuti di defaticamento post-partita, lavoro in palestra, stretching, chi la vede nei tornei rimane impressionato. A Stoccarda Flavia Pennetta a un certo punto le ha detto: “Gioia, sei troppo carica!». Se si dedica così tanto tempo e amore al tennis, facendo le cose giuste, i risultati arrivano».
Come stai vivendo questa tua avventura da coach?
«Mi sento spesso al telefono con Corrado Barazzutti, con cui ho un rapporto particolare. Anche Francesco Michelotti, mio ex coach, mi ha dato tanti consigli. Molti ex giocatori pensano di conoscere tutto e non si aggiornano. Io ho la fortuna di essere sempre molto aggiornato seguendo le nazionali di Davis e Fed Cup. Spero possa essere un valore aggiunto per il lavoro con Gioia».
Il tuo obiettivo è diventare capitano di una nazionale azzurra?
«Il mio obiettivo è quello e non me ne vergogno. Ho disputato 9 incontri di Coppa Davis, giocando nel complesso 15 match. Sto facendo una sorta di scuola da capitano grazie a Corrado e ai ragazzi. Mi piacerebbe poter curare entrambe le nazionali, ma se proprio dovessi scegliere direi Davis. Sono malato di Italia, di nazionale, per me è sempre un’emozione pazzesca».
Ultima domanda sul mondo Itf e Wta, una realtà che probabilmente non conoscevi così bene. Come ti sei trovato?
«Il primo Itf femminile è stato la scorsa estate in Austria, quando Gioia ha vinto il primo 10.000$ sotto la mia gestione. Beh, ci vuole l’umiltà del coach in questo caso, capire che si ha sempre qualcosa da imparare. In giro per tornei mi sono accorto di conoscere però tantissima gente. Ad esempio nel match contro la Konta a Stoccarda mi sono trovato di fronte, come coach avversario, Lisnard, mio storico avversario nel circuito challenger di qualche stagione fa. Bisogna avere gli occhi aperti e la voglia di imparare. Essere stato giocatore è un valore aggiunto, ma da solo non significa nulla. Tuttele volte che entro in campo con Lozano, Cinà e altri coach cerco di carpire qualcosa da loro. Pian piano cresco e miglioro come coach, per me e soprattutto per i miei ragazzi».
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