di Paolo Silvestri
Sono passati 20anni…
20 anni di emozioni irripetibili,
di picchi in alto e baratri in basso,
di dolori al fisico e al cuore,
di gioie e di intime soddisfazioni.
Anni di viaggi, hotel, fusi orari;
di sacrifici e solitudine,
di nuove conoscenze, nuove lingue, nuovi cibi e nuove culture.
Anni di arrivederci e di qualche addio.
Di allenamenti e partite,
di vittorie incredibili e sconfitte altrettanto clamorose.
Gran parte di quello che sono ora lo devo al Tennis.
Con la T maiuscola, perché in questi 20 anni mi ha accompagnata come una presenza tangibile, un’entità concreta.
Il mio primo,unico, grande amore.
E come un amore folle, viscerale, inspiegabile, sarà indelebilmente parte di me.
In questo oceano di opportunità che è la vita, è giunta l’ora di cambiare rotta ed esplorare nuovi mari.
Life isn’t about finding yourself.
Life is about creating yourself.
Qualche giorno fa, con questo post bellissimo e per molti inatteso, Gioia Barbieri annunciava su Facebook il suo ritiro dal tennis pro. Una sorta di lettera che sancisce la fine di una relazione, il bilancio sereno e maturo di una storia che finisce, senza rancore. E nello stesso tempo un profondo atto d’amore verso lo sport che ha finora occupato a tempo pieno la sua vita, fra soddisfazioni, speranze e delusioni. Ha deciso, a soli 24 anni, di interrompere una carriera in cui ha comunque raggiunto risultati di tutto rispetto, con 8 titoli Itf in singolo e 15 in doppio, e con best ranking di simile livello in entrambe le specialità, 170ª e 165ª rispettivamente. Ecco che cosa ci ha raccontato…
Lo spagnolo David Sánchez quando si è ritirato prematuramente qualche anno fa, aveva detto “è bello lasciare il tennis prima che il tennis lasci te”, alludendo all’importanza e al coraggio di fare una scelta così difficile nel momento giusto, al di là dei tempi abituali. Ti senti un po’ identificata in questa frase?
Per me è successo l’opposto. Nel momento in cui ho sentito che il tennis mi stava abbandonando, che stavo perdendo passione ed entusiasmo, ho tentato strenuamente di trovare una soluzione. Solo quando mi sono accorta che mi aveva lasciato del tutto sono giunta alla decisione definitiva.
Molti psicologi dicono che in realtà tutte le scelte che facciamo sono in gran parte emozionali, che poi “travestiamo” di razionalità, cioè giustifichiamo solo a posteriori con argomenti razionali. La tua scelta come è stata? Più di “pancia” o di “testa”?
Sono impulsiva, spesso parto in quinta… ma ho imparato con il tempo e qualche batosta, che bisogna saper ponderare i pro e i contro di ogni scelta, senza avere fretta di agire. Una decisione così importante è sicuramente derivata da tutta una serie di emozioni, ma è soprattutto il frutto di ragionamenti maturati nel corso di quasi un anno.
C’è un fattore determinate che ti ha spinto a prenderla?
Una singola sconfitta o delusione non possono essere il motivo scatenante, è un insieme di fattori che mi ha portato alla scelta. Primo tra tutti l’impatto che aveva il tennis sulla mia vita: era arrivato a rappresentare ‘il tutto’. La percezione di me stessa, come mi sentivo, erano legati esclusivamente al tennis e al risultato. Quando vincevo ero super, quando perdevo… una m***a! Ora ho capito che esiste una Gioia anche al di là del campo da tennis.
Il tennis è uno sport meraviglioso, ma si soffre moltissimo in campo. Sei tu solo con te stesso, i tuoi limiti, i tuoi obiettivi, i tuoi blocchi, i tuoi fantasmi da gestire. Qual è la tua esperienza in questo senso?
Anche se hai un team di tante persone (coach, fisioterapista, preparatore atletico, psicologo, ecc.), alla fine in campo ci sei tu da sola con tutto il tuo bagaglio di emozioni. Mi è sempre piaciuto questo del tennis: c’è sempre un limite e una sfida con te stessa da superare. Ti metti alla prova quotidianamente, scontrandoti con le tue paure-ansie e dubbi! Ti dà l’opportunità di conoscerti a fondo, non puoi fingere! Penso che anche i grandi campioni provino emozioni e che siano estremamente abili nel riconoscerle e gestirle.
Max Tosello, il fisio e osteopata della Pennetta e ora di Fognini, un giorno mi diceva che quello che più lo colpisce nei tennisti rispetto agli altri sportivi è la costante ricerca delle “sensazioni” giuste in campo, un fattore sfuggente, effimero, impossibile da allenare, ma che veramente può fare la differenza nelle performance.
Il feeling è il Santo Graal dei tennisti. È una costante ricerca della sensazione giusta; abbiamo imparato che capita raramente nel corso di una stagione, ma non demordiamo. Arriva per tutti, anche per il 4a categoria, il momento in cui “la senti”, in cui ti senti invincibile, in cui non sbagli mai e la metti dove vuoi… fantastico! E quando il feeling arriva, ecco l’ansia che ti prende sapendo che prima o poi lo perderai di nuovo… un po’meno fantastica!
Alla fine della scorsa stagione, molto difficile per te, sembravi convinta di voler riprovare a tornare ad alti livelli, insieme ai fratelli Piccari e Karin Knapp. Che cosa non ha funzionato in questo progetto?
Nel 2015 eravamo partiti con un progetto ambizioso fatto di Slam e Wta, cercando dove possibile di seguire la programmazione di Karin. Le cose purtroppo non sono andate come sperato, e la classifica è scesa insieme alla fiducia e alla convinzione.
Come sono stati i rapporti con le altre giocatrici? Sono state solo colleghe di lavoro e rivali o hai fatto delle belle amicizie che dureranno? Con chi in particolare?
Generalmente sono una ragazza socievole, nel circuito però non sono riuscita però ad esprimermi al meglio. Con tutti i sacrifici e le spese, arrivata al torneo ogni ragazza è una rivale. Ho comunque ottimi rapporti con quasi tutte le ragazze italiane: con la Di Giuseppe, Grymalska, Caregaro e Giovine ci conosciamo da quasi 20 anni!
Come è stato per te viaggiare in tutti questi anni? Un peso o un divertimento? Sei riuscita a ritagliare tempo per visitare le città e i paesi dove sei stata o è sempre stato un ripetitivo peregrinare fra aeroporti, hotel e circoli?
Amo viaggiare, conoscere posti nuovi, sono curiosa per natura. L’unico rammarico di questi anni è il non aver vissuto appieno le città dove ho giocato. Alcune volte la routine circolo/albergo è necessaria per riposare e spesso quando si perde si prende il primo volo per tornare a casa.
Hai avuto anche diverse lesioni che ti hanno bloccato. Ti fai male, devi stare fermo, perdi ranking, ritmo, fiducia, non guadagni…. Come hai gestito questa situazione così difficile nella tua carriera?
A 17 anni ho smesso di giocare per un anno a causa di due ernie alla schiena. L’infortunio mi ha permesso di fare la vita di una ragazza normale, non ho comunque mai perso la voglia di rientrare. Prima del Foro Italico 2014 mi sono fratturata un metatarso, infortunio che ha dell’incredibile perché per un mese, convinta di non avere niente di grave, ho continuato a giocarci sopra… un male cane! Mi è però servito: ho imparato ad ascoltare i segnali che dà il corpo, a volermi bene. Prima, dire che ero stanca o che avevo un fastidio, lo percepivo come un demerito; ho imparato invece che preservarsi è importante. Ho comunque anche una tendinite cronica al tendine d’Achille e con quella ci convivo!
Il tennis è un sport molto caro ed è difficile, sei non sei un top player, far quadrare I conti. Un’ulteriore difficoltà nella gestione di una carriera professionistica, no?
Ho avuto la fortuna di una famiglia che si è sempre sobbarcata tutti i costi della mia attività. Nel settembre 2015 ho deciso di sostentarmi autonomamente; coach/preparatore atletico/fisioterapista/psicologa/affitto/bollette/viaggi… ero sempre in perdita. Mi è capitato di andare ad un torneo e pensare che mi sarei ripagata le spese solo se lo avessi vinto. Un incubo.
Come e quando hai cominciato a giocare? Nella tua famiglia c’è una tradizione tennistica o sportiva?
Ho iniziato a giocare a 5 anni guardando mio padre e la mia sorella maggiore! Anche lei ha tentato la carriera agonistica, ma ha poi deciso di proseguire gli studi.
Qual è stato il momento della tua carriera in cui ti sei sentita meglio, più piena e realizzata?
Sicuramente sul “Pietrangeli” col pubblico, è stata una gran emozione. Oppure la prima volta che hanno trasmesso una mia partita in tv… o quando ho vinto una Mini Countryman!
E il momento peggiore?
Penso al torneo di Katowice, dopo aver perso 75 al terzo. Mi sentivo una fallita, non sono uscita dalla stanza per due giorni!
Al di là dell’attività internazionale, pensi di continuare a giocare, magari in tornei Open o campionati a squadre?
Non penso. Ho sempre giocato per scalare la classifica internazionale, il mio obiettivo nel tennis era di raggiungere il livello massimo che potessi esprimere. Giocare adesso per avere un ritorno economico o per passatempo non è mia volontà. Nutro una sorta di rispetto verso il campo: so che quando entro lì dentro gli devo il massimo del mio impegno e della mia professionalità.
I “nuovi mari” che dici di voler esplorare, hanno a che vedere con il tennis? In sostanza, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mio padre ha un’attività su Cervia e Milano Marittima, fondata precedentemente da mio nonno. Mi piacerebbe portare avanti il nostro nome nel campo immobiliare. C’è da imparare ma sono abituata alle sfide!
Nessuno ha diritto di giudicare le scelte degli altri, ma certo a me e a molti dispiace che lasci l’attività agonistica internazionale proprio quando stai per compiere 25 anni, l’età della piena maturità tecnica, fisica e psicologica di un giocatore. Soprattutto tenendo conto che l’età del “pensionamento” sta slittando sempre più avanti.
Per me non avrebbe avuto senso continuare. Innanzitutto perché, finita la voglia di sacrificarsi, finisce il carburante principale. Avrei forse potuto continuare a giocare, militare intorno al numero 300, sostentandomi con le gare a squadre. Rispetto ogni scelta e non giudico le altre giocatrici, ma non era una mia volontà. E a 25 anni sono ancora relativamente giovane per poter iniziare un corso di studi e affacciarmi nel mondo del lavoro.
In a minute there is time for decisions and revisions which a minute will reverse… in un minuto c’è il tempo per decisioni e scelte che il minuto successivo rovescerà, diceva Eliot. La maturità consiste nel saper scegliere, ma anche nel sapere che molte scelte possono non essere definitive. E allora, se magari fra qualche tempo decidi di tornare al tennis, noi ne saremo felici. In ogni caso ti auguriamo buona fortuna!
Lo escludo [risata]. Grazie mille e crepi il lupo!
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