di Luca Brancher
Un successo sudato, tirato, forse per questo ancora più bello, perché al di là delle qualità tennistiche, è stata la voglia di vincere che ha guidato Omar Giacalone, tennista italiano di 22 anni classificato alla 663esima posizione del ranking mondiale, al successo in una delle edizioni future che ai margini dell’estate si disputano al Forte Village di Santa Margherita di Pula. E’ stato una vittoria importante, perché, al termine di una lunga rincorsa, Giacalone ha centrato il primo successo professionistico della sua carriera
“La vittoria nel torneo non è stata per niente facile: sin dal primo turno sono stato costretto a stare in campo quattro ore per vincere 7-6 al terzo contro Bonadio, dopodiché nei quarti ho dovuto ricorrere ad un 7-5 nel set conclusivo per superare la giovane speranza francese Johan-Sebastian Tatlot ed infine in finale, contro Gianluca Mager, ho prima rimontato un set ed anche nel parziale decisivo ero stato sotto 5-2, prima di chiudere con un filotto di cinque giochi consecutivi. Una gran bella vittoria, che aspettavo da tanto tempo e che mi ha conferito tantissimo dal punto di vista morale, soprattutto perché mi porta a dire che sto giocando il miglior tennis della mia vita. E poi, poche ore dopo, ho fatto il bis nel torneo di doppio.”
Se Omar nel singolo ha infatti dovuto attendere per cogliere il primo titolo assoluto, in doppio, invece, sta dimostrando nelle ultime due stagioni di trovarsi parecchio a proprio agio, avendo ottenuto successi in serie che ne hanno rivelato le qualità e le attitudini.
Con quello di sabato scorso ho raggiunto quota quattro titoli stagionali ITF in doppio, ma anche lo scorso anno avevo fatto altrettanto bene. Giocare il doppio mi piace, innanzitutto c’è meno pressione rispetto al singolo e questo mi permette di provare cose che altrimenti non potrei, e poi, giocandosi su pochi punti ed essendo indispensabile andare a rete, si avvicina al tipo di tennis per cui maggiormente mi sento portato. Ed è proprio in questa direzione che sto vertendo negli allenamenti”
Prima di approfondire questo aspetto tecnico piuttosto interessante e curioso, facciamo un passo indietro e torniamo a dare uno sguardo al passato, a quali sono stati i passaggi che hanno portato Giacalone a questo punto della propria carriera. Nel recente, è facile notare come la sua programmazione si spartisca quasi equamente tra manifestazioni future e competizioni challenger, queste ultime in particolare che si disputano sul suolo italiano.
“Sì, attualmente sto dividendomi tra circuito ITF e challenger, ma non nascondo che l’obiettivo è passare al circuito superiore in pianta stabile, questi tornei devono fungere da preparazione. Certo, giocare nei challenger è un’altra cosa, percepisci subito che il livello è più alto, mentre nei futures, all’interno della stessa partita, può attraversare dei passaggi a vuoto, che giocoforza non puoi concederti lì”
Ed è in queste ultime kermesse che il tennista siciliano ha avuto modo di confrontarsi e misurarsi con giocatori di primo livello. La scorsa stagione ci fu la maratona, persa di un soffio, contro Marc Gicquel a Napoli, quest’anno, però, ci sono state due partite con avversari che di lì a poco avrebbero spiccato il volo:
“A Cortina, ho affrontato Viktor Troicki, che era da poco rientrato sul circuito. Inizialmente ero parecchio emozionato, d’altro canto dall’altra parte della rete c’era un tennista col passato da numero 12 al mondo e che avevo visto giocare soltanto in tv, però quello stato iniziale si è presto trasformato in adrenalina che mi ha permesso di stare in partita fino al terzo set, quando l’interruzione per pioggia ha fatto slittare l’incontro di qualche ora; tornati in campo, lui ha avuto il sopravvento.”
Dal grande giocatore sulla via del recupero alla giovane promessa pronta a sbarcare con esuberanza nel mondo dei grandi.
“Ho affrontato anche Zverev, a Caltanissetta, lui è un giovane molto forte. In quelle settimane ha saputo incanalare perfettamente quella dose di incoscienza che si ha quando si gioca le prime volte a quei livelli, che unita alla sua qualità gli ha permesso exploit molto importanti.”
Parlando del torneo conclusosi vittoriosamente sabato scorso, Omar si era lasciato sfuggire qualcosa sul fatto che, giocare il doppio, era un ottimo modo per affinare tattiche e strategie su cui si basava un suo recente cambiamento. Un particolare non di poco conto, che lui ci spiega parlando di come e quanto sia mutata la sua vita tennistica nel corso degli ultimi dodici mesi
“Io per 3 anni mi sono allenato da Fabio Rizzo a Catania, al fianco di giocatori come Alessio Di Mauro e Gianluca Naso, persone da cui ho avuto molto da imparare: sono stati anni veramente utili perché, con la loro vicinanza, ho capito cosa vuol dire essere un tennista. Lo scorso anno, ad ottobre, ho deciso di passare sotto l’egida di Francesco Aldi e di Francesco Palpacelli, oltre a tornare a farmi seguire dal mio storico preparatore atletico, Sergio Tancredi, col quale mi sono separato giusto per il periodo catanese. In un certo qual senso è stato un “punto zero” da cui ripartire, ho voluto ottimizzare le mie qualità e dare nuovo valore al mio gioco, ovvero passare da un tennis più di attesa ad uno più vicino a quello che sono, un tennista che gioca su pochi scambi e che cerca più spesso la rete per chiudere il punto. Con l’aiuto di Francesco Aldi tutto questo è possibile. Con me ci sono altri tre ragazzi classificati nel ranking mondiale, Antonio Campo, Alberto Cammarata e Ferdinando Bonuccelli”
A 22 anni un passo importante, frutto però di una mentalità matura e partorito da una persona che sa bene cosa vuole e cosa deve fare per emergere da questo circuito che, metaforicamente, ha sempre più le sembianze di una giungla. Entrando più nel dettaglio, capisci quanto il tennista azzurro sia un professionista coi fiocchi, con alle spalle un entourage di primissimo ordine, in cui regna una fiducia reciproca ed un’armonia invidiabile.
“Ormai nel circuito, per emergere, bisogna lavorare moltissimo sui dettagli, perché c’è un livello tale di preparazione che lasciare qualcosa al caso vuol dire automaticamente escludersi dalla contesa. Con Sergio (Tancredi) sto lavorando molto dal punto di vista atletico, sviluppando le mie qualità elastiche e di esplosività. A Santa Margherita di Pula ho avuto riprova che siamo sulla strada giusta: nonostante le eterne maratone a cui ho dovuto ricorrere e al fatto di aver portato in fondo sia singolare che doppio, non ho avvertito alcun dolore, né si è manifestato alcun problema fisico. Inoltre da qualche anno sono anche seguito da Francesco Scimò, che è un preparatore neurolinguistico che mi aiuta ad affrontare emozionalmente e mentalmente tutti i momenti degli incontri, dall’entrata in campo. Ripeto, il livello è sempre più alto e tutte queste componenti sono molto utili e necessarie per emergere.”
Se da un lato i tennisti che entrano con convinzione nel circuito ITF mostrano una volontà ed una preparazione encomiabili, degne di giocatori che ambiscono al più presto a raggiungere l’Olimpo del ranking mondiale, dall’altro lato stride sentire parlare delle condizioni in cui verte il tennis mondiale ai livelli più bassi. Omar ha, da questo punto di vista, esempi ed idee piuttosto chiare.
“Il problema è ahimè noto, molti ragazzi si lamentano ed è corretto che lo facciano. A pensarci è piuttosto illogico che un giocatore che si trova classificato al numero 500-600 al mondo non riesca a mantenersi. Senza andare troppo lontano io, che sabato ho vinto sia il torneo di singolo che di doppio, ho comunque chiuso le spese per la settimana in perdita! E’ evidente come sia necessario porre un rimedio: io per fortuna ho una famiglia alle spalle che economicamente sta bene, ma molti altri giocatori, nella mia stessa situazione, per poter continuare a giocare hanno bisogno di uno sponsor o comunque di un aiuto: ed è triste pensare che ragazzi con potenzialità siano costretti a mollare per questo motivo. Se però riflettiamo, anche molti organizzatori non si trovano in una posizione ideale: aiuti non ne ricevono, per mantenere vive queste manifestazioni, e loro stessi devono fare degli sforzi enormi, se non riescono ad avere dei garanti che coprano in parte le varie spese. Come vedi, la situazione è piuttosto oscura sotto molti punti di vista, e per migliorare è ovvio che ci vorrebbe che qualcuno dall’alto facesse luce.”
In attesa che un tanto agognato cambio di direzione avvenga, per quanto ormai si sia entrati nel mese di ottobre, non si può certo dire che la stagione dell’azzurro si possa definire conclusa. Questa stessa intervista è stata effettuata al termine di un duro allenamento che palesa quali siano le prossime intenzioni del giocatore siciliano.
“L’annata, per me, è ben lungi dall’essere terminata: ho appena ricominciato a prepararmi sul veloce, perché, come detto, il mio gioco tradizionalmente è impostato su pochi scambi e quella superficie esalta questo tipo di gioco: a breve volerò in Grecia, ma prima della fine dell’anno giocherò nove tornei, nei quali voglio andarmi a prendere dei punti importanti. Dopodiché, durante il periodo natalizio, comincerò a preparare la stagione successiva, la cui programmazione sarà indissolubilmente legata agli ultimi risultati che riuscirò a conquistare
Parli con Omar, e quello che traspare è la sua decisione e la sua voglia di affermarsi, accompagnate da una meticolosità meritevole di incondizionata stima. Ed è proprio del carattere e delle sue ambizioni che vogliamo tornare a discutere, ma, come era facile supporre, le idee del 22enne azzurro sono alquanto chiare
Sai, la carriera del tennista è fatta di alti e bassi, e quando arrivi in uno di questi momenti è parecchio dura, ma poi ripensi a tutti i sacrifici, unitamente ai grandi match che hai giocato, e non puoi pensare che debba tutto volgere verso il peggio. Ho lottato, mi sono impegnato per costruirmi un futuro nel tennis che conta, ed è lì dove voglio arrivare e dove mi vedo. Continuerò su questa strada, perché è quella giusta per me, e voglio arrivare a togliermi tutte le soddisfazioni che saprò meritarmi.
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