(Francesca Gariglio – Foto Bomberini)
di Franco Marucci
Prima di tutto i risultati delle qualificazioni maschili, che per un normale gioco delle probabilità, essendo tanti gli iscritti italiani (ma intendiamoci, anche e soprattutto per merito), hanno promosso tre nostri atleti ai nastri di partenza: sono Fabio Mercuri, Patrizio Panicucci e Giovanni Rizzuti. Era logico aspettarsi Rizzuti, che non ha incontrato soverchie difficoltà lungo il percorso: e comunque Di Nicola, sconfitto al turno di qualifica, è un “maestrino” che gioca tutti i colpi con grande correttezza e classica eleganza, pur senza avere in repertorio la botta secca. Panicucci non lo si aspettava (ha vinto per ritiro contro la testa di serie n.1), Mercuri ha battuto l’estroverso Teodori con il suo gioco regolare, senza errori gratuiti, e due ottime gambe, e quindi con molta maturità in campo.
Nel femminile abbiamo due italiane entrate in tabellone (Deborah Chiesa e Francesca Gariglio), più una… italo-francese, in un certo senso, come mi spiegherò. Salutano il torneo, cioè, Lombardo, Marchetti, Brescia, Paolini e Stefanelli. Comincio da quest’ultima, di cui mi piace spesso parlar bene, per dire invece che l’ho vista spenta, ingrigita, scarica, e molto remissiva (il carattere di solito non le manca). Dal canto suo Chiesa, che l’ha eliminata, rispetto a qualche tempo fa mi è sembrata migliorata parecchio nel servizio ma sempre poco mobile e scattante, cioè un po’ pesantuccia. Urge un miglioramento sensibile nel diritto, raccolto troppo dal basso a mo’ di cucchiaio, e solo o prevalentemente di rimessa; e lo stesso servizio va secondo me registrato, con minore apertura alare del braccio e la palla lanciata meno alta. Due incontri di secondo turno si sono svolti sugli attigui campi 8 e 9, e si potevano quindi seguire entrambi comodamente (nonostante qualche spruzzo di pioggia) dal corridoio che li separa. Nel campo 8 Brescia, senza apparentemente risentire della faticaccia di ieri sera, ha messo lentamente alle corde e demolito Paolini, che ha invece fornito una prestazione molto più opaca. Beatrice Lombardo era invece opposta a Fiona Ferro, francese classe 1997. È stata questa l’ammazzaitaliane. Voglio presentare meglio questa biondina dall’aspetto un po’ nordico che è senza dubbio la rivelazione del torneo di qualificazione femminile: il suo gioco parte dal servizio, che esegue a piedi larghi e accucciandosi in modo molto pronunciato. Ottimi e sicuri i due fondamentali, che sono sostenuti ma data l’età non potenti; comunque la dote migliore della ragazzina è l’attesa: ogni tre colpi, e quando è in difficoltà, alza, e normalmente non c’è giocatrice che avanzi a rete e schiaffeggi o chiuda al volo: viceversa basta accorciare un metro o due e la Ferro entra. Beatrice Lombardo a un certo punto ha bofonchiato: “Ma non so più cosa fare”. È vero che il campo era lento, e forse le corde della racchetta troppo tirate, ma i colpi non le partivano come di solito; e le prime di servizio non entravano quasi mai. Ha rimontato nel secondo set e lottato, ma alla fine ha ceduto. Ho chiesto all’allenatore della Ferro qualche notizia e lui, non troppo espansivo, mi ha solo detto che è di Nizza e ha padre italiano: al che ho subito pensato a quella giocosa proposta che, dissi tempo fa, si poteva inoltrare a Binaghi, di naturalizzare la Bartoli… Il bello di questa giovane giocatrice, che peserà cinquanta chili sì e no, ed è tutta nervi e tendini senza un filo di adipe, è che ha un carattere glaciale e non si fa sfuggire in campo ( e fuori) una singola parola. Ha solo un po’ tremato quando ha visto che la Lombardo accennava a risalire. Ora però, credevo che Brescia avrebbe fatto un sol boccone della pur ostica Ferro un’ora e mezzo più tardi. E invece no, Brescia era evidentemente in stato confusionale, ormai sfibrata, e mai in partita ha raccattato alla fine un solo game! Brescia come si sa è bimane di diritto e di rovescio, e gioca di pressione; sennonché non sa e non viene poi a raccogliere a rete il punto quando si è aperta il campo e le torna indietro un pallonetto o un colpo di rimessa. Come si ragionava a bordo campo con Antonella Serra Zanetti, ora responsabile nazionale dell’under 16 femminile, quasi nessuna giocatrice italiana sa venire avanti a campo aperto e affidarsi alla volée o allo smash; per cui ricevendo una “candela” torna indietro e lo scambio riparte da capo. I tecnici, secondo me, dovrebbero pensarci.
Ma perché intitolare Orgoglio Gariglio, che fa quasi rima? Se lo merita lei il titolo e il marchio della giornata di oggi. Partita tiratissima, la sua, sul campo 5 contro la serbona dal nome impronunciabile che ha battuto ieri la piccola Turati, ma che oggi era un’altra giocatrice, potente e precisa e concentrata. E battaglia senza risparmio con continui rovesciamenti di fronte, e tifo a mille dietro la rete. Si è imparato dalla sua mamma, dalle volte che lo ripeteva e urlava, che in serbo “forza!” si dice “idemo!”, o qualcosa di simile. L’ha spuntata Gariglio al tiebreak del terzo, vinto 7/5 dopo essere stata in svantaggio 4/2. Non sempre infatti le cose vanno bene a questa giocatrice, che appunto alterna alti e bassi, e ha buoni mezzi tecnici ma come molte italiane manca di esplosività, e a volte telefona i colpi. Ma intanto godiamoci il risultato.