di Michele Galoppini (@MikGaloppini)
Foto di Ian McCormick
È una sera come tante e sulla mia bacheca di Facebook, sempre ricca di articoli di tennis e non solo, compare anche un video, registrato da un cellulare di un allenatore che si trova sui campi di Pelham, dove si stanno giocando le qualificazioni di uno degli innumerevoli $25.000 della stagione. Ciò che sorprende sono la protagonista del video, lo scambio immortalato ed il risultato del match in campo: Gail Falkenberg, 69 anni ed alla Wimbledon vestita, serve da sotto con estremo sidespin, in uscita dalla risposta c’è uno slice di dritto nell’altro angolo del campo ed a rete arriva una discretamente complicata volée, tagliata, di dritto a chiudere il punto con un vincente. Ms. Falkenberg sta per vincere con il risultato di 6-0 6-1 contro Rosalyn Small, per regalarsi un secondo turno contro Taylor Townsend, grande promessa del tennis a stelle e strisce e per scatenare il web ed i social media di tutto il mondo.
“Vincere un match nel circuito pro è stato probabilmente il primissimo obiettivo di quando ho ricominciato a giocare a tennis qualche anno fa,” ha dichiarato Gail nell’intervista in esclusiva concessa a SpazioTennis.com. “Ma non pensavo proprio che la gente sarebbe impazzita per una vittoria in un torneo di qualificazione di un torneo pro.”
Sono passati addirittura 18 anni dall’ultima vittoria pro della Falkenberg, quando nel 1998 sconfisse Lauren Stephens rifilandole una bicicletta nell’ITF di Spartanburg, ma è bastato poco a dare un forte scossone alla sua vita, già ricca di esperienze ed aneddoti che vogliamo scoprire in questa chiacchierata. “Non mi ero nemmeno accorta di aver scatenato un putiferio finché non ho raggiunto il club il giorno dopo ed ho dovuto affrontare telecamere, richieste di interviste ed una chiamata del London Times,” ci racconta con sorpresa. “Eppure so di poter giocare meglio di come ho giocato poi contro Taylor Townsend. Ho scoperto che addirittura c’erano delle scommesse sul nostro match: almeno il 65% degli scommettitori ha puntato sul fatto che avrei fatto meno di 6 punti in tutto il match… ebbene, purtroppo per loro ne ho fatti 12, nemmeno giocando il mio miglior tennis. Solo 6 punti, siamo pazzi?! Sono troppo brava per fare solo 6 punti!” conclude con ironia commentando il match. “In ogni caso mi piace l’attenzione internazionale che si è creata, anche perché negli Stati Uniti il tennis non è uno sport così diffuso.”
La sua carriera da tennista è caratterizzate da molte pause e l’ultimo break forzato non ha spento la passione e la forza di volontà della californiana. “Avevo dovuto smettere di giocare e di essere una maestra di tennis nel 2003 per prendermi cura di mia madre, obbligata a letto da un grave ictus. Non ho più toccato la racchetta fino al 2011, quando mia madre morì, ed a quel punto ero un po’ arrugginita e mi ci è voluto un po’ prima di realizzare i miei obiettivi. I risultati sul cemento hanno cominciato a migliorare sensibilmente da giugno dell’anno scorso,” ha poi proseguito. “Sono riuscita a battere una giocatrice del tour pro, Spirit Edley, 2-6 6-0 7-5, nello US Open National Sectional Qualifying tournament, ottenendo la posizione 329 nel ranking nazionale. Quando ho visto il tabellone a Pelham sapevo di poter battere Rosalyn Small, visto che ci eravamo allenate assieme ed ero molto fiduciosa. Sono certa non sarà la mia ultima vittoria.”
Nel tennis che conta, le top players dispongono di un team, di un allenatore, di sponsor che ricoprono di outfit, racchette e soprattutto soldi. Ma per Gail è diverso, è l’amore per lo sport a ‘finanziare’ la sua passione e l’età non la frena di certo a continuare a correre sul campo da tennis, addirittura quasi ogni giorno. “Giocare a tennis mi mantiene giovane ed in salute e gioco 5 o 6 volte a settimana allenandomi da sola,” racconta parlando della sua giornata-tipo da tennista. “Sono sempre stata brava anche a basket ed a softball ed al momento sto lavorando sui movimenti con l’obiettivo di vincere altri match e soprattutto vincerne uno dopo il 70esimo compleanno.” Poi, ci racconta il suo tennis molto atipico, totalmente scomparso dai riflettori della WTA: “Ho un dritto in slice abbastanza atipico, sono brava nelle palle corte e qualche volta faccio un servizio da sotto con sidespin, per sorprendere e buttare fuori dal campo la mia avversaria.”
Eppure, ciò che ha incuriosito di più è certamente il capitolo racchette. Non ha uno sponsor e non ha una marca prediletta, nonostante sia ancora alla ricerca dell’attrezzo a lei congeniale. “Gioco con diverse racchette: la Weed, che in pratica è una ciaspola, la Head Graphite Director, la Prince Extender e la Wilson Profile. Hanno tutte più di 20 anni. Non ne ho ancora trovata una contemporanea che mi piaccia, ma sto ancora cercando…” E poi, spinta a motivare la sua curiosa scelta, spiega come sceglie giorno per giorno: “Quelle che ho le interscambio a seconda della superficie, della densità dell’aria, delle palline usate e del gioco dell’avversaria.”
Abbiamo parlato del presente e della storia recente di ‘The Legend’ – “Una tennista americana mi ha detto che sono conosciuta con questo nomignolo… mi piace!” – ma ciò che forse nasconde le emozioni più belle sono le ben sei decadi di tennis che Ms. Falkenberg ha vissuto.
“Tutto è cominciato all’Università della California, l’UCLA, dove mi sono laureata negli anni ’60: è lì che ho giocato a tennis per la prima volta e che ho fatto parte della squadre di basket,” ci racconta. “In quegli anni all’UCLA c’erano anche Arthur Ashe e Kareem Jabbar, quest’ultimo giocava a basket allenato dal leggendario coach John Wooden. Sono sempre stata portata per il tennis, ma lo sport femminile non era così organizzato come ora quando io ero giovane. Il ‘title 9’, con il quale sono state abolite molte discriminazioni di genere, ha dato una grossa mano anni dopo.”
“Io ho avuto una soddisfacente carriera nella produzione audiovisiva, per le imprese ma anche per il Governo, e ho gestito anche la mia società in Studio City, sempre in California,” dice di un primo lungo periodo in cui ha abbandonato le racchette. “Ho poi deciso di ricominciare col tennis negli anni ’80, per divertimento, ma poi nel 1983 ho vinto il Public Parks Championship di Springfield, MO, nel singolare femminile. L’anno dopo sono poi arrivata seconda a Vail, CO. Quindi a quel punto ho deciso di prendermi una pausa dal mio lavoro per concentrarmi sul tennis e così ho fatto dal 1985 al 1990. Ho raggiunto la posizione 343 del ranking WTA, girato il mondo senza sponsor e spendendo i miei soldi. Ho addirittura giocato contro Jennifer Capriati in un torneo di prequalificazione di Amelia Island: aveva appena vinto il titolo nazionale under 18 e mi ha battuto 7-6 6-4.”
“Il solo viaggiare per il mondo, stando tra la gente ed imparando differenti culture, ha dato più valore alla mia vita,” continua il suo racconto. “Mi ricordo quando restai in una fattoria fuori da Melbourne e dovevo prendere il treno per andare agli Australian Open a giocare.” Esatto, nella lunghissima carriera di Gail, nel 1988, due soli anni dopo l’esordio internazionale nel torneo di San Paolo, dove perse dall’azzurra Caterina Nozzoli, è capitata anche la preziosa occasione di far parte di un torneo del Grande Slam. “Era il 1988 e fui anche le prima tennista a vincere un match pro sul Rebound Ace, la nuova superficie degli Australian Open quando a Melbourne modernizzarono le strutture. Ricordo di aver condiviso lo spogliatoio con Steffi Graf, Chris Evert e Martina Navratilova… da brividi!”
Con la lunga esperienza che la contraddistingue e la saggezza nata dai lunghi anni di tennis insegnato e giocato, Gail ci parla anche delle nuove generazioni. “Le giovani al giorno d’oggi sono molto più forti, più allenate ed hanno un gioco più vario. Ma credo dovrebbero andarci un po’ più piano nel loro sviluppo: dovrebbero puntare anche su una buona istruzione e non dovrebbero fare del tennis il loro unico mondo. È fin troppo facile bruciarsi o dover abbandonare tutto per infortuni.” E poi prosegue: “Alla mia epoca non si cominciava a giocare a 5 anni come si fa oggi e oggi la cerchia di giocatrici eccellenti è ben più ampia. Ci sono soldi, c’è fama, quindi anche gli allenatori sono ben disposti ad innalzare il livello generale.”
Le parole della 69enne californiana non risparmiano nemmeno la Federazione Internazionale e la WTA: “Penso che ITF e WTA facciano un lavoro encomiabile, creando un giusto sistema che permetta di competere ai tennisti di tutte le età, tutti i luoghi e tutti gli stili. Eppure, credo fortemente che ITF e WTA dovrebbero fare di più per lottare contro il doping.” Invitata a darci la sua visione sul doping, ci spiega il suo punto di vista. “Bisognerebbe aumentare il numero di test a sorpresa a tutti i livelli, non solo al top. Capisco che possa essere costoso e logisticamente complicato, soprattutto a livello mondiale, ma lo sport deve rappresentare integrità. I test dovrebbero essere dei più avanzati, per colpire l’uso di steroidi, di ormoni della crescita, l’utilizzo di sostanze per migliorare le capacità aerobiche o di medicinali illegali come il Meldonium. Non è raro che l’utilizzo di queste sostanze cominci in giovane età, magari di nascosto dall’atleta stessa o della sua famiglia. Accadeva già nella Germania dell’Est, quando i nuotatori pensavano di assumere vitamine. E penso che le squalifiche debbano essere severe, per il danno enorme che questi fanno allo sport ed agli avversari.”
Sebbene tante delle sue colleghe, come ci confida, la considerino un esempio da seguire, anche Ms. Falkenberg ha i suoi idoli ed eroi sportivi. “Le mie tenniste preferite sono Roberta Vinci, Angelique Kerber ed Agnieszka Radwanska. Poi ovviamente anche le sorelle Williams. Al maschile Djokovic è fantastico e Murray ha tutto il mio rispetto per aver scelto un coach donna.”
E lei stessa, sapendo la nostra provenienza, vuole parlarci anche di Fed Cup: “Mi piace tantissimo il team azzurro di Fed Cup,” ci dice. “Le mie giocatrici preferite sono Roberta Vinci, Sara Errani e Francesca Schiavone. Mi piacciono queste tre perché sono delle piccole bombe ad orologeria, che colpiscono con tanto spin e combattono in ogni punto.”
C’è spazio anche per i sogni nel cassetto: “Mi piacerebbe poter giocare gli US Open o Wimbledon. Il mio gioco peraltro si adatta molto meglio al veloce o all’erba,” ci confida concludento. “E mi piacerebbe tantissimo giocare in doppio con Sara Errani o Roberta Vinci, non ci sono scelte migliori.”
Come Gail ci insegna, dopotutto l’età è solo un numero e sognare non costa niente.
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