di Luca Fiorino
A volte non basta disporre di grandi mezzi tecnici ed esprimere un tennis di ottimo livello per raggiungere posizioni di rilievo nella classifica mondiale. Spesso altri fattori possono risultare determinanti ed è così che purtroppo anche buoni talenti della racchetta rischiano di passare inosservati nel tempo agli occhi dei tanti appassionati. Questo è il caso di Giulio Di Meo, con un passato da numero 565 del mondo in singolare e da 497 in doppio ed oggi maestro nazionale al Saroli Tennis Club, a Castel Gandolfo. In questa intervista rilasciata a Spazio Tennis, ha annunciato importanti risvolti riguardo i nuovi tornei che ha intenzione di organizzare e ci ha permesso di ricostruire la sua storia da giocatore partendo dagli esordi sino ad arrivare all’attività da maestro. Ha inoltre precisato cosa a suo giudizio sia necessario per il bene del tennis nostrano.
Oggi sei maestro al Saroli Tennis Club. Quali sono i punti di forza del circolo?
E’ molto probabilmente il circolo più importante oggi ai Castelli Romani. Attualmente ho il piacere di avere circa 160 persone qui al Saroli Tennis Club. Il mio desiderio è che questo sia uno sport per tutti e non come si diceva in passato solo per signori. I corsi sono rivolti a più fasce d’età, a partire dai bambini di 6 anni col mini tennis sino ai più grandi con i corsi agonistici. Punto molto sui ragazzi, già intravedo qualche buon giovane ma sicuramente è ancora presto per dirlo. Quando il ragazzo gioca ha bisogno di avere me come punto di riferimento e non chi lo sta a guardare, per questo desidero che le famiglie siano il meno possibile presenti quando ci si allena. Nella nostra struttura abbiamo sia campi in terra all’aperto sia al chiuso coperti con il pallone in modo da poter dare continuità al nostro lavoro anche quando ci sono cattive giornate. Inoltre disponiamo di una piscina ed una palestra, necessarie per un circolo di buon livello.
Ci racconti qualcosa del progetto messo in piedi con tuo zio Stefano (main sponsor) relativo ai tornei che avete e volete ancora organizzare?
Il main sponsor che mio zio Stefano Di Meo rappresenta, la Bfd Energy, ha investito e sta investendo molto anche nel tennis. Dal 17 al 24 Agosto presso il Saroli Tennis Club di Castel Gandolfo si è svolta la prima edizione della “BFD Energy Cup 2014”, torneo Nazionale Open Maschile con 10.000€ di montepremi. Questo torneo ha riscosso un sacco di successo, basti pensare che nella finale, vinta dal sottoscritto contro Leonardo Azzaro, c’erano almeno 600 persone. Abbiamo ora intenzione di organizzare due futures, uno a Velletri nel periodo di Luglio con un prize money da 15000 $, che si terrà al Colle degli Dei dove sono cresciuto come giocatore e l’altro qui a Castel Gandolfo dove attualmente lavoro come maestro. Nonostante ciò riproporremo nuovamente altri due tornei Open. In futuro l’obiettivo è di organizzare anche un challenger, siamo ancora in lista di attesa per la data.
Quando inizia la tua avventura con il tennis?
Certamente tardi. Incominciai a giocare all’età di 10 anni a Velletri, al Colle degli Dei. E’ li, dove sono nato e cresciuto che ha avuto inizio la mia storia. All’età di 16 anni la mia famiglia ebbe qualche problema finanziario, ricordo come se fosse ieri le parole di mio padre: “Vuoi coltivare ancora questo tuo sogno? Corri…”. Nonostante in quel periodo fossi C2 battei quattro B1, dodici B2 e tredici B3 riuscendo a saltare ben otto classifiche. I tornei cominciai solo dopo un po’ di anni a prenderli più sul serio, mi mancava forse la fame di vittorie. In questo mondo i sacrifici maggiori sono a livello economico, se non hai le spalle coperte è dura mantenersi e guadagnarsi da vivere, soprattutto per chi non è nelle prime 100-150 posizioni. Devo anche ammettere che ho sempre amato divertirmi e stare con gli amici, c’era un periodo che venivo soprannominato “Valtur”. In ogni caso vi confesso che sono meno scapestrato di quel che dicono, che rimanga tra me e te vado a letto presto (ride, ndr). Tornando seri, ad oggi non saprei dire dove sarei potuto arrivare ma di certo rimarrò per sempre con un grosso punto interrogativo nella testa.
Qual è il tuo colpo migliore? Quali sono i risultati e i traguardi che ricordi con più piacere?
Buon servizio e rovescio rigorosamente ad una mano. Mi hanno sempre descritto come uno dal tennis brillante. A livello personale mi lusinga aver vinto in passato con Bellucci e Kukushkin, gente che oggi è ampiamente tra le prime 70-80 posizioni al mondo. Trionfare in tanti tornei poi è un’altro motivo di soddisfazione, ho vinto 56 Open nazionali ed in Serie A continuo ad ottenere tanti successi. Giocando comunque ho instaurato tante amicizie ed ottenuto il rispetto di tanti giocatori. E’ nel doppio però che credo sia dove mi sono divertito maggiormente. Ogni tanto mi capita ancora oggi di andare a giocare qualche torneo challenger con qualche amico. Lo scorso anno di fretta e furia giocai con Matteo Viola ad Andria ma non andò benissimo. Ho raggiunto però la finale con Stefani Ianni a Trani nel 2011 e, sempre per divertimento e prendendola come gioco, ho vinto in coppia con Ungur al challenger di Rimini in finale con Brzezicki e Peya nel 2010. Ricordo cosa l’argentino disse nei miei confronti: “Ma chi diavolo è mai questo? Non l’avevo mai visto, serve a più di 200 km/h e gioca vincenti sulle righe. Dove sei stato fino ad ora?”. Considerando che ne andavo a giocare uno o due ogni anno ho raggiunto buoni traguardi ma ritengo che il livello non sia mai stato eccelso.
Come vedi il futuro del tennis italiano?
Molto bene, sono piuttosto fiducioso per il futuro. Questo grazie a Michelangelo Dell’Edera e Roberto Lombardi che ci hanno permesso di ottenere le targhe da maestro nazionale ad honorem. C’è stato un buco di 10 anni in cui chiunque poteva fare l’istruttore di primo grado. Così come costruiamo il futuro per i bambini? Io nonostante abbia un’esperienza importante nel tennis e abbia giocato 15 anni come 2.1 dovevo sostenere il corso insieme a persone che non hanno mai approcciato a questo sport a livello agonistico? Non mi sembra corretto, né si può pensare di tirar fuori dei ragazzi di livello in questa maniera. Ora col fatto che parecchi tennisti primi trenta d’Italia hanno un circolo e quindi la direzione tecnica è nelle mani di chi ha giocato veramente, può darsi che entro cinque anni qualche giocatore di livello esca fuori.
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