Sono parecchi anni che per noi milanesi non ci sono molte possibilità di vedere tennis di alto livello dal vivo; credo che non ci sia in tutta Europa un’altra città metropolitana dove non venga programmato un solo torneo del circuito maggiore. Se vi prendete la briga di verificare quali città sono meta di avvenimenti del calendario ATP o WTA, vi stupirete nel constatare quante e quali città di importanza assai minore della “capitale economica” del nostro paese, hanno il privilegio di ospitare tornei di un certo livello.
Ci “accontentiamo” pertanto del Trofeo Bonfiglio che si avvale anche della denominazione “Internazionali d’Italia Juniores” ; in compenso, se dovessimo limitarci a scorrere l’albo d’oro, non avrebbe nulla da invidiare a quei tornei maggiori.
In ogni caso, a partire da oggi, per noi “malati” di tennis, si preannuncia come ogni anno una settimana piacevole.
A dire il vero un giretto al Tennis Club Milano Bonacossa può costituire motivo d’interesse anche se il tennis non fosse tra la vostre passioni; infatti, pur se inserito nel contesto di un paesaggio urbano non certamente affascinante, una volta varcato il cancello d’ingresso del Club, aperto per tutta la settimana anche ai non-member in occasione del torneo, rimarrete sicuramente colpiti da un ambiente difficile da immaginare nel centro di una metropoli e vi farà piacere trascorrere il vostro tempo ammirando architetture e ambientazioni assai particolari (in particolare la magnifica “club house” in stile liberty datata 1930, una palazzina disegnata con soluzioni eleganti e signorili riprendendo il trend delle ville di campagna di inizio secolo) , in un clima di grande piacevolezza tra giardini e vialetti fioriti.
Tornando a noi, sono arrivato verso le 10,30 e mi sono diretto verso il campo in cui stavano battagliando la wild card italiana Federica Bilardo (1999) from Palermo e la sua avversaria che scoprivo però non essere la giocatrice annunciata dal tabellone, bensì la lucky loser americana Lommer, che quindi aveva giocato tre partite in due giorni nel clima estivo di un caldissimo weekend milanese e che , almeno ho avuto questa impressione, “non ne aveva più”; tanto è vero che oggi hanno dato day-free a tutti coloro che hanno superato le dure qualificazioni, compresa una ragazza italiana (Lisa Piccinetti) e ben 4 maschi azzurri.
Federica è mancina ed è ben dotata fisicamente con un altezza decisamente superiore alla media.
Gioca il diritto con una strana apertura, poco laterale, facendo partire il movimento da dietro (mi scuso per l’inadeguatezza dei termini tecnici, chi ha avuto occasione di leggere altri resoconti sa bene che non sono un tecnico, ma semplicemente un appassionato al quale piace raccontare quello che vede e dire quello che pensa); poi compensa con un anomalo movimento di corpo e ne esce un colpo che gira molto e che può anche dar fastidio e con il quale si garantisce una notevole regolarità: forse potremmo chiamarlo un “diritto uncinato” se può rendere l’idea.
Il rovescio lo gioca più spesso a due mani, molto deciso e preciso; però stacca la mano di richiamo per giocare il colpo in modalità slice con una certa frequenza e risultati alterni.
Il servizio, che è il tallone d’Achille di quasi tutte a questo livello, mi è sembrato sufficiente: sfrutta bene, infatti, l’altezza che è già notevole e tenendo conto di questo si muove anche discretamente.
Però c’è da dire che, osservando i campi attigui, la velocità di palla e anche la profondità era decisamente diversa, non certo a vantaggio del match sul quale mi sto soffermando.
Mi riservo un giudizio perché vorrei vederla in un test più probante, ad essere del tutto onesto non sono rimasto particolarmente colpito da niente in particolare eccetto un certo animus pugnandi che la portava ad incitarsi con convinzione e a vincere spesso i punti più importanti.
Così, ad un certo punto, mi sono fatto un giretto e sono stato attratto da un classico match nel quale si confrontavano due stili di gioco agli antipodi, con il risultato che quello che ne usciva, come spesso avviene in questi casi, era un incontro divertente.
La classica russoski (bionda, alta, treccia, attaccante da fondo campo, grantolo selvaggio che sembrava voler comunicare al mondo “sono io la vera nuova Sharapova”) contro la classica sudamericana (brasilera in questo caso, ma avrebbe anche potuto a essere argentina, peruviana, ma anche per cambiare continente spagnola, cinese, oppure udite udite ce ne era anche una indonesiana, col tratto in comune di essere piccole, agili, scattanti, tignose e di rimettere ogni singola palla fino alla morte).
Mi sono goduto i games finali del primo set, divertito dal gruppo brasiliano in magliette verde-oro che nonostante l’apporto caloroso non è riuscito ad evitare alla Pedretti, per la quale non si poteva non solidarizzare, di perdere il primo set per 75 terminandolo con la lingua di fuori.
C’era grande ressa sul campo 1 che non dispone di tribune ma di panchine e di un prato dove vengono trasportate le sedie che si rimediano; si respirava aria di grande sorpresa perché la prima favorita, l’ungherese Galfi (bionda, alta. treccia etc. etc.) era un set pari contro una russa……mora.
C’era tutto il clan russo a supportare Pospelova (98), compresi giganteschi tecnici e presumo genitori ancora più grossi (ecco perché l’altra che stava giocando con la brasiliana il cui nome mi rifiuto di scrivere era stata lasciata sola). Si stava giocando il terzo set e l’underdog non mollava un colpo, anche se mi sarei immaginato una onorevole resa.
Ma la Pospelova sembrava trarre giovamento dai давай! (davay!) urlati dagli amici ad ogni punto e l’altra si ritrovava a giocarsela punto a punto con i rischi del caso, trovandosi ad un certo punto sotto 1-3 nel tiebreak decisivo. Recuperava la Galfi, fino ad issarsi a match-point, ma incredibilmente, mentre Pospelova era ferma fuori dal campo e la palla rimbalzava nei pressi della rete all’altezza ideale per essere finita…………. la spediva in rete. Un doppio fallo sanciva l’uscita dal torneo della testa di serie numero 1 e la Pospelova, nonostante tentasse disperatamente di sottrarsi, subiva l’abbraccio e gli sbaciucchiamenti sinceri di una “matrioska” cicciona in lacrime, presumo la mamma a giudicare dalle pacche sulle spalle che ha poi ricevuto da tutto il gruppo.
Il match che mi ero segnato sul programma con un circoletto rosso era intanto appena iniziato (solo donne erano impegnate in questa fascia oraria). La nostra amica Beatrice Torelli (97) non aveva pescato benissimo e si giocava le sue chance contro la giovanissima ma già affermata australiana di origine argentina Seone Mendes (99), alla quale rendeva diverse posizioni nel ranking junior, per quanto possa valere.
Due storie di tennis a confronto, una più internazionale e l’altra più provinciale nell’accezione più bello del termine, resa evidente almeno ai miei occhi dai due padri seduti sulle panchine del campo 10.
Una bimba cresciuta tra Australia, Argentina e Spagna per seguire la carriera calcistica dei suoi famigliari ed allenata dal papà, l’altra formatasi tennisticamente nella provincia italiana traendo anch’essa energia e sostegno da un padre sportivo ed anch’egli ex atleta, ma presente in un modo diverso.
Beatrice tirava forte, non una volta ma tre/quattro/cinque alternando i due colpi laterali con precisione e profondità; Seone pareva stupita di cotanta aggressività, ma ribatteva colpo su colpo con una rara velocità negli spostamenti cercando di arginare la furia avversaria con variazioni sapienti ma insufficienti a scalfire la sicurezza dell’altra e così la nostra scappava via per aggiudicarsi da dominatrice il primo set.
La seconda frazione era più combattuta, si andava avanti punto a punto fino al 3-3 quando Bea effettuava uno strappo che non avrebbe ceduto fino alla fine non rallentando mai e non derogando in alcun modo da un piano tattico perfetto neppure quando l’avversaria ha avuto le sue chance.
Sono rimasto sinceramente impressionato dalla prestazione della figlia di rikis (credo che questo fosse il suo nome sul blog) e dai progressi degli ultimi dodici mesi; ha saputo convivere con difficoltà fisiche e recuperare da alcuni infortuni di cui eravamo informati con molta maturità a quanto posso giudicare da quel che ho visto oggi ed è progredita in modo esponenziale negli ultimi mesi giovandosi, tra l’altro, delle belle esperienze di gruppo quali una tournee sudamericana nella quale è stata protagonista vincendo anche un discreto torneo internazionale.
Se devo ravvisare un limite è evidente che il servizio è un colpo ancora insufficiente, almeno se paragonato al resto; ma si sta parlando di un livello alto, di vittorie ottenute con buona continuità e, almeno oggi, con grande sicurezza nei propri mezzi.
Credo che faccia piacere a tutti coloro che leggono e anche a quelli che scrivono su questo blog.
Accanto, sul campo 11, sta giocando invece la Cappelletti e qui vi racconto un episodio curioso e anche un po’ triste, nel senso emiliano del termine, come sinonimo di deludente, sconfortante.
Una delle palle termina vicino a dove sono seduto, nascosta alla vista delle giocatrici e, dal momento che per diversi scambi, le ragazze e l’arbitro non la vedono, mi viene spontaneo avvicinarmi per prenderla e porgerla alla battitrice americana, quando una voce mi blocca: “è l’unica cosa che non deve fare” (testuale).
Mi giro e vedo che il monito proviene da una persona dell’ambiente federale in divisa che segue la giocatrice e, sul momento, non ne comprendo il motivo ma eseguo l’ordine, ma dopo qualche minuto, al cambio di campo chiedo per quale motivo non dovrei ridare la palla.
Alla risposta: “adesso la può anche dare” mi viene il flash e rimango basìto; sul 2 pari del primo set non volevano che l’americana servisse con una pallina un pelo meno consumata, ragazzine di sedici anni, in un torneo juniores, sulla terra battuta. Scuoto la testa……….che cosa triste!
Va beh, andiamo avanti perché nel frattempo hanno cominciato i maschi e su campi vicini mi divido tra Moroni e Ramazzotti. Due belle partite e due prospetti interessanti .
Il primo è proprio grosso, non è vero che ha “la panza” come avevo letto da qualche parte; è un ragazzone che sicuramente dovrà attenersi ad un regime dietetico rigoroso, ma se nello sviluppo definitivo si smagrisce un pelo, esce un giocatore di una forza fisica straordinaria. Il diritto è devastante, il rovescio a una mano visivamente piacevolissimo e discretamente efficace. Quell’altro, argentino, non l’ho visto sbagliare un colpo e nonostante questo sono andati al terzo (5-7) anche se non l’ho vista tutta. Ovvio che portarsi in giro tutti quei chili non è facile e sugli spostamenti necessita di dura applicazione, ma si può fare, eccome.
Ramazzotti era in controllo assoluto del match; ha vinto il primo 6-4, pur avendo perso il servizio di esordio ed era avanti 2-0 quando ha sentito una fitta al polpaccio, almeno credo anche se si toccava anche il ginocchio. La partita è finita lì. E’ parecchio alto, ma ha il baricentro basso e ciò gli consente di muoversi sul campo con buona padronanza della situazione; serve molto bene, tende a spostarsi sul diritto che è il suo colpo, mi sembra da migliorare la diagonale rovescio contro rovescio.
Il suo avversario era una buona testa di serie e mi ha colpito quanto fosse dispiaciuto per la fine anticipata del match, a proposito di sportività.
Ormai si era fatta l’ora di occuparmi delle mie faccende e me ne sono andato con il rammarico di non aver potuto assistere agli incontri di Bianca Turati e Tatiana Pieri.
Ho avuto però modo di vedere Bianca aggirarsi per i campi e l’ho trovata molto migliorata a livello fisico: ha “messo su” due gambotte niente male e deve aver lavorato parecchio anche sulla parte superiore del corpo: la sua vittoria contro pronostico di cui potete leggere nel resoconto dell’ufficio stampa mi permetterà spero di vederla giocare nei prossimi giorni.
Non così per la “Pierina”, che ha perso nettamente, peraltro dalla runner up della scorsa edizione, e che appare, almeno dai risultati, in una fase non brillantissima.
Ma la strada è ancora lunga per tutti. Stay tuned!
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