(Francesco Ricci Bitti – Presidente Itf)
di Lorenzo Cialdani
Testa o cuore? Programmazione o istinto? Tutto sommato, per quante strade si possano trovare per giustificare le parti in fatto di Davis Cup, le risposte a queste domande sembrano essere le sole a dare una visione un minimo più chiara di cosa realmente è, per gli addetti ai lavori, il torneo mondiale per nazioni di tennis.
Le continue diatribe con tale competizione alla propria base fanno capire che le modalità di svolgimento non raccolgono il 100% dei consensi, e le varie defezioni nel corso dell’anno, le quali minano alla base la veridicità dei risultati almeno in fatto di valori assoluti in campo, restano avvolte nel mistero, tra screzi dei singoli con le rispettive federazioni e assenze legittimate da un calendario durissimo in termini di tempi tecnici e di recuperi. Il “vil denaro”, poi, recita una sua decisiva parte: la carriera di un tennista professionista ha breve durata rispetto a quella che dovrebbe essere una normale esperienza lavorativa, e dunque retributiva, e per coloro che non sono al vertice e che non riescono a toccare quei montepremi spesso entra in gioco la necessità di dire di no per non perdere preziosissimi prize money.
A dire la verità ciò che davvero dovrebbe dare da pensare è che non sono i giocatori di medio-bassa classifica a rinunciare alla chiamata del proprio Capitano, bensì tale scelta viene spesso presa dai top players, i quali decidono deliberatamente di concentrarsi sul circuito ATP e di snobbare i più nobili nazionalismi , lasciando in cattive acque i colori nazionali (basti pensare alla recente retrocessione della Spagna nel Gruppo I a causa delle pesantissime assenze di Nadal, Ferrer, Verdasco, Lopez ecc.).
Tra i top players della classifica ATP chi non ha mai fatto mancare il suo apporto è il ceco Tomas Berdych, autore dei successi del 2012 e del 2013 assieme al suo inseparabile compagno di nazionale Radek Stepanek, il quale ha proposto una modifica delle modalità di svolgimento della competizione che dovrebbe, a suo avviso, divenire un evento a cadenza biennale, come per quanto riguarda la Ryder Cup nel golf. Berdych ha anche aggiunto che l’impegno profuso negli anni in cui ha partecipato attivamente alla competizione hanno decisamente condizionato le sue prestazioni nell’ambito dei principali tornei ATP, sia per i minori tempi di preparazione e di adattamento alle varie superfici di gioco, sia visto l’innegabile carico di lavoro e di stanchezza supplementare svolto nei giorni precedenti agli incontri di Davis.
A rispondere al N.1 ceco ci ha pensato Francesco Ricci Bitti, presidente dell’International Tennis Federation, evidenziando come il calendario tennistico si svolge su base annuale e sono troppi i fattori che potrebbero modificare radicalmente le singole forze in gioco, soprattutto visto che il tennis è uno sport individuale e non di squadra dove si può semplicemente rimpiazzare un giocatore mantenendo l’integrità di base di un team. Un altro punto emerso dal pensiero di Ricci Bitti prevede che gli eventuali spareggi dovrebbero disputarsi sulla base di incontri “in casa e in trasferta” cercando di limare il totale vantaggio di una squadra rispetto all’altra per quanto concerne la superficie e il tifo del pubblico di casa.
Riguardo alla stanchezza accumulata dai giocatori impegnati, Bitti ha sottolineato come sia sbagliato evidenziare queste assenze solo per quanto riguarda la Davis e non ritenerle altrettanto importanti in sede dei numerosi tornei ATP (o WTA per quanto invece riguarda la Fed Cup nel circuito femminile).
Con gli anni che passano anche per i grandi del tennis del presente, il rischio è che l’attenzione generale rispetto a questo sport, che con i Fab Four ed i fasti della “Golden Era” degli scorsi anni aveva raggiunto un altissimo ed inedito livello, torni a perdersi anche a causa di un gioco più piatto e meno spettacolare e con i tifosi e gli spettatori dei singoli paesi che potrebbero non riuscire più ad identificarsi nei grandi campioni che hanno fatto parte della loro vita o che, come è successo in molti casi, li hanno spinti a conoscere il tennis molto più da vicino facendo lievitare il numero di praticanti e di amanti di questo sport sotto tutti i punti di vista.
Regge banco anche il discorso Federazioni (che vale anche per molti altri sport), ree di non investire troppo sui giovani e sul futuro del sistema-tennis, anche se Bitti stesso conferma la volontà dell’ITF di continuare a stimolare gli organi sportivi di ogni stato ad incentivare la crescita ed il sostegno ai nuovi astri nascenti.
Di quesiti senza risposta, così come di dubbi e perplessità, ne restano molti; sarà dunque in grado il circus tennistico di affrontare questo nuovo banco di prova?
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