di Marco Mazzoni
History in the making. Questo lo slogan piuttosto eloquente che campeggia sul sito ufficiale e sui cartelloni che promuovono la sfida di Coppa Davis tra Canada e Italia, che aprirà ai nostri azzurri o ai canadesi le porte per la semifinale della più antica competizione sportiva a squadre, All Sports. Occasione storica per il Canada, che mai aveva passato un turno di un tabellone principale, eccetto la semifinale persa nella notte dei tempi nel 1913, quando però la Davis era giocata con una formula un tantino diversa. Vedendo il sorteggio Davis dello scorso autunno, con l’urna malefica che decretò un esordio quasi impossibile contro lo spauracchio iberico, nessuno in Canada avrebbe osato nemmeno immaginare lo scenario attuale, i quarti di finale. Invece miracolo è stato, per merito di Raonic e compagni in campo, ma soprattutto per colpa di una Spagna a dir poco spuntata. La semifinale sarebbe se non proprio storica molto importante anche per l’Italia, che manca l’appuntamento dal 1998, quando non così lontano dal Canada (a Milwaukee negli Usa, corsi e ricorsi storici?) sconfisse il team a stelle e strisce, orfano per onor di cronaca di Agassi e Sampras, arrivando fino alla finalissima di Milano, persa contro la Svezia.
Un’occasione storica si diceva. Mai i nostri tennisti sono sbarcati in Canada a giocarsi un match di Davis. Si giocherà in una location tutt’altro che banale. Il teatro della sfida sarà la bellissima Vancouver presso il Doug Mitchell Thunderbird Sports Centre (nella foto a sinistra), proprio dove il Canada ha battuto la Spagna lo scorso febbraio. Scaramanzia? Forse, ma anche la conferma di una struttura bella, funzionale, e inserita nella città canadese più dinamica ed a maggior passione tennistica. L’Arena è normalmente teatro dello sport nazionale, l’hockey su ghiaccio, ed è situata appena fuori da Vancouver all’interno del campus della University of British Columbia, uno dei college più importanti al mondo. Gli spalti accolgono 7200 spettatori, e si prevede un ottimo afflusso, grazie alla crescita di Raonic sull’Atp tour e all’impresa storica di febbraio, che ha avuto un’eco notevole in tutto il paese, arrivando anche a coloro che poco conoscono il nostro amato tennis. Nel palazzetto normalmente si svolgono le partite casalinghe degli UBC Thunderbirds (la squadra dell’università), ma si sono disputate anche gare dei XXI Giochi olimpici invernali del 2010, dopo che l’arena fu totalmente rinnovata tra il 2006 ed il 2008. Non è la prima volta che qua si rincorre una pallina di feltro, anche se resta un posto “anomalo” per il tennis, poiché di solito a queste latitudini si va su di giri per uno sport antico e molto diverso, l’hockey su ghiaccio. Se il tennis ha “500 anni” di storia, anche l’hockey non scherza. Un gioco molto simile all’attuale hockey sul ghiaccio fu dipinto dal fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio, “Cacciatori nella neve” (nella foto a destra), già nel 1568; e la storia vuole che il 3 marzo 1875 fu disputata la prima partita documentata presso la pista di ghiaccio Victoria di Montreal, quindi più o meno in contemporanea alle prime palle tirate sui verdi prati di Wimbledon. Uno sport estremamente fisico l’hockey, con contatti spesso al limite o pure oltre, ma anche molto tecnico, tattico, rapido ed altamente spettacolare. Con il solo difetto nella difficoltà di “vedere il disco”, molto piccolo e tirato a velocità folli, tanto che se non lo si segue con estrema attenzione il rischio di perderlo di vista proprio sotto porta è reale. In Canada l’hockey è molto più di un divertimento, è una religione, uno stile e uno spaccato di vita, un amore quasi filosofico che va oltre al puro concetto di passatempo sportivo. Basta fare una vacanza da quelle parti per accorgersene, con un’attenzione da parte della popolazione superiore a quella degli italiani per il calcio. Restando a Vancouver, obbligatoria è una sosta nel “tempio” dello sport in città, la Rogers Arena, stadio del ghiaccio casa dei Canucks. Dalla vivacissima, colorata e pittoresca Chinatown si arriva in due passi allo stadio, che si apre agli occhi dei visitatori così moderno da sembrare un’immensa astronave! Oltre ai classici spalti, dove la temperatura della passione raggiunge valori altissimi, è un susseguirsi di aree esclusive, incluse suites, ristoranti gourmet, spazi giochi e ovviamente commerciali, il tutto inserito in un’organizzazione (e business) che al confronto il nostro calcio impallidisce. E non serve nemmeno recarsi alla Rogers per capire la mania dei cittadini per i Canucks, la città è letteralmente invasa da orde di fans che indossano con orgoglio e fede talebana le divise officiali dei propri beniamini, esposte in pubs, giardini, negozi, mezzi pubblici e via dicendo. Secondo studi di marketing questo sport ha storicamente i fans più leali e affezionati del Nord America, e dal punto di vista commerciale tira costantemente, con il segno più fisso anno dopo anno, paradossalmente anche nei periodi tristi del lockout (ossia degli scioperi, che hanno fermato la lega NHL anche lo scorso inverno). Il suo più grande campione è stato Wayne Gretzky, “The Great One”, con la sua maglia n.99 ritirata per sempre da tutta la lega. Un campione immortale, che detiene un numero impressionante di record, che nei suoi oltre 20 anni di carriera dai ’70s ai ’90s ha avuto un impatto tecnico senza uguali; senza contare quello mediatico, diventando un’icona che va oltre al ghiaccio. Un personaggio globale in Nord America, tanto che una delle sue massime (“Pattino dove sta andando il disco, non dove è stato”) è stata usata pure dal guru di Apple Steve Jobs nell’ultima slide della storica presentazione del primo iPhone del 2007.
Hockey ovunque, ma il tennis a Vancouver è diventato il secondo sportnell’interesse dei fans secondo il Charleston Research Group Study, con almeno il 20% della popolazione che si interessa ai risultati dei giocatori canadesi ed ai grandi campioni (Federer il più amato), con buoni ascolti in tv non solo per i due grandi tornei estivi di Toronto e Montreal, che godono di ottima salute, ma anche per gli Slam. Cavalcando quest’onda, ambiziosi sono i punti essenziali del piano triennale del governo del tennis della British Columbia: “Crescita della comunità tennistica, incremento e miglioramento delle strutture sportive dedicate al tennis, delle competizioni a tutti i livelli dall’amatore agli agonisti esperti, crescita del volontariato per l’organizzazione di corsi gratuiti e di supporto agli eventi tennistici, piani di business per la ricerca di sponsorizzazioni al sostegno della crescita del tennis alla base e dei tornei nazionali e internazionali”. Niente è stato lasciato al caso, compresa l’assunzione di esperti di tennis e di marketing applicato alla disciplina, intuito il potenziale del nostro sport nel paese, viste anche le prospettive reali del Canada nel tennis che conta. Non solo Raonic, oggi al n.16 Atp a meno di 23 anni e da molti considerato come potenziale vincitore di tornei dello Slam, ma anche Vanek Pospisil (anche lui classe 1990 con un best ranking al n.85) e il giovanissimo Filip Peliwo, nominato giocatore junior dell’anno 2012. Segno evidente di un movimento in crescita e che si alimenterà in futuro sia ai vertici che alla base, estremamente dinamica e propositiva. Un momento magico per il tennis canadese, il migliore di sempre, anche di quando a metà anni 90 Greg Rusedski tradì il suo paese natio scegliendo il passaporto UK, diventando poi n.4 del mondo. Un futuro che potrebbe riservare la sorpresa “massima”, con il Canada che rischia seriamente di surclassare i cugini statunitensi nel mondo del tennis, nonostante ci sia più di un abisso nelle tradizioni tennistiche tra i due paesi. Roba inimmaginabile anche solo 4-5 anni fa. Sarebbe una vendetta perfetta, visto che nell’hockey professionistico alcune storiche squadre canadesi sono state cancellate a favore di città Usa con poca tradizione. E soprattutto per vendicare l’assenza del titolo NHL in Canada: da 20 anni una squadra canadese non riesce a vincere la Stanley Cup (ultimi i Montreal Canadiens nel 1993), con proprio i Canucks di Vancouver che ci sono andati vicinissimi nel 2011, perdendo alla settima e decisiva sfida contro i Boston Bruins, in quello che si rivelò un “lutto” sportivo nazionale, e per Vancouver in particolare.
Vancouver. E’ una città molto intrigante, una di quelle in cui si vive meglio al mondo stando ad autorevoli ricerche. Nel 2011 infatti la metropoli del nord Pacifico per il quinto anno consecutivo è stata in vetta nella classifica stilata dall’Economist Intelligence Unit, gruppo di ricerca legato al famoso quotidiano finanziario, che mette in fila 140 località di tutto il mondo in base a 30 parametri, fra cui la tutela della salute, la cultura, l’ambiente, l’educazione e la sicurezza personale. Vancouver ha ottenuto il punteggio più alto (98 su 100) per il suo mix di stabilità e infrastrutture. La città è arrivata prepotentemente nelle nostre case grazie ai giochi Olimpici invernali del 2010, che sono stati un successo sportivo ed organizzativo, specchio di una capitale moderna, efficiente, bella. Un spot al mondo intero, a dimostrare che una metropoli non deve per forza diventare un “mostro”, ma può restare un ambiente a misura d’uomo. L’intera area metropolitana vanta 2 milioni di abitanti, con un mix etnico molto interessante sottolineato dal fatto che solo metà della popolazione ha come prima lingua l’inglese. La città è estremamente dinamica sul piano economico e sociale, con un eccellente integrazione tra le comunità etniche residenti, soprattutto provenienti dal sud-est asiatico (ci sono anche italiani, anche se pochi rispetto a Toronto o Montreal). La popolazione di origine asiatica è talmente numerosa che Vancouver viene spesso soprannominata “Hong Kouver”, visto che molti facoltosi cinesi fuggiti da Hong Kong qua si sono stabiliti. Una città che è cresciuta con il commercio del suo porto e sfruttando le straordinarie risorse naturali come la pesca, miniere e foreste, ma che molto rapidamente si è convertita ai servizi. In pochi sanno che è diventata il terzo polo in Nord America per il cinema e spettacolo dopo Los Angeles e New York. Moltissime le serie Tv girate nei suoi studios, come Cold Squad, Smallville, Stargate SG1, The Highlander, Ballistic, 4400, Changeling, e soprattutto la celeberrima The Twilight Saga. Di Vancouver sono originari personaggi dello spettacolo come Bryan Adams, Pamela Anderson, Michael J. Fox e Michael Bublé tanto per citarne alcuni. La metropoli del Pacifico canadese è anche una delle capitali mondiali dell’high-tech, in particolare nello sviluppo dei videogiochi, attraendo moltissimi “cervelli” giovani da tutto il mondo che qua trovano un ambiente ideale per sviluppare la propria creatività. Una forte spinta economica che l’ha plasmata anche sul piano architettonico: l’enorme quantità di grattacieli commerciali e residenziali costruiti soprattutto dal 1997 e al 2004 l’hanno posizionata al 3º posto nella graduatoria delle città “verticali” del Nord America, con una densità di grattacieli per km/q terza dietro a New York e San Francisco. Il grattacielo più alto è l’avveniristico Living Shangri-La, alto 201 metri nei suoi 62 piani. Vertical city, e non sotterranea come le sue cugine della est coast, dove i terrificanti inverni, lunghissimi e gelati, hanno costretto i canadesi a costruire una città invernale al riparo dalle temperature impossibili, vivendo sottoterra come “talpe deluxe”.
Niente di questo a Vancouver, dove nel mese più freddo (gennaio) la media delle temperature minime è di +2,7 °C (può nevicare anche abbondantemente, ma non dura a lungo), e d’estate si possono toccare con il sole anche 30 gradi, con luglio e agosto (i mesi più caldi) che hanno una media mensile di 22°C. Il problema semmai è la pioggia, con una media di 1107mm e molto vento, tanto che l’ombrello non è un accessorio, ma un compagno di vita, in stile praticamente british. Come l’Anorak, ossia una giacca a vento, indispensabile in larga parte della stagione per proteggersi da vento e pioggia, e liberarsene al primo bel sole, diventando oggetto “cool” soprattutto per i giovani, molto attenti alla moda visto che i residenti sono in media benestanti. E’ una società giovane, moderna e dinamica quella canadese. Molto più attenta dei cugini Usa alla qualità del cibo, basta vedere l’enorme numero di negozi Bio e di qualità rispetto al terribile junk food a stelle e strisce. Probabilmente li aiuta la vicinanza ad una natura bella, verdissima, imponente e invadente anche in città, mai cattedrale di cemento ma attentissima alla vivibilità. Non è un caso che si va un sacco in bicicletta, nonostante il tempo spesso inclemente. E basta uscire pochi chilometri dal centro per perdersi in una natura incontaminata, con animali selvatici e boschi rigogliosi. Infatti oltre a quello cittadino, buona parte del turismo diretto a Vancouver fa sosta qualche giorno in città per poi addentrarsi nella meraviglia dei parchi naturali vicini. E per la neve, visto che in meno di mezz’ora dal centro è possibile arrivare sulle piste da sci delle montagne a ridosso del mare! Se andate a Vancouver e non siete proprio avventurieri, almeno visitate lo splendido Stanley Park e l’acquario, meta di ogni famiglia. E’ una società attenta e che cresce “bene”, con una straordinaria integrazione razziale e tolleranza, che trae linfa dal buono di ogni cultura, esplodendo in tutte le arti del sociale e vivere. Ben lo dimostra la seguente curiosità, frutto di una ricerca web assolutamente banale: battete su google le due parole “Vancouver” e “tennis”, tra i primissimi link vi apparirà il sito della Vancouver Tennis Association (VTA), che ha come scopo principale quello di “promuovere la amicizia e sana competizione tra i giocatori di tennis della comunità gay e lesbica”, vantandosi di essere la più vasta associazione sportiva del genere in città tra tutti gli sport. Un’apertura sconosciuta alle nostre latitudini…
Tornando in campo per la sfida di Davis, che match ci aspetta? Non facile. Giocare fuori casa è sempre un’incognita, in questo caso non tanto per la superficie, che si aspetta rapida, ma soprattutto per le palle. Si giocherà con le Yonex, molto veloci e difficilmente controllabili in lunghi scambi, e poco amate dai giocatori che si basano sul ritmo, come Seppi. Sono poco usate nel circuito, ma è la palla ufficiale di San Josè, dove “casualmente” Raonic è il campione da tre stagioni di fila… Leggendo la stampa di questi giorni si è parlato di una “furbata” da parte dei canadesi, che più che agire sulla superficie hanno lavorato sulle palle per favorire il loro n.1. Del resto in Davis il campo e le condizioni sono da sempre un fattore, spesso importantissimo, quindi non c’è da stupirsi che i canadesi cerchino di sfruttarlo a proprio vantaggio. E palle o non palle, la classifica parla chiaro, Raonic sarà lo spauracchio, il favorito per vincere entrambi i suoi singolari, e forse anche a scendere in campo in doppio con il collaudatissimo 41enne Nestor, uno dei più forti al mondo nella specialità nelle ultime decadi. Sia Seppi che Fognini non partono battuti contro il gigante Milos, tuttavia lo scenario più probabile è quello di Raonic che vince i suoi due singolari, e i nostri azzurri Seppi e Fognini che strappano il successo contro il n.2 canadese. Quindi potrebbe essere, come a Torino contro la Croazia, decisivo il punto del doppio. Qua arrivano i problemi, perché la nostra coppia Fognini – Bolelli è appena “saltata” per il problema al polso subito da Simone a Miami contro Dimitrov. Il bolognese è stato costretto a dare forfait, inutile la corsa dal “dottor Laser” Parra, che ha solo tamponato ma non risolto abbastanza il problema. Del resto il polso è forse l’elemento più delicato nella catena cinetica di forze del gesto tecnico del tennista, quindi c’è da andare con enorme attenzione prima di guastarlo di brutto. Un vero peccato, perché Bolelli a Torino ci era piaciuto moltissimo: solido, preciso, molto costante al servizio, è stato vero trascinatore dando serenità e continuità anche alla prestazione del talentuoso ma discontinuo Fognini. Una coppia che ci sta regalando molte soddisfazioni dall’estate scorsa, in cui s’è creata una chimica vincente e che poteva essere il nostro asso nella manica. Speriamo non diventi invece un punto debole, con il probabile impiego di Bracciali, meno affiatato con Fognini. L’altra incognita è sul secondo singolarista dei padroni di casa. Il più giovane Pospisil, o il più esperto Dancevic? Bocche cucite per ora da Vancouver, ma potrebbe essere confermato il secondo come singolarista, sia per la bella vittoria contro la Spagna che per il suo tennis esplosivo, che se in giornata ha i numeri battere anche i nostri. Dall’altro lato Fognini pare molto maturato, e il punto decisivo contro Dodig gli ha dato nuova consapevolezza. Tutti sperano che Fabio si accenda come lui sa fare, fino a compiere l’impresa contro Raonic alla prima giornata, che ci farebbe affrontare il doppio al sabato con meno tensione. Seppi viene da un ottimo Miami, il suo miglior torneo mai giocato in America, terra dove mai s’era espresso al meglio. Inoltre l’indoor da sempre esalta il tennis di Andreas, che non disdegna affatto le condizioni veloci.
Il team canadese confida nel supporto del pubblico, assai presente contro la Spagna, inclusi molti tifosi che arriveranno indossando le classiche divise delle squadre di hockey con stampati i nomi di Raonic e compagni. Ad attendere gli azzurri quindi un clima caldo nonostante il paese sia uno dei più freddi, e un campo veloce, per rendere imprendibili le bordate di servizio di Raonic. Del resto siamo nel paese dello sport sul ghiaccio…
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