di Alessandro Mastroluca e Luca Fiorino
Due sconfitte identiche nel punteggio, molto diverse per aspettative, percezioni, conseguenze. Due sconfitte che aprono riflessioni e domande. La rimonta subita dall’Italia in Fed Cup a Genova e lo stop degli azzurri a Astana chiamano inevitabilmente in causa Corrado Barazzutti. Ma ha davvero sbagliato qualcosa? Si è affidato alla numero 1 sul rosso, e alle numero 1 del mondo in doppio, nell’ultima giornata contro la Francia rinvigorita di Amelie Mauresmo. In Kazakistan, con il doppio già sicuro al di là della pretattica ormai stantia e scoperta al sorteggio, ha ruotato tre punte. Forse sorpreso anche lui dal modo in cui Bolelli si è arreso a un peraltro ottimo Kukushkin, ha puntato nel momento decisivo sul numero 1, sull’uomo Davis, che pure era arrivato in extremis dalla trasferta sul rosso in Sudamerica. È una di quelle situazioni in cui si rischia di sbagliare comunque: mettere in campo Bolelli, e tenersi Fognini solo in doppio, in caso di sconfitta sarebbe apparsa una decisione forse anche peggiore. Eppure, le scelte, soprattutto in questi casi, non andrebbero misurate sull’esito della partita, ma valutate in rapporto alla situazione in cui sono state prese. E chiedersi: a parità di condizioni, domani rifarei le stesse scelte?
La risposta ce l’ha solo Barazzutti. Noi abbiamo provato a chiedere a chi la Davis l’ha giocata, anche se per una sola partita: Marzio Martelli, che nel ’97 a Pesaro perse da Carlos Moya battuto due giorni prima da Omar Camporese all’ultimo grande acuto della carriera. E abbiamo chiesto anche a chi ha vissuto i due ruoli, a Raffaella Reggi, che da capitano di Fed Cup ha chiamato per prima in nazionale Flavia Pennetta, e a Paolo Bertolucci, capitano azzurro nell’ultima finale in Davis, la finale delle lacrime di Gaudenzi per quel tendine ceduto alla patria. Unanime il giudizio sul primo turno di Fed Cup a Genova: le scelte erano obbligate. “Eravamo favoriti però purtroppo quando perdi il doppio in quella maniera cadono tantissime certezze” spiega Bertolucci. “Queste ragazze francesi hanno trovato nell’ultimo incontro una giornata fantastica, Errani su superfici più rapide soffre e Vinci accusa ancora qualche problema alla spalla. Le nostre hanno vinto talmente tanto, hanno ottenuto così tanto in questi anni che ci sta anche un passo falso. Non si tratta di fame, Giorgi è ancora troppo altalenante, ha giocato perfettamente nella prima giornata per poi mancare nel momento decisivo. Non farei nessun tipo di processo ad una sconfitta del genere dopo così tante vittorie. Sono cose che accadono nello sport, altrimenti non si scenderebbe neanche in campo se dovessimo considerare le sole classifiche. Giornata non storta, ma d’assenza sul campo per Errani e Vinci, ma ripeto, ci può stare”. Perché poi ci sono le superfici, sottolinea Reggi, “i momenti, gli stati di forma. E in più mancava Flavia Pennetta”, che avrebbe potuto consentire quanto meno a una Sara Errani evidentemente non in forma di riposare in uno dei due singolari.
Divisi, invece, i giudizi sulla gestione della Davis, e soprattutto sulla chiamata di Fognini per l’ultimo singolare. Bertolucci difende Barazzutti, che con lui e Adriano Panatta ha scritto la pagina più alta della storia azzurra in Coppa Davis. “Quando giochi fuori casa, su una superficie rapida, contro una formazione non eccezionale ma con un giocatore come Kukushkin che può dare fastidio ovunque, si può anche perdere. Bolelli non si poteva non mettere in campo dal momento che veniva da un ottimo periodo giocato bene sul veloce. Fognini arrivava dalla terra e quindi mi sembra logico che sia sceso in campo Bolelli nella prima giornata. Con quel Kukushkin potevamo aspettarci una maggiore resistenza nel secondo e terzo parziale, ma non dare per scontata la vittoria. Abbiamo vinto il doppio quindi sul 2-1 eravamo messi piuttosto bene, poi Kukushkin ha superato Seppi e anche per l’altoatesino vale lo stesso discorso fatto prima per Bolelli. Ci attendavamo un po’ più di lotta, ma ci sta perdere con quel Kukushkin a casa sua. A quel punto è normale che il capitano metta in campo Fognini, ma tutta la vita! E’ il numero uno d’Italia, ci sono oneri ed onori, deve andare in campo e dimostrare di esserlo e portare a casa il punto decisivo. A quel punto lì, gioca contro un giocatore che non conosce, che serve particolarmente bene, che per un set e mezzo lo travolge, lo recupera sul 2 set ad uno e lì pensavo che la maggior esperienza di Fabio sarebbe venuta fuori. La colpa di Fognini è stata che nel quarto set si è un po’ rilassato pensando di aver ormai quasi vinto il match. L’altro è tornato su prepotentemente e poi sul 2-2, nello sport, special modo in Davis e fuori casa non esistono più le classifiche, è come se stessimo 0-0 in quella situazione. Sul 4-1 nel quinto l’altro s’è bloccato, rimontando poi sul 5-4 lì avremmo dovuto azzannare l’avversario e vincere la sfida. Meno male in generale che c’era l’occhio di falco, disturbi che fuori casa si sentono ma non è una giustificazione. I giocatori attuali sono viziati da questo punto di vista. Hanno giocato un match nelle stesse condizioni di quando si giocava 20 anni fa, meno male che l’arbitro era neutrale sennò ci avrebbero rubato anche le mutande. Kukushkin ha giocato due match a livelli assoluti per quello che è il suo valore, ha sbagliato pochissimo. Hanno fatto faticare la Svizzera lo scorso anno, Nedovyesov ha servito come un treno e come non credo abbia mai fatto così frequentemente in passato per cui bravo il capitano kazako a sceglierlo”.
Il capitano, obietta Raffaella Reggi, “a volte deve anche rischiare. Mettere sempre il numero 1 e 2, 2 e 1, toglie responsabilità. Io non capisco perché non abbia messo Bolelli come quinto singolarista. È vero, Fognini è uomo Davis, ma veniva dalla stagione sul rosso in Sudamerica. Il match era alla portata anche di Simone, evidentemente Corrado ha ritenuto che a livello di fiducia Fognini potesse dare qualcosa in più. Comunque è difficile giudicare da fuori”. In Davis, aggiunge Martelli, “devono giocare i più in forma, la classifica conta fino a un certo punto. La partita era difficile, io forse avrei fatto giocare Bolelli al quinto singolare, perché comunque sul veloce stava giocando bene, aveva battuto gente come Raonic”.
Al di là delle due ultime sconfitte, dei risultati e delle contingenze, è arrivato il momento di un cambio della guardia? “Per me no, io avrei fatto lo stesso” dice Bertolucci. “Bolelli la prima giornata e il numero uno della mia squadra nel momento decisivo lo faccio giocare, mi devo affidare a lui. Noi è come se avessimo per modo di dire tre punte, ma c’è il numero uno ed è Fabio Fognini. Sono processi assurdi per me. Credo che Barazzutti rimanga sicuramente fino almeno alle Olimpiadi di Rio 2016, poi dopo non saprei”.
Cambiare, sostiene invece Reggi, “a volte fa bene, può servire portare nomi nuovi, persone nuove. Servirebbe soprattutto allargare gli orizzonti, principalmente fra le donne, magari avere rose di 8-10 giocatrici da ruotare in stagione, fare qualche stage in più e aggregare qualche giovane nei vari match, premesso che è stato giustissimo come premio convocare Vanni come quinto a Astana. E poi io sarei favorevole ad avere due capitani diversi per Davis e Fed Cup”. Anche nelle parole di Martelli c’è l’idea che il cambiamento possa apportare benefici. “Barazzutti ha ottenuto grandi risultati in questi anni, ma credo sia arrivato il momento di una ventata di aria fresca”.
Per il dopo-Barazzutti, il profilo del candidato ideale è lo stesso per tutti. “Non è così facile” conclude Bertolucci, “il capitano è un esterno che deve andar d’accordo con giocatori, allenatori, preparatori atletici e mettiamoci anche le fidanzate. Senza aver un contatto diretto, bisogna farsi ben volere e accettare da vari team che sono poi in contrapposizione uno con l’altro ma che si rispettano. Mi auguro solo che in futuro venga preso il posto da una persona di spessore, di qualità che in passato in qualche maniera abbia contribuito a fare la storia del tennis italiano”.
Indipendentemente dalla personalità, dai tratti di carattere e dal carisma, “Barazzutti è una figura fondamentale nella nostra storia tennistica. Non è semplice trovare il nome di un possibile sostituto in questa generazione”. Ma lancia una candidatura a sorpresa che sostiene anche Martelli. “Flavia Pennetta, per il suo modo di essere, per il rapporto con le giocatrici, sarebbe un capitano ideale di Fed Cup”. In Davis, le scelte si fanno più difficili, le alternative aumentano. “Potrebbe essere Camporese, anche se non so cosa stia facendo ora” ammette Martelli, “potrebbe essere Nargiso, o anche Paolo Canè, che ha una testa matta, è vero, ma ha un bel carisma”. Perciò, lo chiediamo a voi: chi vedreste come capitano di Coppa Davis azzurro?
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