(Axel Michon – Foto Nizegorodcew)
di Luca Brancher
La prima volta che lessi il nome di Axel Michon fu in un’occasione in cui, convenendo con altre persone presenti al medesimo avvenimento, mi domandai se quella non potesse essere anche l’ultima. In effetti che questo ragazzino francese – ed il diminutivo è ben speso, perché all’epoca dimostrava ancora meno dei 18 anni che avrebbe compiuto nel corso di quel 2008 – avesse ricevuto una wild card per il tabellone di qualificazione del challenger di Bergamo, pur non avendo classifica, e dove, per diritto di ranking, vi avevano accesso soltanto giocatori almeno top-500, fornì il pretesto per pensare che il tutto fosse figlio di un accordo che aveva come base la certezza di avere nel main draw una stella di prima grandezza come Fabrice Santoro. Una sorta di do ut des, per intenderci. Per cui il primo impatto fu sicuramente dettato da una sorta di prevenzione: per curiosità, tuttavia, restai in un certo qual senso legato a questo tennista e, a distanza di oltre tre anni, posso dire di non aver sbagliato a non scordarmi di questo episodio.
Infatti Axel, nato il 16 dicembre del 1990 e proveniente da un lembo di Normandia che si affaccia sulla Manica, e più precisamente dal piccolo centro abitato di Granville, ha mostrato, col tempo, che un posto in un tabellone di qualificazione challenger lo può valere. Eccome. Certo, per ora lo ha fatto tenendosì perlopiù alla larga dai tornei di secondo piano del circuito ATP, ma ciò non toglie che va riconosciuto del merito a Michon, il quale, rispettando la fruttifera tradizione transalpina, dopo essersi laureato campione junior nazionale, sempre nell’anno 2008, si è trasferito nel centro tecnico del Roland Garros, dove ha avuto modo di crescere. Soprattutto tennisticamente, o quasi esclusivamente, perché, con ogni probabilità, quello che gli manca per ambire ad una posizione più alta di quanto non dica l’attuale 263esimo posto nel ranking ATP è proprio il fisico, che è ancora alquanto minuto. E sappiamo che non stiamo parlando di un fattore di poco conto: quanti giocatori, infatti, promettenti da junior, hanno fallito il grande salto proprio perché, pur validi tecnicamente, non sono stati capaci di colmare un gap atletico, che invece è andato col tempo ampliandosi?
Sarà ora questa la “sfida nella sfida” di Axel, che, come è facile intuire, può guardare con soddisfazione a come si è evoluto il 2011, dove ha saputo scalare circa 150 posizioni nel ranking ATP. Tutto questo grazie allo straordinario curriculum fornito nelle competizioni ITF, in cui Michon ha colto ben sei titoli (due in maggio in Bulgaria, seguiti da acuti singoli in Serbia, Romania, Italia, a Frascati per la precisione, e Marocco, quest’ultimo torneo dotato di un montepremi di 15.000$), oltre ad una finale e a quattro semi, piazzamenti che gli garantirebbero, in un’eventuale graduatoria che tenesse conto dei punti collezionati nelle competizioni futures, di occupare la seconda posizione a quota 164, dietro solo all’iberico Arnau Brugues-Davi. Più in chiaroscuro le sue prestazioni nei challenger, dove nei main draw ha colto un solo successo a fronte di quattro partecipazioni – a Stettino contro Michal Przysiezny – mentre a livello maggiore Axel si è disimpegnato solo in occasioni importanti, vale a dire gli Slam. Tramite wild card a Parigi, per meriti di classifica a New York, sempre nelle qualificazioni: nessuna vittoria di cui potersi fregiare, ma già il fatto che abbia acquisito questo status è sintomatico di come sia cresciuto nel corso della stagione.
Basterebbe, per attestarlo, guardare il saldo vittorie-sconfitte nel corso degli ultimi 10 mesi, che segnala un prestigioso +40 (56 vittorie e 16 sconfitte) per determinare quanto di buono questo ragazzo di estrazione classica – questo il titolo di studio conseguito e questa una delle sue passioni principali al di fuori del campo da gioco, con un amore particolare per gli autori illuministi transalpini come Rousseau, Diderot e Voltaire – ha saputo regalarci. E come, in questo modo, ha saputo smentire, chi, come il sottoscritto, nel febbraio del 2008, restò stupito di una wild-card che a posteriori aveva una sua ragion d’essere.
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