di Luca Brancher
C’è stato un momento, nella vita di Roger Federer, in cui non era ancora considerato … Roger Federer. Ed è necessario mettersi in testa questo particolare se ci si vuole calare con la giusta disposizione d’animo in questo viaggio a ritroso che ha come destinazione Tolosa, Zenith Stadium, nell’anno 2003, primi giorni d’aprile, ovvero quando la Svizzera ha colto la sua seconda, ed attualmente ultima, vittoria contro i galletti transalpini. Un successo davvero insperato, nonostante Roger Federer. Ad opporsi alla Svizzera, la Francia, in palio un solo posto per le semifinali.
Il campione di Basilea, che all’epoca non aveva compiuto 22 anni, era oggetto di critiche piuttosto risentite, a maggior ragione da parte di coloro i quali, rimasti colpiti dal suo talento, si domandavano quanto avrebbero dovuto aspettare prima che tale potenziale esplodesse in qualcosa di più concreto; c’era anche chi, a dire il vero, disperava sarebbe mai arrivato quel giorno. Roger, a Tolosa, si presentava da quarto giocatore al mondo, era comunque un top player, in un’epoca di ricambio generazionale in cui l’avamposto Lleyton Hewitt, coetaneo di Roger ed esploso giovanissimo, cominciava a scricchiolare. In molti avrebbero puntato su Federer, ma lui non si decideva a prendere in mano il suo futuro: sarebbe bastato attendere. Intanto, obbligato dalle circostanze, Marc Rosset, che era nel frattempo divenuto capitano-giocatore della selezione elvetica, non poteva far altro che puntare le proprie fiches su di lui, dal momento che gli altri due componenti, Ivo Heuberger e George Bastl, erano poco più che comprimari, probabilmente agevolati dalla superficie rapida di Tolosa, ma sicuramente non comparabili ai tennisti precettati da Guy Forget.
Già la Francia: finalista nel 1999 e nel 2002, vincitrice nel 2001, era la squadra più rappresentativa di quel periodo, e poco importava se Arnaud Clement era da poco rientrato da un infortunio, poiché Forget, come è storia francese di questi ultimi decenni, vantava delle alternative mica da ridere. A partire da Sebastien Grosjean, numero 1 locale, classificato a ridosso della top-10 mondiale e reduce da un inizio di stagione sufficiente, affiancato da due alfieri differenti, ma entrambi contraddistinti da un gioco di enorme qualità. Fabrice Santoro, numero 33 della graduatoria mondiale, dopo un buon Australian Open, non aveva continuato in maniera altrettanto positiva la sua stagione, mentre Nicolas Escude, più indietro in classifica, aveva vinto tre partite a Miami, aveva sconfitto, su una superfice analoga, un top ten come Albert Costa, ed in Australia si era spinto fino agli ottavi di finale, dove aveva tolto un set al futuro vincitore Andre Agassi. Michael Llodra, che, sempre a Melbourne, si era laureato campione, in doppio, assieme al già citato Santoro, completava un quartetto che guardava con fiducia all’impegno, tanto da ritenere possibile l’assalto alla quarta finale in cinque anni.
Se però il buongiorno si sarebbe dovuto vedere dal mattino, l’inizio della contesa non lasciava presupporre nulla di troppo positivo per i transalpini, dal momento che, nel singolare più comodo, ovvero il loro numero 1 contro il numero 2 elvetico, la differenza di oltre 150 posizioni che l’ultimo ranking mondiale stabiliva esistessero tra Grosjean e Bastl non si notavano in maniera così lampante, tanto che l’attualmente barbuto George – da molti ricordato per aver sconfitto Pete Sampras a Wimbledon l’anno precedente – spingeva la sfida fino al quarto parziale, dopo aver perso i prime due, ma l’impressione che l’incontro non fosse così scontato come supposto alla vigilia era viva e limpida. Toccava poi a Roger Federer, contro cui il capitano francese decideva di schierare Nicolas Escude, l’eroe del 2001, quello che a sorpresa, sull’erba australiana, tre anni prima, aveva riportato l’insalatiera a casa dopo un lustro d’assenza, vincendo primo e ultimo singolare, contro Hewitt ed Arthurs.
Non è semplicemente una sorta d’amuleto: Escude, in Davis, ha sempre fornito prestazioni a livello della sua nomea. Dopo aver esordito, in singolare, in un dead rubber contro Israele, Picasso, così soprannominato per il volto squadrato, è divenuto titolare a partire dal 2000, rendendosi protagonista del massacro dell’Austria, ma è dal 2001 che è assurto ad eroe nazionale, vincendo sì la finale come sopra esposto, ma risultando decisivo anche nei quarti di finale di Neuchatel, dove aveva stroncato un Federer ancora troppo ragazzino e rimontato Bastl al termine di un incontro degno di ogni affermazione proverbiale sulle competizioni a squadre. Prima di Tolosa, Nicolas aveva perso un solo incontro, contro Jiri Novak a Pau l’anno prima, ed inoltre poteva fregiarsi di un record favorevole negli scontri diretti contro Roger Federer, per 4 a 2. E’ da ricordare, inoltre, che lo svizzero aveva precedenti negativi anche con Grosjean (1-2), mentre con Santoro aveva da poco ristabilito la parità a Rotterdam (2-2): suona strano a dirsi, ma guardando i freddi numeri, Roger non appariva come il logico certo vincitore, come quasi sempre accade oggi, e sarebbe accaduto negli anni successivi. Il campo ci ha raccontato però un’altra storia, con un Federer assoluto dominatore, capace di fare suo il punto del pareggio in tre set, senza grossi patemi (6-4 7-5 6-2). “Non penso la questione sia imputabile a come ha giocato lui, semplicemente credo di aver giocato molto bene io. Gli ho messo pressione, sono stato aggressivo al servizio, questo ha deciso la sfida.”
A questo punto accadeva qualcosa che, col senno di poi, potrebbe aver aiutato Marc Rosset e compagni, perché Guy Forget, con una mossa a sorpresa, optava per sacrificare la coppia prescelta, Santoro-Llodra, campioni come detto all’Australian Open, per inserire Escude ed affiancarlo al primo. A posteriori si può dire che quella è stata la prima e l’ultima volta che i due hanno giocato assieme e non sorprende dunque che l’incontro sia stato appannaggio degli elvetici, capaci di chiudere per 6-4 3-6 6-3 7-6. Ancora una volta il protagonista era Roger Federer, ed a sottolinearlo è lo stesso Rosset “Ero davvero nervoso prima del match, ma lui mi ha aiutato molto psicologicamente, io mi sono limitato a cercare di servire bene, mettere molto prime in campo, poi lui ha aggiunto il resto. E’ veramente un grandissimo giocatore, anche in doppio.” A prescindere da ogni altra considerazione, era evidente che una Svizzera uscita indenne dalla giornata del doppio, solitamente consacrata alla Francia, diveniva la prescelta per il passaggio del turno
E l’indomani mattina, quando si spargeva la voce che Grosjean non sarebbe stato della partita, causa uno strappo muscolare, le quotazioni di Federer e sodali aumentavano in maniera esponenziale, poiché al suo posto ci sarebbe stato Santoro, di cui il detentore del record di tornei Slam vinti aveva facilmente disposto a Rotterdam meno di due mesi prima. La partita di Tolosa sarebbe stata una riedizione di quella, accentuando ancora di più la differenza di qualità intercorrente tra i due: tre giochi persi in tre set e passaggio ipotecato in semifinale. Poco contava l’ultimo incontro svoltosi allo Zenith Stadium, dove Escude rimpolpava il suo record in Davis, avendo la meglio in tre combattuti set di Bastl.
La corsa svizzera sarebbe però durato poco: al turno successivo l’Australia avrebbe regolato gli elvetici, aggiudicandosi successivamente l’ultima delle ventotto insalatiere nella propria bacheca. Tuttavia quel 2003 sarebbe stato l’anno del primo Slam e del primo Master vinto da Roger Federer, viatico necessario per il dominio degli anni a seguire. Erano passati undici anni dall’ultima finale per i ragazzi dello Stato dei cantoni, ne sarebbero dovuti passare altri undici per rivederli in finale: ancora Francia, in trasferta, ed altri tre giorni di passione. Che gli svizzeri si augurano abbiano il medesimo finale.
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