(Julen Uriguen)
di Alessandro Nizegorodcew
Non che io abbia mai parlato con un dirigente guatemalteco, ma non credo che quella centro-americana possa definirsi una delle più ricche e influenti federazione tennistiche del mondo. Parliamo spesso delle difficoltà che incontrano i nostri ragazzi, in Italia, per riuscire ad emergere in questo sport così difficile e competitivo, ma troppo spesso ci dimentichiamo di citare chi, con mezzi inferiori, sta provando a costruirsi una carriera ricca di successi. Oggi vi voglio parlare di un ragazzo di 19 anni, tale Julen Uriguen, nato a Guatemala City il 22 luglio del 1991, promessa del tennis mondiale.
Non è facile essere una promessa del tennis in Guatemala, così come non è facile emergere in qualsiasi campo nel paese centro-americano, che fine a pochissimi anni fa ha vissuto una drammatica guerra civile, durata quasi 40 anni. La situazione è ora in lento e progressivo miglioramento, ma per un giovane ragazzo che ha preso in mano una racchetta nel 2000, i vari Sampras e Agassi di allora dovevano sembrare ben più di un semplice miraggio. “Non è stata certamente facile” – mi spiega Julen – “mia madre mi ha messo in mano una racchetta all’età di 9 anni. Lei giocava benino e mi ha dato la possibilità di avvicinarmi a questo sport, che non era comunque il solo che praticavo. Ho fatto un po’ di tutto da bambino. A quel tempo il tennis non era molto popolare a Città del Guatemala, ma devo dire che adesso le cose sono cambiate e anche i media rivolgono una certa attenzione al nostro bellissimo sport.”
Julen mi racconta del primo impatto col tennis ed è lampante la passione che trasuda da ogni sua parole, così come è palese la sua felicità nel potersi raccontare. “Certo che mi va di raccontare la mia storia” – mi dice subito. “Ho iniziato in un piccolissimo circolo, che aveva solo qualche campo. Il mio primo maestro lo ricordo molto bene; si chiamava Wilfredo Gonzalez. E’ stato lui ad insegnarmi le basi di questo sport.” Pochi sparring con cui allenarsi; un mondo, quello del circuito professionistico, lontano anni luce; un sogno nel cassetto: diventare un tennista.” E la federazione? “Fino all’anno scorso qualcosina mi hanno dato, adesso non più”
La carriera giovanile di Uriguen è stata fulminante e nel 2009, a 18 anni, ha raggiunto la posizione numero 4 del ranking mondiale di categoria. A 17 anni, durante i primissimi tornei disputati, sono arrivate subito due vittorie in tornei Grade 4 e sul finire del 2008 è giunta anche la finale al prestigiosissimo Eddie Herr, durante il quale Julen ha superato ragazzi del calibro di Britton, Buchanan e soprattutto Denis Kudla. Ad inizio 2009 è arrivata la vittoria nel Grade A di Casablanca, superando il promettentissimo Augustin Velotti (62 61 per la cronaca!) e poche settimane dopo la consacrazione si è materializzata agli Australian Open, dove Uriguen ha raggiunto le semifinali. Il passaggio dal tennis giovanile a quello professionistico è stato però piuttosto duro. “La carriera junior è stata fantastica. Ho vinto molti tornei, ho girato il mondo e mi sono confrontato con i migliori ragazzi della mia età. E’ stata esaltante. Purtroppo ho avuto una lunga serie di infortuni, che mi hanno limitato per mesi e mesi, sia all’anca che alla schiena. Certamente due punti molto importanti per un tennista. Ma non mi sono dato per vinto e anche se sono fermo ormai da luglio, sono pronto per tornare al mio livello e crescere sempre di più fino ad arrivare ai top-100. Guardo continuamente Roger Federer in televisione e voglio arrivare a giocare quei tornei anche io!”
Grande caparbietà, grande voglia di lottare e sacrificarsi, come dimostrano le partite disputate in Coppa Davis per la proprio nazionale, che ovviamente naviga tra secondo e terzo gruppo americano. Julen ha giocato 5 partite, perdendone due per ritiro a causa degli annosi problemi fisici, ma vincendone due che hanno fatto la storia del suo paese. Il primo, in particolare, nel luglio del 2009, fuori casa, contro Marvin Rolle delle isole Bahamas. Nel National Tennis Center di Nassau, Julen, che avrebbe compiuto 18 anni qualche giorno dopo, ha recuperato uno svantaggio di 2 set a 1, divenendo eroe nazionale. “Era la prima vittoria nel gruppo 2 americano e mi sono ritrovato a disputare il match decisivo sul 2-2. E’ stata un’emozione fortissima e nei giorni seguenti tutti i giornali, le radio, i telegiornali, hanno parlato di noi. E’ bellissimo poter rappresentare il mio paese in Davis. Ho vinto anche recentemente contro la Antille Olandesi, sempre in 5 set contro Blom, ma purtroppo abbiamo perso 3-2”
(Coppa Davis Guatemala – Julen Uriguen è il terzo da sinistra)
Molti sorrideranno leggendo questi racconti, ma sono storie come questa a farci vedere la vera “passion” per questo sport. Non voglio assolutamente sminuire i nostri ragazzi, sicuro che molti di loro avranno il desiderio di provare emozioni altrettanto forti, ma una vicenda come quella di Julen fa riflettere e ci fa capire come il tennis sia qualcosa di sensazionale a prescindere. E’ ovvio, tutti vogliono vincere, arrivare nel gotha di questo sport, sfidare i campioni, ma anche alzare le braccia al cielo dopo aver battuto le Bahamas, portando sulle proprie spalle una nazione intera (che mai aveva avuto una squadra competitiva di Davis), può essere considerato un obiettivo, un momento di gioia inarrivabile. Ed è la fame che si legge negli occhi di Uriguen, quella che vorremmo vedere anche in alcuni nostri rappresentanti, che si sentono arrivati ancor prima di iniziare. Il mio non vuole essere un articolo moralizzatore, né tantomeno di critica; vuole essere solo una testimonianza. Un ragazzo guatemalteco, nato lì dove i Maya hanno costruito un impero, lì dove El Mirador giace oggi sepolta sotto un’infinita giungla, sta inseguendo un sogno. Ed è la sola cosa che conta…
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