Stefano Pescosolido, per tutti “Pesco”, rappresenta un pezzo di storia del tennis italiano degli anni ’90. Ex numero 42 del mondo, vincitore di 2 titoli Atp in carriera, il ciociaro è rimasto nel cuore dei tifosi soprattutto per la straordinaria grinta che metteva quando giocava con la nazionale di Coppa Davis. Abbiamo fatto un interessante chiacchierata con lui, tra passato e futuro del tennis italiano e mondiale.
Allora Stefano, raccontaci un po’ la tua vita dopo il ritiro dal tennis giocato nel 2004.
“Dopo il ritiro sono rimasto a lungo a Roma lavorando come maestro in diversi circoli. Da 5 anni a questa parte mi sono trasferito a Milano dove seguo, come tecnico federale, i ragazzi del 2003, 2004 e 2005 più promettenti della Lombardia, oltre a essere Capitano della Nazionale maschile under 16.”
C’è qualche talentino all’orizzonte che possa risollevare le sorti del nostro tennis?
“Partendo dal presupposto che non si tira fuori un top ten dall’oggi al domani e che stanno avendo difficoltà anche nazioni tennisticamente importanti come la Svezia, devo dire che in campo maschile già adesso non siamo messi così male. Dietro ai più esperti ci sono diversi ragazzi pronti per affacciarsi stabilmente nella Top 100, penso a Berrettini che per adesso è quello più in forma, ma anche Donati, Napolitano e Pellegrino hanno tutto per fare bene a breve termine.”
In campo femminile invece?
“Nell’immediato siamo un po’ in difficoltà, ma d’altronde chiuso il ciclo che ci ha portato a vincere diversi titoli dello Slam e Fed Cup era prevedibile che non se ne potesse aprire subito un altro. Stiamo però gettando le basi per il futuro e speriamo, nel giro di pochi anni, di raccoglierne i frutti.”
Tu in particolare segui una ragazza di cui si dice un gran bene.
“Esatto, Lisa Pigato è al momento una delle più promettenti a livello europeo. La settimana scorsa ha conquistato con la Nazionale under 14 il terzo posto in Winter Cup e nel 2016 ha vinto il titolo italiano under 13 e raggiunto la finale nell’under 14. E’ una giocatrice davvero completa e si allena sempre con il sorriso, non possiamo che sperare in un futuro luminoso per lei.”
Gli appassionati ricordano il tennista Pescosolido soprattutto per alcune epiche, anche se sfortunate, partite di Coppa Davis negli anni 90. Che ci dici di Maceió ‘92?
“Contro il Brasile ero all’esordio, avevo raggiunto da poco il mio best rank e venivo da un periodo in cui avevo giocato parecchio in America. Non mi aspettavo di giocare e avvertì la tensione, c’erano 40 gradi all’ombra col 95% d’umidità e mi ritirai per crampi all’inizio del quarto set contro Oncins, dopo che avevo vinto il terzo. Fu una sconfitta pesante da digerire, soprattutto mentalmente, e ritengo che abbia condizionato in negativo anche il resto della stagione e probabilmente della mia carriera.”
Nel ’94 a Madrid invece?
“Il venerdì rimonto 2 set di svantaggio a Carlos Costa e porto a casa il punto dell’1-1, la domenica invece sfido Bruguera che allora era numero 5 del mondo, nonché il più forte in assoluto su terra rossa. Ricordo nitidamente che capitan Panatta prima della partita mi chiese: “hai caricato il fucile?” Beh, il fucile era carico a sufficienza per esprimere il mio miglior tennis e vincere per 6-1 6-0 il secondo e terzo set, anche se non lo fu abbastanza per vincere la partita.”
Quelle di Davis sono anche le tue partite preferite, o ce ne sono altre che ricordi più volentieri?
“In quegli anni in tv davano la Coppa Davis e poco altro, quindi giustamente per gli appassionati è facile associarmi a quegli incontri. Io però in carriera ho battuto Muster, Agassi, McEnroe, Chang e per due volte proprio Bruguera e chiaramente non posso dimenticare le due finali Atp vinte entrambe contro giocatori padroni di casa, nel ’92 a Scottsdale con Brad Gilbert e l’anno dopo contro Amos Mansdorf a Tel Aviv. E anche se non avevo alcuna chance di vincerla, mi sento un privilegiato ad aver giocato, appena ventunenne, la partita inaugurale di Wimbledon ’92 contro il campione in carica Michael Stich: atmosfera fantastica, Centre Court ancora immacolato, non un rimbalzo fuori posto, davvero un bellissimo ricordo.”
Tu a 21 anni già giocavi gli Slam, adesso perché i giovani faticano a farsi spazio e l’età media dei top player si è spostata così in avanti?
“Anni fa il sistema della classifica era leggermente diverso e un buon risultato ti proiettava subito più in alto, consentendoti l’accesso ai tabelloni migliori. Adesso, dato anche il numero crescente di giocatori ben preparati, è praticamente obbligatorio il passaggio attraverso tornei juniores, futures e challenger, sia per l’accumulo di punti, che per la costruzione di un buon bagaglio d’esperienza. Chiaramente chi esce temprato da questa trafila è anche più attrezzato per scalare la classifica e mantenersi al vertice negli anni, vedi Paolo Lorenzi che sta facendo le cose migliori della carriera dopo i 30 anni”
A proposito di over 30… nel ’99 in Davis incrociasti un giovanissimo Federer, sono passati quasi 20 anni e lui ha appena vinto il 18esimo Slam. Cosa ti aspetti dal tennis post Roger?
“Chiaramente Federer ed i suoi gesti sono una goduria per tutti gli appassionati e quando lui deciderà di smettere, speriamo il più tardi possibile, sarà una durissima perdita per il nostro sport. La rivalità con Nadal, il confronto di stili e partite come la finale di Melbourne sono un spot meraviglioso per il tennis: Murray e Djokovic sono due grandi campioni, ma ovviamente una finale tra loro due non può avere lo stesso appeal.”
Grazie per la chiacchierata Stefano
“Grazie a te e un saluto a tutti i lettori di Spazio Tennis… Alla prossima…“