(Enrico Sellan e il suo giovane allievo Eric Liao)
di Luca Fiorino
Enrico Sellan ricopre il ruolo di direttore tecnico presso il circolo romano R70 ed è maestro nazionale dal 1994, licenza ottenuta quando aveva appena 23 anni. Ha lavorato per sei anni al Villa Flaminia sempre con la stessa carica di oggi e per altrettanti anni alla Corte dei Conti come co-responsabile del settore agonistico. E’ stato numero 810 della classifica Atp in singolare ed ha avuto la fortuna di fare da sparring partner ad una certa Monica Seles. Enrico in questa intervista ci ha rivelato aneddoti e particolari unici riguardo la tennista di origini ungheresi e ha confidato quali siano i suoi progetti ed i ragazzi più interessanti che al momento ha il piacere di allenare.
Attualmente sei direttore tecnico del circolo romano R70. Ci descrivi la struttura?
La struttura può contare su ben 5 campi da tennis in terra battuta illuminati. Dispone inoltre di una piscina, di una palestra, di un campo da calcetto e di un ottimo ristorante. E’ situato in zona Roma nord e sono ormai 6 anni che ha aperto questa società di nome R70. L’attuale presidente, Stefano Battistelli, l’ha presa in gestione e sta ultimando i lavori, c’è sempre qualcosa da fare se si vuole mantenere un certo standard. Sei anni fa partimmo con la scuola tennis da zero, non avevamo un pacchetto clienti né di soci né di iscritti ai corsi perché a causa del fallimento della vecchia gestione si doveva come detto ricominciare da capo. E’ stato un percorso difficile, il primo anno avevamo 20-25 iscritti poi la cosa è andata in crescendo arrivando a circa 90-100 iscritti negli ultimi 3-4 anni considerando mini-tennis, scuola Sat, pre-agonistica e corsi serali per adulti.
Sotto la tua guida hai il piacere di allenare qualche ragazzo interessante?
Sono principalmente due i ragazzi che in prospettiva penso possano essere molto interessanti. Eric Liao è un ragazzo del 2003 di Taipei (Taiwan) arrivato a luglio dello scorso anno. Per fortuna ero presente quando passando di lì per caso la sua famiglia mi ha chiesto delle lezioni private. Appena ho iniziato a vederlo e a scambiare con lui mi è subito piaciuto l’atteggiamento che aveva, anche tecnicamente è un ragazzo ben impostato, piccolino, ma molto regolare. Abbiamo inizialmente svolto assieme dieci lezioni ma già fremeva per l’inizio dei corsi, tanto è vero che il primo giorno che cominciarono era uno dei primi davanti al circolo ad aspettare con la racchetta in mano. A lui credo sia piaciuto il mio approccio e la metodologia di allenamento. Credo che sia un ottimo elemento in prospettiva ma è chiaro che bisogna aspettare, non vorrei dare giudizi affrettati seppur in qualche torneo in giro qui per il Lazio si sia ben disimpegnato. Sul fronte italiani c’è un ragazzo di Roma, Tommaso Di Francesco, classe 2002, uno dei più bravi nella regione Lazio senza dubbio. Deve migliorare un po’ sulla mobilità dei piedi e su altri particolari tecnici ma sono cose su cui si può lavorare tranquillamente. Entrambi sono molto quadrati e possiedono buone qualità. La cosa che mi ha colpito molto di loro, considerata anche l’età, è la grande voglia di allenarsi ed imparare.
Parliamo della tua carriera da tennista. Cosa non è andato? Come mai non sei arrivato a livelli più alti?
Quando giocavo io c’erano i satelliti e non i futures per cui era davvero difficile fare punti ed era necessario viaggiare molto. Il satellite consisteva in tre tornei più il Master. I primi otto dei tre tornei che avevano acquisito più punti si qualificavano per il Master e solo in quel caso si ottenevano punti validi per la classifica Atp. In Italia questo tipo di tornei erano pochi, giusto tre o quattro, ed eri quindi obbligato ad andare all’estero per circa un mese e a sostenere spese non indifferenti. Il primo satellite che ho disputato è stato all’età di 17 anni in Bulgaria. Andai per pura curiosità ma riuscii comunque ad ottenere i miei primi tre punti Atp. Successivamente mi spostai in Polonia forte dei miei tre punti appena conquistati ma non andò bene. Chiusa quella parentesi, quei punti scaddero a fine stagione e decisi di concentrarmi maggiormente sugli studi e la maturità. Ripresi poi a giocare ed ottenni i primi punti in doppio in Jugoslavia facendo finale ad Umago in coppia con Marcello Molinari. In Portogallo e poi in Ungheria arrivarono gli altri sei punti in singolo. Arrivai attorno alla 500esima posizione Atp nel doppio mentre in singolare ufficialmente risulto essere stato numero 810. In realtà c’è una piccola inesattezza, nella settimana in cui raggiunsi i 6 punti (Portogallo ed Ungheria) ricoprivo la posizione numero 696 anche se alla fin fine cambia poco. Purtroppo allora non c’era la tecnologia di oggi per registrare i vari risultati e si scriveva tutto su dei fogli. Oggi come allora mi rendo conto che fare una vita di questo tipo non era facile anche perché il ritorno economico era pari a zero. Non avendo sponsor né grandi fonti di denaro che mi permettessero di viaggiare era alquanto difficile poter proseguire questo tipo di professione. Se giri spesso trovi il torneo in cui sei in tabellone e di conseguenza è più facile vincere qualche partita. Se avessi avuto la possibilità di spostarmi di più probabilmente la mia classifica sarebbe potuta migliorare un po’ ma la controprova non ci sarà mai. Alcuni giocatori contro cui ho giocato sono arrivati vicini alla 300esima posizione per cui immagino che anche io avrei potuto raggiungere questo tipo di classifica ma ripeto, nessuno potrà mai saperlo.
Come è nata la collaborazione che ti ha visto sparring partner di Monica Seles nel 1992?
E’ stato un anno fantastico che ricorderò sempre con grande piacere. Era il 1992 quando feci le qualificazioni al Foro Italico e coronai il sogno di una vita. Mentre giocavo il primo turno di qualificazione, accanto al mio campo si stava allenando Monica Seles e mi parse che effettivamente qualcuno mi stesse osservando. Monica dopo aver giocato la finale decise di restare a Roma sino a giovedì per continuare a prepararsi in vista degli impegni successivi. Il caso ha voluto che conoscessi bene il maestro dei campi da tennis dove la Seles si stava continuando ad allenare e che era rimasta senza sparring nell’ultimo giorno di permanenza a Roma. Non ci pensai un attimo e accettai. Ci allenammo per circa un’oretta e mezza quando poi il padre mi chiese se volessi seguirli a Parigi in vista del Roland Garros. Firmai un contratto di breve durata fino alla fine del torneo francese che fortunatamente la Seles vinse in finale 10-8 al terzo contro Steffi Graf. Il giorno dopo mi proposero un nuovo contratto fino al termine di Wimbledon (unico anno in cui Monica arrivò in finale a Londra) ed a seguito del buon risultato anche qui ottenuto me lo prolungarono fino al 31 Dicembre con l’opzione che sarei stato pagato solo quando la mia presenza si sarebbe resa necessaria. Avrei dovuto continuare la collaborazione con lei anche per la stagione successiva ma dopo l’agguato che gli tesero al torneo di Amburgo non se ne fece più nulla.
Che idea ti sei fatto sull’aggressione in quel tragico 30 Aprile 1993?
Voglio sperare che fosse solamente un pazzo che tifava per la Graf in maniera ossessiva. E’ pur vero che quando stavo con lei c’erano dei momenti di leggerissima tensione. A Wimbledon ad esempio quando andavo a vedere delle partite col padre di Monica per studiare l’avversario del turno successivo giravamo con la guardia del corpo. Sembrava infatti che ci fossero state già delle minacce rivolte verso lei ed il suo entourage dovuti ai primi dissapori nati dalla scissione della Jugoslavia. Il suo staff era molto riservato e chiuso, viaggiavano in macchine coi vetri oscurati e guardie del corpo, questo è vero. Monica conviveva con questo timore già prima di essere aggredita ed è anche per questo che fu molto difficile per lei superare il trauma e ritornare sui campi da tennis una volta che la sua paura si tramutò in realtà.
Hai qualche aneddoto particolare da raccontarci su te e la Seles?
Ci sono tre episodi in particolare. Ci stavamo riscaldando sul centrale del Roland Garros in vista della finale contro la Graff (anno 1992) quando fui intervistato dalla ZDF (emittente tedesca) che mi chiese un pronostico sul match: al che risposi vince la Seles al terzo in un match combattuto e con molti game (finì 10-8 al terzo set). Dopo quella partita vennero a cercarmi per chiedermi altri pronostici (ride, ndr). Un altro aneddoto carino riguarda il giorno prima dell’incontro con la Capriati ai quarti di finale del Roland Garros sempre di quell’anno. Monica voleva che io giocassi come l’avversaria che avrebbe dovuto affrontare nel turno seguente. Il padre della Seles mi disse di giocare da fondo campo come l’americana sparando a tutto braccio ogni palla. Il guaio è che all’epoca ero anch’io un giocatore e muovendomi un pochino meglio di lei e spingendo anche di più, era difficile che lei riuscisse a farmi punto. La cosa simpatica è che lei, forse perché ancora molto giovane, se la prendeva un pochino per questo fatto. Il padre allora mi chiese quale tattica adottare per affrontare al meglio la Capriati ed io risposi semplicemente che una volta che avesse messo i piedi dentro al campo al posto di continuare a fare il classico “braccio di ferro” da fondo sarebbe stato opportuno variare giocando qualche smorzata. Karoly, il padre di Monica, chiamò la figlia (pensai che da lì a breve sarei stato licenziato in tronco) e le consigliò di seguire i miei suggerimenti. Lei con grande umiltà si dimostrò una gran persona ed ascoltò ciò che avevo da dire. Poi effettivamente mi fece qualche punto in allenamento giocando qualche palla corta e variando un po’ di più il gioco. Arrivati al giorno della partita ricordo come la Seles sul 6-2 4-2, coi piedi dentro al campo, staccò la mano e giocò una palla corta vincente, si rivolse verso l’angolo dove eravamo presenti sia io che il padre e ci sorrise. Sono attimi che difficilmente si possono dimenticare. In quel frangente credo di aver perso almeno 15 anni di vita (ride, ndr). C’è da dire che per tutta la partita non ne aveva mai giocata una, immagino che avrà voluto farmi contento. L’ultimo episodio che vorrei raccontare riguarda il torneo di Wimbledon prima dell’incontro con Martina Navratilova. Essendo mancina, il padre di Monica voleva che adattassi il mio stile a quello della ceca snaturando totalmente il mio gioco. Rovescio in top (io lo gioco prevalentemente in back) e dritto in back, davvero complicato considerando anche il fatto che si giocava sull’erba. Fortunatamente il match terminò 6-2 6-7 6-4 per la Seles che raggiunse la sua unica finale nel torneo più prestigioso del mondo nell’unico anno in cui ebbi l’onore di farle da sparring. Ne avrei tanti altri di particolari da rivelarvi ma questi sono quelli che ricordo con maggior piacere.
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