di Giacomo Bertolini e Alessandro Nizegorodcew
Un sogno, una passione, tanti sacrifici ma spprattutto una promessa da mantenere. Da un mese nelle librerie italiane per Mondadori “Te lo prometto”, il libro che l’ex tennista professionista Mara Santangelo ha voluto regalare a tutti i suoi appassionati e in particolar modo al ricordo della madre scomparsa, a cui lei aveva promesso a 16 anni di disputare un match sul campo centrale di Wimbledon, un sogno poi realizzato nel 2005 in un incontro sfortunato perso in tre set da Serena Williams. Un anno di lavoro che ha permesso all’azzurra di raccogliere in un libro i diari da lei scritti nei tornei in giro per il mondo, fotografia reale delle sofferenze continue da lei patite a causa della malmorfazione ai piedi, e ottima occasione per svelare anche il suo recente avvicinamento alla fede, percorso abbracciato da Mara due anni fa al termine della sua carriera sui campi da tennis. Una Mara Santangelo a tutto tondo che, tra il suo odio per il freddo, le sue prime vittorie giovanili e il suo incontro con Dio, si è raccontata così ai microfoni di Spazio Tennis…
Chi ti ha avvicinato al tennis?
“I miei genitori mi hanno avvicinato a questo sport. Da piccola sono stata cresciuta nell’hotel di famiglia che, tra l’altro, aveva anche un campo da tennis in cemento all’interno e quindi oer me ogni occasione era buona per entrare ad allenarmi disturbando i clienti. Devo dire comunque che ho sempre praticato molti sport, poi all’età di 12 anni ho dovuto fare uno scelta e visto il mio odio per il freddo, tra due sport in cui ero piuttosto brava come il tennis e lo sci, ho preferito il tennis”.
Come è stato il tuo inizio di carriera e il tuo rapporto con le prime vittorie?
“Il mio primo risultato fu la finale alla Coppa Lambertenghi (Campionati Italiani Under 12) in seguito al quale fui convocata al centro nazionale di Latina. Successivamente a causa di problemi familiari e fisici fui costretta a una brusca frenata per poi fare il mio prepotente ingresso nel circuito maggiore all’età di 21 anni”.
Ti abbiamo scoperto anche grazie ai tuoi “diari” durante i cambi campo, di cosa si trattava?
“Si trattava di semplici annotazioni riguardanti il match che registravo durante le pause e devo dire che sono stata una delle prime a farlo lanciando poi una sorta di moda, seguita adesso anche da giocatori e giocatrici importanti come Nadal. Nel libro non ho fatto altro che riportare anche queste mie esternazioni e sofferenze legate ai dolori ai piedi che, ovviamente, non potevo certo confessare alle mie avversarie, rischiando di espormi troppo”.
Come gestivi i tuoi rapporti interpersonali durante la tua carriera?
“E’stato sicuramente difficile visto che un giocatore professionista passa pochissime settimana a casa. Per quanto mi riguarda ho fatto moltissimi sacrifici ma grazie al mio carattere e all’impegno e all’amore che metto in qualsiasi cosa faccia sono riuscita a farcela”.
E sulla tua parentesi con il beach tennis?
“Nell’estate del 2009 presi una pausa di riflessione prima dell’operazione e decisi di dedicarmi a questo sport fantastico ottenendo anche ottimi risultati, come il titolo europeo ottenuto con la mia compagna Laura Olivieri”.
Quali sono state le tue gioie più grandi nella tua carriera? Cosa ti legava in particolare al torneo di Bangalore?
“E’stato un torneo che mi ha coinvolto particolarmente perchè per la prima volta in India sono riuscita a vedere il mio dolore sotto occhi diversi a causa delle tantissime contraddizioni che affliggono quel paese. Vedere me servita e riverita in un hotel 5 stelle e fuori riscontrare una povertà assoluta mi spingeva ad entrare in campo dando sempre il massimo, accettando il mio dolore. Il pubblico poi con i suoi sorrisi, il suo calore e il suo amore mi rimarrà per sempre impresso nella memoria. Tra le altre esperienze ricordo la vittoria nel torneo di doppio con Alicia Molik al Roland Garros, le due finali consecutive in Fed Cup e la mia partecipazione alle Olimpiadi dove la frequentazione con gli atleti delle altre discipline mi ha fatto rendere conto di quanto noi tennisti siamo in una situazione decisamente fortunata avendo la possibiltà di guadagnare tanti soldi ogni settimana e di non dover vivere solo per quel preciso evento”.
Come ti sei avvicinata alla fede?
“Dopo l’esperienza del beach tennis mi sono dovuta fermare per l’operazione e così ho intrapreso un pellegrinaggio spinta da Paolo Brosio a Medjugorje, nonostante il mio scetticismo e la mia fede tiepida. La rivelazione c’è stata una sera durante una veglia di preghiera in attesa delle apparizioni che solitamente si manifestano ogni secondo giorno del mese e, al di là dei segni evidenti che preferisco custodire in me stessa, posso dire che il vero miracolo è stata la conversione del mio cuore, visto che quando sono scesa da quella collina qualcosa in me era effettivamente cambiato. Da quel momento ho intrapreso questo cammino di fede che che mi ha portato a vivere la vita in maniera più serena accettando col sorriso qualsiasi cosa. Mi piacerebbe essere un umile testimone di quello che mi è successo diventando una spinta per molte altre persone come lo è stato per me Paolo Brosio, non voglio convincere nessuno”.
Cosa ti senti di dire sulla nostra numero uno Sara Errani?
“Credo sia una sorta di Ferrer al femminile visto che pochi anni fa avrebbero scommesso su di lei.
L’ho vista quest’anno in Australia e, nonostante nel primo turno non mi avesse colpita particolarmente, ritengo che abbia acquistato notevole fiducia dal doppio che poi le ha permesso di tornare ad esprimersi in maniera aggressiva anche nelle successive partite in singolare. Sara è sicuramente un pilastro della nostra nazionale!”.
In conlusione quale consiglio ti senti di dare ad un giovane che sta per avvicinarsi al professionismo?
“Credo bisogna investore su se stessi con uno staff competente senza mai arrendersi alle prime difficoltà, facendosi sempre forza nei momenti difficili senza mai buttarsi giù”.