Intervista al mental coach Mauro Pepe (nella foto a sinistra). Dal 1999 appassionato di sviluppo delle risorse umane. La frase che lo contraddistingue: “Credo che ogni persona sia straordinaria, e potenzialmente possa essere un Campione”
In poche parole cosa è un mental coach sportivo?
Il mental coach è un professionista che si occupa di “guidare” lo sportivo verso il raggiungimento dei suoi obiettivi, attraverso una preparazione mentale ed emotiva.
In parole povere, il mental coach si occupa aiutare l’atleta che segue a dare il massimo e a raggiungere la peak performance nel momento più opportuno.
Andiamo nello specifico, nel Tennis funziona il mental coaching sportivo?
Ti voglio rispondere con le parole di Andre Agassi.
“Tony Robbins è una persona straordinaria e probabilmente una delle più evolute grazie alla sua capacità di comprendere il mondo, gli individui e la natura umana. Lui sa perfettamente come far eccellere le persone… e portarle alla vittoria!”
Queste parole Agassi le ha dette non nel 1992, quando vinse Wimbledon, ma dopo la sua rinascita, dopo che era finito al 141° posto del ranking, e dopo che anche la sua vita privata stava prendendo una brutta direzione. In quel momento ad Agassi apparve una mano tesa che lo aiutò a ritornare grande, a vincere, ad essere il numero 1. Era la mano di Anthony Robbins. Era la mano di un mental Coach.
Ti rispondo anche dicendoti che il tennis è uno degli sport dove la preparazione mentale è determinante, al punto da rappresentare la differenza tra un ottimo atleta e un campione!
Sul mio blog, www.vinciconlamente.it, ho anche dedicato un articolo che parla dell’allenamento mentale per il tennista.
Ok, faccio un po’ l’avvocato del Diavolo, ma in Italia?
Renzo Furlan entrò nei primi 20 nel momento in cui cominciò a lavorare, con uno psicologo, su sé stesso.
Il bolognese Paolo Canè in Coppa Davis faceva sfracelli, specie sulla terra rossa, invece, nei tornei rendeva molto, molto meno.
Come mai? In Davis, all’angolo, aveva Panatta, che non era né uno psicologo dello sport né un mental coach, ma evidentemente riusciva a gestire al meglio al sua emotività, canalizzando la sua energia. Mi chiedo come sarebbe stata la carriera di Canè se si fosse rivolto ad un mental coach.
Inoltre, ti cito come rispose la Schiavone alla domanda: “Quando hai pensato per la prima volta: vincerò il Roland Garros?” «Ho conosciuto il mio allenatore mentale, nel 2000. Mi ha chiesto “Cosa vuoi? Perché sei qui?”. Gli ho risposto: “Voglio diventare una grande persona e una grande atleta. E voglio vincere il Roland Garros”»
Una dimostrazione lampante che, volontà, talento e preparazione mentale hanno trasformato dal 2000 al 2010, una speranza del tennis nella regina di Parigi!
Posso fare io adesso una domanda a te? Se ti chiedessi quali sono i campioni più vincenti di sempre tu chi risponderesti?
Pensavo peggio, come domanda. Ovviamente direi Sampras e Federer.
Bene, sia Sampras che Federer ad un certo punto si son rivolti a dei professionisti, anche se Fischer di Sampras è un po’ un mental coach sui generis. Ma la mamma di Federer, in una intervista, sottolinea chiaramente che scelsero un mental coach per Roger a 17 anni. Come vedi il talento non basta, va affinato, allenato, reso vincente. Questo è il compito di un mental coach.
Sai meglio di me che dal punto di vista tecnico non c’è molta differenza tra un numero 5 del ranking e un numero 25; la differenza è tutta nella preparazione mentale e nella capacità di saper gestire determinate situazioni. Ed è qui che un mental coach può fare di un ottimo tennista un Big
Ad un tennista che ci legge che messaggio vuoi lasciare?
Forse si aspetterebbe da me dei consigli o delle strategie per migliorare. Io invece approfitto dell’opportunità che mi dai per porre una domanda:
” Qual è il tuo vero sogno nel tennis? “
A questa domanda bisogna rispondere, spegnendo la propria razionalità. Bisogna farsi guidare dal cuore e dalle proprie emozioni, bisogna avere l’incoscienza e la passione di un bambino.
Per essere motivato, tutti i giorni, ad allenarsi straordinariamente bene, e a dedicarsi anima e corpo allo sport, bisogna avere una “meta” davvero emozionante, una “ragione di vita” che ci permette di vivere ogni momento sportivo, più o meno piacevole, totalmente “guidati”.