di Giulia Rossi
A volte il tennis è proprio beffardo, mi dico.
Sono arroccata sulla tribuna del Centrale del Centro Sportivo 2000 e Matteo Viola si è appena ritirato dal Challenger di Padova, sul 6-3, 5-7, 0-3, tradito da un problema alla parte alta della schiena, doloroso al punto da costringerlo ad abbandonare il campo. Solo dieci giorni fa raggiungeva la finale del challenger di Perugia, sconfitto in finale da Pablo Carreno Busta dopo una settimana strepitosa in cui aveva giustiziato le teste di serie Berlocq (in un’epica rimonta) e Carballes Baena, superato la giovane promessa cilena Garin e piegato anche Filo Volandri in semifinale. Grazie a questo risultato Viola è rientrato nei primi 200 al mondo, precisamente alla piazza 192. Ma gli addetti ai lavori vociferano che in questo momento stia esprimendo un livello di tennis migliore di quando due anni fa si issò al numero 118 del ranking. Si era così risollevato magnificamente da un periodo in cui le cose non volevano proprio andare per il verso giusto.
Io rigiro tra le mani il mio telefono, con cui un paio di ore prima ho registrato la sua voce calma che mi raccontava del suo buon momento di forma e dei suoi programmi futuri.
Seduti sulla sdraio all’ombra dei pini marittimi, unico riparo dalla caldissima candela delle due del pomeriggio, Matteo accetta volentieri di sottoporsi al mio piccolo interrogatorio nell’unico momento di relax che lo separa dal match. I grandi e argentini occhi verdi, il sorriso che accompagna ogni risposta, la naturale simpatia che suscita ogni suo gesto, a tutto questo ripenso mentre amare risuonano nelle mie orecchie le sue prime parole, con le cicale di sottofondo: “Mi sento abbastanza bene in questo periodo, le ultime settimane sono state piene di soddisfazioni, a Perugia è andata molto bene dai… speriamo di continuare così adesso…”
Sei reduce dalla finale a Perugia e da un buon momento in generale perché sei rientrato nei primi 200 del mondo. Dalla duplice vittoria di Biella di settembre dello scorso anno (combo in doppio con Cecchinato) è passato un po’ di tempo, cos’è successo in questi ultimi mesi?
Mah, sicuramente ho avuto sei mesi difficili in cui ho fatto fatica a vincere due-tre partite di fila, non so esattamente cosa sia successo, il tennis è un po’ così a volte… ho provato comunque a giocare a livello alto disputando le qualificazioni degli Slam e i Challenger ma a inizio anno è sempre dura… poi non partendo come testa di serie e con questo livello molto elevato ho avuto più difficoltà rispetto agli anni passati.
Una settimana fa eri a Wimbledon e vincevi il primo turno contro Gonzalez che qui è la testa di serie numero uno. Come ti trovi a giocare sull’erba?
(Il sorriso si allarga a dismisura e gli occhi verdi brillano vivaci) Bene davvero molto bene! Mi piace un sacco giocare sull’erba, è già il quarto anno che gioco le quali, un anno sono arrivato all’ultimo turno quindi le carte per giocare bene sull’erba ce le ho. Quest’anno l’ho preparato molto male perché per fortuna è andata bene a Perugia e solo il giorno dopo ero a Londra. Al primo turno sono riuscito a battere Alejandro Gonzalez che pur non essendo un erbivoro nato è il numero 100 del mondo ed è sempre ostico. Al secondo ho trovato Jan Mertl che è un vero osso duro su quei campi ed è già la terza volta che mi batte.
L’anno scorso invece hai perso al primo turno delle quali contro Arnaboldi. Com’è giocare contro qualcuno che conosci bene?
È sicuramente più difficile, ci conosciamo sia dentro che fuori dal campo molto bene, ormai da più di 10 anni. Giriamo insieme i tornei, siamo molto amici… poi è chiaro che con tutte le volte che ti alleni insieme quando lo ritrovi davanti come avversario lo conosci bene, quindi giochi un po’ a memoria. Ma preferisco giocare decisamente contro altri avversari che non conosco così bene.
Stavolta a Padova niente doppio con Andrea?
No qui non giochiamo in doppio, lui ha deciso di non disputarlo, probabilmente è un po’ stanco e abbiamo lasciato stare, anche se per quest’anno l’obiettivo è giocare il più possibile insieme. In quest’ultimo anno abbiamo ottenuto degli ottimi risultati in doppio, però giustamente il singolo ha la priorità per entrambi.
Qui a Padova, a Mestre e a Vicenza giochi quasi “in casa”. Ma recentemente sei stato anche a Mosca e Bordeaux. Come scegli la programmazione dei tornei?
I tornei qui in zona li gioco tutti a prescindere, quest’anno sto cercando di non girare tanto, a 28 anni sono un po’ stufo di viaggiare in tutte le parti del mondo. Per me è un piacere e un privilegio stare vicino a casa, dormire nel mio letto, svegliarmi e andare a giocare il torneo vicino per me è stupendo. Quindi perché non farli tutti?
Programmazione futura: proverai le quali anche dello Us Open?
Starò fermo una settimana, poi andrò a San Benedetto del Tronto che a giudicare dalla entry list sarà un gran bel Challenger. Poi qualche qualificazione Atp, non so ancora che tornei di preciso ma giocherò sicuramente a Gstaad e dopo il Challenger a Cortina. Ovviamente proverò con le qualificazioni allo Us Open.
Ci salutiamo amichevolmente, dandoci appuntamento a breve per la partita. Lo lascio calmo, tranquillo e sereno, nulla fa pensare che la schiena possa fare le bizze. Che peccato.
Tra una settimana Matteo compirà 28 anni. Possa ritrovare la forma al più presto, e con essa il successo che insegue da tempo. Auguri di cuore.
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