di Fabio Ferro
Martina Caregaro, portacolori per il T.C. Parioli in Serie A1, è una tennista talentuosa e una donna più forte delle avversità. Dopo un inizio di stagione all’insegna di un buon tennis, un infortunio al polso è intervenuto a minare il lavoro svolto con i coach Ricci, Floris e D’Angelo. Martina, però, ha saputo recuperare presto e, al primo torneo dal rientro, ha subito centrato la vittoria in un 10.000.
Come è andata la stagione 2014? Quali sono stati i momenti migliori e quali i peggiori?
Ho iniziato l’anno giocando bene, mi sentivo in fiducia, anche se avevo ancora qualche dolore dopo l’operazione al polso. Prima di iniziare la stagione, infatti, mi ero sottoposta ad una infiltrazione di cortisone per dare sollievo e sembrava andare meglio. Ho giocato anche in Colombia e in America, con buona continuità nei 25.000 e 50.000, volevo alzare il livello e prendere ritmo. Ho fatto fatica ma ho giocato bene e a luglio ho raggiunto una semifinale in un torneo 10.000 a Santa Margherita di Pula. Il polso ha ripreso a farmi male e, ad agosto, mi sono ritirata. Avevo troppo dolore e non ero in grado di competere. Sono stata ferma fino a poche settimane fa, ma ho cercato di allenarmi e, allo stesso tempo, di recuperare sul dolore e sull’infortunio. Avevo bisogno di provare di nuovo partita vera e sono andata di nuovo a Santa Margherita di Pula, con l’obiettivo di vedere come rispondeva il polso alle sollecitazioni. Ho ritrovato subito un buon ritmo-partita e una buona fase agonistica. Il polso andava bene e ho vinto. Di sicuro è stata una cosa inaspettata per le condizioni difficili, non solo per il polso, ma soprattutto perché è stata una settimana flagellata dal maltempo. Doppi turni e partite saltate di certo non sono l’ideale per riprendere continuità, ma è andata bene e ho tenuto duro. Sono molto contenta di semifinale e finale, vinte contro giocatrici di ottimo livello come Sabino e Rubini.
E poi hai vinto anche in doppio. Cosa pensi del doppio femminile nei tornei, è abbastanza competitivo?
Mi è sempre piaciuto il doppio e ultimamente ne ho giocati parecchi. Di solito con Anna Floris, coppia fissa. Lei mi allena e ci conosciamo bene. Se hai la compagna giusta e ti trovi bene, è divertente e ti fa stare in campo a provare nuove soluzioni. Quindi, oltre alla partita in sé è anche un notevole lavoro tecnico. L’importanza che viene data al doppio penso sia adeguata perché, anche se è difficile trovare una doppista vera, devo dire che i tabelloni del doppio femminile, già nei tornei 10.000, non sono mai scarsi. Nei 25.000, poi, si vede un bel tennis da coppie che giocano piuttosto bene.
Oggi i tornei 10.000 e 25.000 offrono un ottimo livello di tennis, cosa è cambiato rispetto a qualche anno fa?
È il tennis che si è evoluto, è tutto votato alla pressione. Ci sono ancora giocatrici che tendono a stare solo dietro, resistendo e correndo, ma oggi la maggioranza gioca d’attacco e il tennis è salito di livello in generale, insieme alla difficoltà dei tornei. Il livello in Europa si è alzato tanto e i tornei 25.000 e trovi giocatrici di livello molto alto che ti impongono ben altro ritmo.
Quando ti capita un match contro una giocatrice di classifica nettamente più alta, come approcci a questo genere di partite?
Come dicevo, già nei 25.000 è facile incontrare una tennista piuttosto forte. Sicuramente tocca giocarci, e bisogna prenderci ritmo perché io sono abituata a giocatrici di ritmo più basso. Devi subito entrare con più qualità e più velocità, ci sono meno possibilità di recuperare un punto perso. Non ti puoi concedere nulla e essere pronta a sfruttare magari l’unica occasione che ti si presenta. A ben vedere è una situazione stimolante, attraverso la quale alzare i propri limiti.
Preferisci il veloce alla terra rossa, ma svolgi molta attività proprio sul rosso. Come mai?
Dopo gli infortuni abbiamo tralasciato un po’ il cemento, perché dovevo recuperare e il duro non aiuta. In ogni caso, il tennis di alto livello è sul veloce e, in previsione di alcuni tornei sul duro a fine anno, abbiamo ripreso ad allenarci in maniera specifica perché è un gioco diametralmente opposto e, a forza di giocare sulla terra, perdi totalmente il feeling se non fai un lavoro adeguato alla superficie. Ora mi sto preparando per una trasferta in Tunisia, dove giocherò due tornei 10.000 proprio sul duro, sarà importante esprimere un buon gioco.
Nonostante tu sia una giocatrice piuttosto esperta, sei anche giovanissima. Come vivi la vita, i tempi e le trasferte che il tennis ti impone?
Li vivo bene, perché comunque è la mia vita, gli affetti ci sono sempre, le mie migliori amiche sono ad Aosta, ma non mi fanno mancare appoggio, ci sono sempre. Il tennis è il mio lavoro e lo faccio volentieri con qualche piccolo sacrificio.
Più volte gli infortuni ti hanno causato degli stop dall’attività. Cosa ti motiva a tornare in campo?
La voglia di raggiungere il mio sogno, entrare nelle prime 100.
A parte la vittoria, cosa ti esalta e cosa ti appaga di una partita di tennis?
Chiaramente l’adrenalina che solo una partita di tennis ti può dare.
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