(Andrej Rublev sr, Andrej Rublev, coach Tarasevich e Marina Marenko – Foto Luca Fiorino)
di Salvatore Greco
Il nome di Andrej Rublëv, più o meno fantasiosamente pronunciato, è nelle ultime settimane sulla bocca di molti appassionati di tennis per via delle wild card ottenute e ottimamente sfruttate in tornei come il Masters1000 di Miami o l’ATP500 di Barcellona, occasioni che hanno permesso al giovane moscovita classe 1997 di mostrare il suo tennis rapido e aggressivo a cornici di pubblico corpose e soprattutto alle regie internazionali che l’hanno diffuso nelle case grazie alla cara vecchia tv. A maggior ragione è un nome più che noto agli appassionati del circuito giovanile, i cui campi Rublëv ha calcato fino all’anno scorso insaccando tra gli altri risultati nel proprio palmares una vittoria al Roland Garros, una finale al Bonfiglio e una finale all’Orange Bowl con una sfiziosa coda in questo 2015 in cui si è aggiudicato a mani basse la prima edizione dell’ITF Junior Masters. Nel frattempo, alla fine dell’anno scorso, aveva fatto il suo esordio nel circuito ATP con una wild card nel torneo di casa – l’ATP250 di Mosca – e quest’anno sta compiendo i primi, decisi, passi nel professionismo tout court. Impegnato questa settimana nel torneo Challenger organizzato sui campi del Circolo Tennis Garden di Roma, quest’anno particolarmente competitivo, Andrej ha rilasciato un’interessante intervista ai nostri inviati, gli stessi che oggi hanno raggiunto la madre del giovane tennista e permesso al sottoscritto di fare con lei una piacevole chiacchierata umana e anche un po’ tecnica visto che forse non tutti lo sanno, ma Marina Marenko coniugata Rublëv è anche una coach professionista.
“Lavoro con un’accademia di tennis a Mosca attualmente, in passato ho seguito Anna Kournikova prima che si trasferisse definitivamente negli Stati Uniti e poi anche Irina Chromačëva e Darja Gavrilova che sono molto contenta di vedere giocare così bene quest’anno”. E il figlio? “Non potrei mai” ci racconta “lo conosco troppo bene e poi non ci sarebbe il giusto distacco, l’ho seguito agli inizi ovviamente, da bambino, ma ora lavora con il suo allenatore e siamo molto contenti di come sta andando”.
E quando dice ‘da bambino’, la signora Marenko fa capire che suo figlio Andrej non scherza quando racconta ai giornalisti di non avere alcun ricordo della sua infanzia senza una racchetta in mano. “Non ho mai creduto che potesse fare nella vita qualcosa di diverso dal tennista, da piccolo gli piaceva tantissimo forse anche per via del mio lavoro, a volte lo portavo con me sui campi e lui era capace di stare lì da solo a palleggiare anche per due tre ore di fila, una cosa che faceva davvero impressione”.
Una vita segnata dal tennis in tutto e per tutto che ha portato Andrej al numero uno delle classifiche juniores e ai risultati che abbiamo elencato prima e che ora, lasciata l’alcova dorata dei tornei under-18, sembra riuscire a scorrere senza traumi o intoppi. “L’importante in questa fase è lavorare bene su tutti gli aspetti, la concorrenza è molto forte tra giocatori già affermati e altri giovani in fase di crescita, nel passaggio al professionismo serve praticamente re-imparare a giocare con la calma e la testa necessarie. Spesso i ragazzi non amano sbagliare, non accettano i propri errori e si innervosiscono. Questo aspetto è una cosa su cui bisogna lavorare giorno dopo giorno, momento dopo momento, sin dalla mattina. E poi naturalmente giocare da professionisti significa anche affrontare tennisti fisicamente più preparati, la condizione atletica è una cosa importante su cui focalizzarsi”.
La condizione atletica, già, l’unico aspetto aperto a dubbi per un tennista diciassettenne che sul piano tecnico ha certamente margini di miglioramento ma nessuna lacuna. Il fisico asciutto al limite del gracile che Andrej porta in campo non gli impedisce di tirare colpi profondi e potenti, anche aiutato da una rapidità d’esecuzione davvero fenomenale, ma qualche mancanza atletica ancora la paga, in resistenza più che in potenza, come dimostrato negli ultimi scampoli del match poi vinto contro Fernando Verdasco giocati in preda ai crampi. “Ovviamente siamo stati tutti molto felici di quella vittoria, Andrej veniva dalle qualificazioni dove aveva ottenuto una wild card e l’aveva sfruttata bene, già giocare quella partita è stato importante, vincerla è stato incredibile. Alla fine, è vero, Andrej aveva dei fortissimi crampi alle gambe e ha faticato a chiudere. Da un certo punto di vista era una cosa comprensibile, ma questo aspetto della preparazione fisica dovremo curarlo bene”.
Quel che è certo è che la programmazione di Rublëv è piuttosto fitta, mentre scriviamo è impegnato nel match di secondo turno al Garden contro il nostro Cecchinato e poi “ha ricevuto una wild card dagli organizzatori dell’ATP250 a Ginevra e siamo in attesa di una risposta dal Roland Garros. Da campione junior in carica in teoria gli spetterebbe, ma non abbiamo ancora notizie precise in merito, aspettiamo ancora un po’”.
Non si può non notare, chiacchierando piacevolmente e dribblando qualche difficoltà linguistica di tanto in tanto, che la signora Marenko parla spesso al plurale. Ma il “noi” che in certi genitori di giovani tennisti testimonia una presenza eccessiva o il sintomo di uno dei mali peggiori di sempre, le ambizioni fallite riversate su un figlio, nelle parole della madre di Andrej Rublëv segna una partecipazione di destini più sincera e realmente empatica. Difficile davvero pensarla come madre presenzialista dopo aver saputo che ha anche scelto (accettato) di non essere la sua allenatrice, più onesto dare fiducia alle sue parole. “Com’è la vita per i genitori di un giovane tennista? Beh, è fatta di scelte e sacrifici come la vita di ogni mamma, nel nostro caso particolare c’è anche il fatto che tutto quello che possiamo fare è mirato per lui, per la sua crescita. E in fondo è giusto così”.
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