di Adamo Recchia
Tennista, maestro, opinionista, scrittore. Luca Bottazzi, ex giocatore professionista e voce di Eurosport e Sky Sport, ci racconta la sua carriera, ci spiega come il tennis ancora sia la sua vita, di come abbia avuto la capacità di non limitarsi solo all’insegnamento ma dedicarsi anche all’attività di scrittore. Ricorda con noi di aver palleggiato con Borg e della cocente sconfitta in finale al Trofeo Bonfiglio.
Partiamo dall’inizio: quando hai preso in mano per la prima volta la racchetta? Che emozioni hai provato?
E’ successo molto tempo fa, quindi i ricordi sono un po offuscati. Ti ho dato una risposta vera, non inventata per questa intervista. Tuttavia, ricordo più che un’emozione una sensazione legata all’odore della gomma, forse la suola delle scarpe o le palle, chissà. Anzi, ripensandoci, forse erano proprio le palle, fragranti appena uscite dalla scatola di cartone. Credo fossero delle Pirelli. Penso si possa dire, anche perché certo non farei pubblicità ad una marca che oramai ha lasciato il tennis da lustri.
A che età hai capito che potevi diventare un giocatore professionista?
Ogni bambino che vince da subito e molto, sul campo da tennis, proietta il proprio pensiero ai grandi tornei, ai grandi, campioni, ai grandi successi. Personalmente è quanto mi è accaduto. Comunque, questa dinamica credo sia molto comune. Una dinamica che viene oltremodo incoraggiata da un ambiente in perenne attesa messianica del campione. Ovviamente questo fattore è altamente controproducente per la formazione dei giovani, e non solo nel tennis. Inoltre, aggiungo che proiezioni mentali e speranze infantili e adolescenziali a parte, mi sono reso conto di potermi sentire un professionista quando ho iniziato a mantenermi col tennis, senza rimetterci. Probabilmente, per un fuoriclasse, cosa che non sono mai stato, le dinamiche si rivelano in modo diverso e sicuramente più netto, più chiaro.
Parlaci dei risultati migliori che hai ottenuto in carriera.
Ricordo con piacere le vittorie ottenute nei tornei giovanili sia a livello nazionale che internazionale. Ovviamente rimembro anche i successi nel circuito pro, come il titolo di doppio a Bari, i quarti di finale all’Open di Palermo, i successi nei Challenger di Tampere e Nairobi, la prima volta a Wimbledon, ed altri momenti. Le sconfitte, anche quelle più cocenti, come la finale del Bonfiglio invece hanno un gusto dolce e amaro allo stesso tempo. Tuttavia, il ricordo che custodisco preziosamente in fondo al cuore con tenerezza sono i luoghi che ho conosciuto e le persone che ho frequentato nel decorso del tempo speso sul campo. Una racchetta da tennis è un passaporto per ogni città, dice il grande maestro.
Dopo aver smesso di giocare, sappiamo che sei rimasto nel mondo del tennis in vari ruoli: di cosa ti occupi in particolare?
In particolare mi occupo di insegnamento a livello di scuola di base. Credo che solo riqualificando la base di uno sport si possa veramente pensare di avere un vertice competitivo. Per questo compito ho concorso insieme, ad altri colleghi e ricercatori, alcuni dei quali nel loro ambito di fama mondiale, a realizzare R.I.T.A. si tratta di un’associazione culturale e di ricerca in ambito motorio e tennistico. Il metodo R.I.T.A. è stato presentato e riconosciuto dall’ITF. nel Congresso Scientifico di Londra del 2003. E lo ricordo quel fatto con orgoglio, perché ne sono stato il relatore. Questo metodo ha sopratutto una finalità pedagogico educativa, non si propone l’esasperazione dell’agonismo giovanile.
Sei anche tra i commentatori tecnici più apprezzati di Eurosport. Che emozioni ti dà osservare il gioco in questo ruolo?
Più che emozione direi il piacere di poter appagare la passione o se vogliamo l’amore per il tennis da vicino. Inoltre sono molto attento a cogliere dati e spunti per cercare di tradurre, ciò che è possibile e quindi traducibile, in didattica. Inoltre un mio personale convincimento è orientato a fornire al telespettatore tutti quegli elementi che le immagini da sole non riescono a trasmettere. Purtroppo non è un compito facile, ma le ovvietà non sono mai state nelle mie corde e, questo in parte lo riconosco, può essere un limite.
Come ti vedresti come coach di qualche campione, ti piacerebbe?
Non mi vedo nei panni di coach di top player, per il semplice motivo che da qualche anno mi occupo in forma quasi esclusiva di scuola tennis. Le questioni agonistiche e di campioni le ho consumate in passato con grande entusiasmo. Ricordo un Trofeo FIT vinto quando insegnavo allo Junior Milano e tanti titoli italiani giovanili vinti dai ragazzi. Inoltre rammento una stagione in cui allenavo Laura Garrone, poi quando ho fatto da sparring al grandissimo Bjorn Borg, ma tutto questo appartiene al passato. Oggi mi interessa insegnare ai bambini. Quindi per coerenza professionale rimango dove sono, cercando di elevare sempre più le mie competenze operative in tale ambito.
Che differenze trovi tra il tennis che giocavi e quello attuale? E cosa hai in programma di scrivere per il futuro?
Il cambiamento è titanico e sarebbe troppo lungo parlarne. Rimangono comunque diverse similitudini che caratterizzano il nostro sport. Infine posso dire che solo conoscendo il passato è possibile comprendere il presente ed ipotizzare il futuro. Ma una risposta completa sarà possibile trovarla nel mio prossimo libro, scritto con Carlo Rossi ed introdotto da due figure immense dello sport del tennis. Libro che uscirà nel febbraio 2015. Non posso al momento aggiungere altro, sarà una sorpresa post natalizia.
Luca Bottazzi: ex Nazionale, top 130 ATP, tra i giocatori battuti il campione di Wibledon Jan Kodes. Sparring di Bjorn Borg, allenatore di campioni italiani under 12,14,16,18, e vincitore di un Trofeo FIT. Già socio fondatore di R.I.T.A., associazione culturale e di ricerca in ambito motorio e tennistico con all’attivo varie pubblicazioni, alcune riconosciute a livello internazionale dall’ITF, e docente alla facoltà di scienzze motorie università Statale di Milano. Attuale direttore della scuola di R.I.T.A. Tennis Academy e voce tecnica per SKY ed Eurosport. Autore con Carlo Rossi del libro “Il Codice del Tennis” Bill Tilden arte e scienza del gioco. Pubblicazione. Edito da Guerini Next, sarà disponibile in libreria da febbraio 2015.
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