Verso la metà degli anni ’80 il tennis mondiale attraversava una fase cruciale della sua storia che dava vita a cambiamenti tra i più interessanti e significativi. Grandissimi campioni si affrontavano dando origine a rivalità nuove e intriganti, ricche di contrasti di stile, con decine di tornei e match straordinari. Era nata e si stava sviluppando l’Accademia di Nick Bollettieri a Bradenton dalla quale sarebbero usciti giocatori eccezionali e un metodo di lavoro rivoluzionario. Tra le donne Navratilova e la sua rivale Evert vedevano messo in pericolo il loro duopolio dal meraviglioso atletismo di Steffi Graf mentre stava per arrivare il ciclone di Monica Seles la prima ad utilizzare al meglio gli incroci sul campo e ad interpretare il mutamento del gioco del tennis. In Italia e nel mondo gli anni 80, venuti mentre si stava formando tennisticamente ed umanamente Laura Garrone, la protagonista della nostra storia, proponevano un modello culturale nuovo basato maggiormente sulle apparenze, “aggressivi ma con stile” come i Duran Duran che mentre inneggiavano all’atteggiamento ribelle dei “ragazzi selvaggi”, non disdegnavano trucco e merletti tipici del look new romantic. Le contraddizioni di questa decade, che ha visto esplodere il divismo delle grandi pop star (Madonna, Michael Jackson…), la pubblicità commerciale e il consumismo compulsivo, si ritrovano nel tennis italico di quegli anni tra tante promesse e qualche realtà di successo proprio come quella di Laura Garrone. Successo, per altro consacrato poi anche fuori dal campo, con la realizzazione di una splendida famiglia grazie al matrimonio col chirurgo Beppe Pellitteri, 2 fantastici figli e una nipote che Laura stessa considera una figliola.
La forte giocatrice milanese all’apice della sua carriera si è arrampicata fino alla posizione numero 32 del ranking mondiale del singolare nel 1987 e alla posizione numero 42 nel doppio nel 1991: ha vinto 2 prove del grande slam a livello Juniores (Ronad Garros ed Us Open entrambi nel 1985), ha vinto 5 titoli di doppio a livello WTA, ha fatto 3 finali in singolare e ha conquistato una vittoria nel torneo ITF di Spoleto nel 1997. In quel periodo storico il tennis femminile non soggiaceva ancora alla potenza senza costrutto, cui poi sarebbe definitivamente giunto negli anni 2000 con le sorelle Williams su tutte, tanto è vero che una delle prime giocatrici che Laura Garrone affrontò nel circuito PRO, in un quarto di finale a Taranto nel 1985, fu quella Vicky Nelson che detiene ancora il record (insieme alla sua avversaria Jean Hepner) per il match più lungo della storia femminile Open durato 6 ore e 31 minuti in un torneo a Richmond, Virginia. Quel match detiene anche il record del rally lungo, con 643 scambi che durarono ben 29 minuti. Questo per dire quanto duro era giocare e vincere un solo quindici sia a livello mentale sia a livello fisico, sebbene la potenza non fosse quella dei giorni nostri, il che però richiedeva anche una capacità di gestire i match assai più complessa rispetto al bum-bum del giorni nostri.
Laura come hai cominciato a giocare, e da che tipo di famiglia provieni?
“Facevo ginnastica artistica a livello nazionale con mio fratello, dal quale mi dividono solo 13 mesi e siamo molto legati: lui poi decise di smettere per la delusione di una mancata convocazione ad un raduno e sempre insieme cominciammo a giocare a tennis. Avevo 9 anni e non avevo mai preso una racchetta in mano ma il tennis mi ha preso subito, mi divertivo un mondo a giocare e le amicizie erano quelle giuste. Per me è stato molto importante mio fratello fino a quando non ho fatto tornei PRO, perché mi supportava ed era il mio punto di riferimento. Lui è diventato C1 e poi anche Maestro. Condividere le difficoltà con lui è stato decisivo.”
Quando hai capito che eri bravina?
“Quando ho cominciato è stata la passione a spingermi. Il circolo dove ho cominciato era frequentato da ragazze molto brave, pensa che c’era la Golarsa che già giocava da qualche anno, mentre io ero agli inizi, eppure ho recuperato presto il gap con le altre e questo mi ha dato fiducia. Da principiante ho fatto una escalation velocissima, anche perché giocavo tantissimo. Ero sempre in campo o con mio fratello, o con gli amici o con… il muro! Questo mi ha permesso di recuperare la distanza con le altre che tecnicamente erano avanti a me e sostanzialmente emergere fin da quasi subito.”
Come era il rapporto con i tuoi genitori agli inizi? Ti spingevano, ti forzavano o erano distanti?
“Mia mamma, pur non avendo mai fatto sport è sempre stata una spalla, nel senso che mi accompagnava ai tornei, e pensa che nemmeno guidava all’epoca, quindi dovevamo muoverci in treno. Insomma si sobbarcava tutte le difficoltà del caso oltre a lavorare come infermiera. E non metteva bocca, perché non capiva molto di tennis. Presenza non invadente, mi chiedeva se mi ero divertita con l’ingenuità di chi non è sportivo agonista quindi non legava il divertimento al risultato; o se avevo fatto merenda, se avevo il necessario per la doccia e così via. All’epoca era probabilmente l’ideale, ora l’idea che mi sono fatta è che i ragazzi debbano essere un po’ pressati, non dico assolutamente stressati, ma motivati anche dai genitori, altrimenti si ammosciano.”
Aggiunge Laura:
“Mia mamma è stata davvero la mamma ideale, era sempre positiva, la mamma che tutti vorrebbero, invitava i miei amici, cucinava per tutti, ancora oggi lo fa! Mio papà anche non era affatto pressante, si dedicava a noi il week end accompagnandoci ai Tornei se eravamo ancora in gara,oppure ci faceva scoprire nuovi sport all’aria aperta.”
Il discorso cade inevitabilmente sui ragazzini di oggi e Laura sostiene “che i giovanissimi oggi non amano il confronto, alle prime difficoltà sciolgono se non sono supportati da una passione immensa oppure se non pressati, come ti dicevo prima, dai genitori.”
Primo maestro?
“Il mio primo maestro è stato Ugo Forti, poi Maurizio Rovati, dapprima ero al CAT, il centro addestramento tennis comunale di Milano, poi allo Junior Milano dove sono cresciuta, poi a 15 anni sono stata convocata al centro federale di latina ma i miei non mi mandarono e fu una fortuna, perché non ero ancora pronta. Andai poi l’anno successivo a Latina e la stagione precedente mi servì tantissimo per maturare anche un po’ come ragazza, diventando più autonoma anche emotivamente.”
E come era il rapporto con Laura Golarsa?
“Tieni presente che eravamo le più bravine, a livello regionale ci giocavamo quasi sempre le finali, e il fatto che io vincessi sempre aumentava la rivalità, perché in fondo io ero quella che veniva ‘da dietro’, perché avevo iniziato dopo e la ‘Gola’ era comunque considerata una molto brava! Ma questa rivalità era dentro al campo, e ci ha aiutato molto, ci ha motivate entrambe. Comunque siamo state compagne di camera a Latina, insieme ci siamo anche divertite molto, poi a 18 anni ci siamo unite per vincere il titolo di serie A! Attualmente siamo amiche, lavoriamo entrambe a Sky, abbiamo obiettivi diversi, lei è molto preparata e competente. Devo dire che comunque quando rivedo le vecchie amiche, Reggi, Cecchini, Farina, Grande, riviviamo con estremo piacere ed entusiasmo gli anni trascorsi insieme prendendoci parecchio in giro.”
Carrellata dei tuoi successi da Junior, fantastici, con 2 vittorie slam: cosa ricordi, un aneddoto, qualcosa di tuo. E come sono arrivati? Eri già “scafata” o ancora una ragazza ingenua? (parlo di tennis, ma anche di fuori dal campo se vuoi).
“Io sono cresciuta con Sandra come idolo, la vedevo vincere a livello internazionale e lei era l’atleta da emulare. Risultati da Junior sono arrivati per caso, senza che avessi come obiettivo quello di vincere il titolo mondiale, giocavo partita per partita, torneo per torneo. Ovvio che le vittorie da Junior mi han dato autostima ulteriore e in più ero temuta dalle mie avversarie. Avevo 18 anni, ero una ragazzina ingenua per il mondo, in campo ero solida ma fuori ero ancora una bimba, ci piaceva far ‘casino’, divertirci attraverso il tennis, era bella la compagnia, ma i ‘maschietti’ erano qualcosa di ancora lontano.”
Latina, centro federale: che ricordi hai? È stato un centro che ha creato bene sul piano dei risultati, meglio del Tirrenia di oggi eppure molto discusso…
“Io sono stata tantissimi anni a Latina, e i primi 2 anni sono stati bellissimi. Era un gruppo di ragazze affiatate, con Cristina Casini siamo ancora oggi amiche del cuore, andavamo la mattina a scuola, poi allenamenti, condividevamo tutto ed era tutto bello. Poi sono cambiate un po’ le persone, la Gola è andata via dopo 6 mesi, il Maestro Di Domenico non è stato in grado di gestire un rapporto personale con tutte le ragazze e pian piano è diventato più un impegno professionale che un divertimento. Al di là di tutto poi Di Domenico ci faceva allenare tutte alla stessa maniera, dovevamo correre e ributtare di là la palla, con nessun tipo di personalizzazione, né sul piano dell’allenamento tecnico, né tattico, né atletico. Ci avrebbe dovuto valorizzare molto ma molto di più. Io ad esempio tecnicamente ero meglio della ‘Cecca’, lei poteva giocare a non sbagliare, io avrei potuto sviluppare cento varianti di colpi in più. Ringrazierò sempre la FIT perché ci ha dato comunque la possibilità di spesarci ed allenarci. Chi veramente voglio ricordare è Abdon Pamich un preparatore atletico ed un Uomo con la u maiuscola.”
Come descriveresti la Garrone tennista?
“Ero una giocatrice completa, non molto potente ma sapevo far tutto, brava a rete, sapevo fare il back, non servivo forte ma nn facevo doppio fallo, insomma difficile da battere anche perché mi muovevo bene, sul modello della Sabatini ma più leggera, con palla meno pesante ed arrotata.”
Quali erano le differenze sostanziali tra il tennis femminile di allora e quello di oggi? E’ vero che Steffi Graf sarebbe ancora tra le prime 10 se decidesse di rimettersi in forma al top e prendere la racchetta?
“La grande differenza la fanno i materiali e poi noi avevamo un piano tattico, non erano tutte palle sparate a mille all’ora come oggi. Adesso c’è tantissima potenza cercando di chiudere il punto il prima possibile, ma tutto questo grazie alle racchette e alle corde. Secondo me nel futuro ci sarà il ritorno di un po’ di tattica, ad esempio chi sa variare il servizio e le angolazioni, chi sa fare palle corte, chi sa giocare il back basso trova dei benefici a livello di risultati. Sì, se la Graf tornasse in forma sarebbe senz’altro tra le top. Noi di quell’epoca giocavamo contro campionesse incredibili, di un livello stratosferico che ora non c’è più, pensa alla Navratilova, alla Seles. Già raggiungere gli ottavi ad un torneo era di una difficoltà pazzesca.”
Tu giravi col coach? E quali son stati i più importanti per la tua carriera da Pro?
“Ho girato per un po’ con Di Domenico, quando la Federazione lo consentiva economicamente, poi gli ultimi anni, avendo legato con alcune ragazze argentine ho conosciuto il Coach Jorge Todero, attuale allenatore della McHale ed ho girato un po’ con lui. Piero Melaranci poi è stato coach e fidanzato, ed anche con lui sono cresciuta e lui è cresciuto con me. Piero aveva il grande vantaggio di essere laureato all’ISEF, per cui a livello atletico ero davvero bene allenata e con Piero anche sono stata molti anni nel circuito. Lui da uomo intelligente ha cercato di colmare qualche lacuna che aveva sul piano squisitamente tennistico. Ma ci tengo comunque a dire che è stato un periodo importante.”
Veniamo alla tua carriera: il primo incontro da Pro lo giochi a Milano e non avevi ancora 16 anni, perdendo contro la Pichova nel 1983 ad un 10mila. Ricordi?
“Ricordo tanta ansia, avevo tanta voglia di giocare, partita lottata ma emotivamente non ero ancora in grado di gestire le emozioni e persi tutti i game importanti.”
Nel 1984 da Junior fai Parigi, US Open e Wimbledon ma vai fuori subito, la curiosità è che a wimbledon hai sempre preso l’olandese Ketelaar, poi l’hai più affrontata?
“Sì, la Ketelaar era una che su erba giocava benissimo, non fui fortunata a Wimbledon con i sorteggi, così come un anno nel tour europeo sul rosso ho affrontato per 3 tornei consecutivi (Roma, Berlino e Ginevra) al primo turno Anke Huber che era in ascesa fortissima, tanto da chiudere la stagione tra le prime 15 al mondo. La fortuna è qualcosa che va e viene, ero in credito ma sono stata ripagata dal matrimonio con mio marito, Giuseppe Pellitteri, con il quale la sintonia è altissima. Purtroppo molti anni fa persi parecchia serenità a causa di un lutto gravissimo, mi è venuta a mancare una sorella che aspettava una bimba, serenità che ho ritrovato pian piano grazie molto a mio marito, e alla vita qui a Bolzano dove si sta benissimo.”
Intanto alternavi tornei Junior a Tornei PRO, prendi i primi punti WTA, prima vittoria in un torneo a Caserta contro l’americana Hansel, poi finale a Monviso, vittoria nel 10mila di Cava de’ Tirreni, ricordi?
“Capivo che mi stavo valorizzando bene nei tornei dove mi trovavo a mio agio, in particolare in Italia cominciavo a trovare consapevolezza di me come giocatrice. Sentivo di poter diventare come Sandra Cecchini.”
Poi arrivò il fatidico 1985 anno in cui vincesti Parigi e Us Open Junior, tra l’altro perdendo due soli set in 11 match! Quanto sono state importanti quelle vittorie?
“Non mi ricordavo di aver perso solo 2 set in 11 gare, comunque furono importanti perché mi regalarono consapevolezza di me, divenni campionessa del mondo!”
E perché scegliesti di fare ancora junior quando eri già proiettata a livello PRO abbondantemente entro le 200 WTA?
“Non fui costretta dalla federazione, ma la cosa era già programmata, partecipando solo nei tornei più importanti del mondo. L’anno prima non ero andata poi così bene, e quindi volevo cercare di impormi a livello Juniores facendo i tornei più importanti e intanto continuando l’esperienza PRO. Per vincere il tiolo mondiale ho comunque dovuto aspettare che M.J Fernandez perdesse ai quarti all’Orange Bowl, non era così scontato vincere ecco!”
Poi mi spieghi una cosa? Ma nella settimana di Parigi quante partite hai fatto? Hai fatto junior e pro insieme?
“Ci furono prima le qualificazioni al torneo dei grandi, poi arrivai al venerdì della prima settimana, e già il lunedì dopo giocai il primo turno degli Juniores arrivando fino alla domenica! 11 partite!”
Chiudi il 1985 al numero 108 WTA per poi fare il boom l’anno successivo, facendo una buona tournée americana e poi finale a Barcellona, sedicesimi a Parigi, semi a Perugia ed Atene, chiudendo l’anno al numero 38 WTA. Cosa ricordi di quella stagione? Tra l’altro chiudi l’anno con una vittoria sulla tua amica Sandra Cecchini e di fatto fai best ranking gennaio 1987 al numero 32.
“In quell’anno lì ho battuto la Garrison, numero 9 del mondo, sul centrale del Roland Garros, quello è stato il punto più alto. La prima telefonata fu ai miei genitori, che però non si esaltarono più di tanto. Del resto il sogno loro era che mi laureassi, il tennis non era in cima ai loro sogni, nonostante già si rendessero conto che ero una campionessa.”
La terra era la tua superficie preferita?
“Ho giocato bene nella mia carriera un po’ su tutte le superfici. I risultati dicono che potevo giocar bene dappertutto, ma all’epoca forse non ci credevo così tanto, e mi sentivo più terraiola, più adatta alla terra battuta. Non era così vero, visti il terzo turno all’Us Open, a Wimbledon ed ad altri risultati ottenuti lontano dal rosso.”
Può esistere amicizia vera nel circuito?
“Certo che esiste. C’era naturalmente rivalità ma ancora oggi siamo amiche con le antiche avversarie italiane, con la Reggi, con Sandra abbiamo le case vicine a Milano Marittima, si girava insieme e quindi si condividevano tante esperienze. Anche la Reggi era una casinara pazzesca e stavamo bene insieme! Poteva capitare che battevi una ragazza e non ci parlavi per una settimana, ma erano rivalità sportive. Con la Reggi abbiamo avuto un periodo di “freddo” per delle incomprensioni quando lei era capitana di Fed Cup ma poi ci siamo abbondantemente chiarite, tanto che anche lei quando ci troviamo a Milano Marittima usciamo insieme con la ‘Cecca’.”
Da quel momento, cioè dal 1987 in poi resti per 8-9 anni sempre nelle prime 100 del mondo, quale è la partita che ricordi con più piacere? E quella che soffri nel ricordare?
“Quella con più piacere è quella con la Garrison, quella più dolorosa la partita con la Testud a Palermo, ero davanti 1-3 al terzo…”
In doppio hai vinto 5 titoli a livello WTA e poi anche 2 ITF, quale è stata la partner con cui ti sei trovata meglio?
“Con la Gola ho fatto finale agli internazionali d’Italia, ma lei faceva attività spesso sul veloce, io prediligevo il rosso. Con la Cecca non eravamo complementari tecnicamente ma avevamo molto feeling e abbiamo vinto molto.”
Veniamo ad una analisi della tua carriera, quanto avresti potuto fare di più? Ritieni di aver fatto il massimo?
“Avrei potuto fare forse qualcosa di più se avessi maggiormente creduto di più in me e avessi investito di più sulla mia professione, trovando altri collaboratori al di fuori di Latina. Io sono rimasta molti anni a Latina, anche per una questione di budget. Latina, come Tirrenia oggi, ti dava la possibilità di allenarti a spese quasi nulle, al contrario di quando stavo a Milano: pensa che un periodo mi allenavo con Luca Bottazzi che costava 50mila lire l’ora più la spesa per le palle.”
A fine 1997 decidi di ritirarti, eppure venivi da vittoria nel 25mila dollari di Spoleto e da un buon quarto di finale in Slovenia, e avevi solo 30 anni, perché, come è maturata la decisione? L’allungamento medio delle carriere di adesso, a cosa è dovuto?
“Ad un certo punto mi sono resa conto che più in alto dal punto di vista della classifica non potevo ambire, per cui ho incominciato a girare i tornei cercando anche di gustarmi anche di più i viaggi tra una competizione e l’altra, e pur allenandomi con intensità le motivazioni erano un filo inferiori. Come tutti i giocatori PRO finchè sei concentrato esclusivamente sul tennis giri il mondo ma non conosci in profondità i luoghi dove giochi. Io avevo girato Usa, Australia e mille altre parti del mondo senza aver capito davvero dove mi trovassi. Per cui avevo anche voglia di approfondire la vita fuori dal campo. Ora si sono allungate le carriere anche perché ora gli allenamenti sono differenti, la preparazione è più personalizzata e hai meno infortuni cronici. A 30 anni eri logora. Le partite duravano anche 4 ore.”
Il giorno dopo che hai deciso di ritirarti, cosa hai fatto?
“In realtà non mi sono mai fermata, mi sono anche continuata ad allenare, ho seguito anche Alice Canepa come coach. Alice era una giocatrice molto forte già a livello Juniores. Non mi ero stufata di allenarmi, ma di girare il mondo ecco. Tuttora faccio tanto sport, sci alpinismo, bici e golf.”
Raccontami un po’ della vita di Laura fuori dal campo.
“Mi sono sposata con Giuseppe Pellitteri, un chirurgo odontoiatra, ho ‘ereditato’ dal suo primo matrimonio 2 figli meravigliosi, che insieme a mia Nipote Gaia che rappresentano un piacevole impegno quotidiano. Federica vive a Madrid, ha 22 anni, faceva salto con l’asta, adesso studia odontoiatria; Matteo ha 19 anni, gioca a rugby qui a Bolzano e si accinge a cominciare l’Università. Gaia ha 25 anni e studia Scienze delle Comunicazioni, gioca a calcio e fa la cantante. Non mi dispiace che non giochino a tennis, è uno sport difficile e a rischio frustrazione per il fatto che è uno sport in cui sei solo.”
Delle 4 aree che riteniamo fondamentali nello sport, cioè tecnica, tattica, atletica e mentale, dammi le tue percentuali di importanza nel tennis moderno professionistico.
“40% mentale, 40% atletica, 10% tecnica, 10% tattica. Se hai ambizione e sei determinata con una ottima preparazione fisica puoi davvero sfondare, mentre sei hai talento tennistico ma ti mancano certe caratteristiche e voglia di lottare o mancano forti motivazioni finisci per rimanere indietro.”
Giocatore attuale preferito, e giocatrice attuale preferita.
“Quando giocavo mi piaceva tantissimo la Sabatini, oggi Federer e ai miei tempi Boris Becker. Oggi mi piace tanto la Giorgi, che ha qualità tecniche e fisiche eccezionali, deve migliorare sul piano mentale, spero possa maturare: io le consiglierei di affidarsi ad uno staff propositivo che le faccia capire che non bisogna per forza cercare subito il vincente ma arrivare a gestire ogni 15 nella maniera migliore sul piano tattico. Del resto all’inizio della loro carriera il papà delle sorelle Williams sosteneva che bisognava tirare forte sempre e comunque prima delle altre. E apparivano, pur nella loro grandezza, limitate da questo punto di vista. Poi invece hanno avuto ragione loro, lavorando su quelli che potevano essere dei limiti di atteggiamento tattico in campo, tirando sempre forte ma più a ragion veduta.”
Dei giovani azzurri e delle giovani azzurre?
“Nelle femmine rischiamo di saltare una generazione: non vedo fenomeni in giro, promesse qualcuna, voglio citare Lisa Pigato che fisicamente è messa bene, è determinata, ed ha la giusta cultura per poter far bene, però è troppo giovane ancora per fare pronostici. Tra i maschietti la situazione italiana è migliore e mi piacciono molto Sonego e Donati.”
Doping, esiste nel tennis?
“Beh, che esista l’abbiamo visto, pensa alla squalifica della Sharapova: ogni tanto ne punzecchiano qualcuno, ma l’antidoping è sempre indietro anni rispetto al doping. Le prestazioni possono essere migliorare da aiuti esterni, e in uno sport così duro come il tennis, in cui l’aspetto atletico è così fondamentale, è inevitabile che qualcuno ceda alla tentazione… pizzicarono Canas, Coria, Agassi stesso l’ha ammesso nella sua biografia…”
Scommesse, cosa si può arginare il fenomeno?
“Riuscire a bloccare il fenomeno è impossibile. Ci stanno tantissimi interessi, ed è anche facile truccare un game, basta un doppio fallo facendo sembrare una seconda di servizio forzata. Di quanto si potrebbero alzare i montepremi dei tornei minori?“
Sei felice di quanto hai guadagnato? E come si risolve il problema di tanti ragazzi che non sono tra i 100?
“Io sono soddisfatta, sono contenta di quello che ho guadagnato; come campionessa mondiale juniores ho firmato sponsorizzazioni triennali interessanti, inoltre l’agenzia IMG ha sfruttato molto bene la mia immagine. Mio papà ha gestito bene il mio patrimonio, sebbene non fossero i guadagni di oggi. Però è sempre lo stesso problema, i soldi servono eccome nel tennis, e molti ragazzi oggi faticano a sostenersi per girare il circuito: solo pochi mesi fa Kukushkin, ex top 50, ha dichiarato di faticare a portare avanti l’attività, perché gli introiti maggiori sono quelli degli slam o dei tornei più importanti e se hai la sventura di non fare quei tornei vai sotto con le spese. I primi guadagnano troppo rispetto a quelli indietro.”
Olimpiadi: hai fatto Barcellona se non ricordo male, che ricordo hai? Qualcuno dice che col tennis c’entrano poco.
“Dolce-amaro. A Seul 1988 ero 32 del mondo, ero numero 3 di Italia però per cui non andai e dovetti fare le quali, fallendo la qualificazione. Andarono giocatrici molto inferiori a me. Invece a Barcellona fu meraviglioso, con Raffaella e Sandra. E’ una esperienza meravigliosa, il villaggio olimpico è bello davvero perché conosci altri atleti e respiri la vera atmosfera dello sport. Certo nessun tennista baratterebbe una vittoria a Wimbledon per la medaglia d’oro olimpica ma quando sei lì nella competizione a cinque cerchi ci tieni a dare il massimo, eccome se ci tieni.“
Ora lavori a Sky e fai la Maestra e coach a Bozen, cosa noti per primo in un allievo?
“Sì, commento per Sky i Masters 1000 e alleno l’agonistica e l’avviamento all’agonistica a Bolzano, al TC Bozen. Le prime caratteristiche che noto sono le qualità fisiche, equilibrio, coordinazione, agilità, parte tutto da lì per quasi tutti gli sport.”
Cosa è che non sopporti nel prossimo? E quale è il tuo peggior difetto/limite?
“L’incoerenza e la falsità mi danno molto fastidio. Sono un po’ permalosa e fatico a perdonare: ci metto un po’ a farmi passare le offese.”
C’è una ragazza che secondo te poteva diventare un fenomeno e che non ha sfondato? E perché?
“Non mi viene in mente nessuna in particolare.”
Faresti il coach a tempo pieno, tornando a girare il circuito? E perché ci sono poche accademie in italia sullo stile spagnolo dove invece ce ne sono una infinità? (Per non parlare degli USA).
“Non sacrificherei più la mia attuale quotidianità per seguire una giocatrice di tennis. Tra l’altro nel tennis come nella società, si sono persi parecchi valori. Gratitudine, riconoscenza, sacrificio e spirito di dedizione stanno scemando per questo motivo e per come è impostata attualmente la mia vita non mi vedrei affiancare un ragazzo al professionismo. Adoro insegnare e il tennis è ancora il mio sport preferito e mi sento soddisfatta con la mia vita attuale, con un marito che mi adora e una splendida famiglia. Il discorso delle Accademie è complesso: in realtà qui in Italia il Maestro di tennis in un buon circolo ti fa guadagnare bene, per cui per molti conviene restare nel proprio spazio di tranquillità potendo gestire i propri interessi, la famiglia, il tempo libero senza doversi impegnare in Accademie che ti costringono a girare il mondo seguendo gli atleti. In Spagna ad esempio è diverso e seguire gli agonisti diventa più importante perché i Maestri non guadagnano quanto qui restando a lavorare in un circolo, è una cultura diversa per cui si fanno meno lezioni private e ad un prezzo più basso.”
Salutiamo Laura ringraziandola della disponibilità e della sua simpatia: oggi Laura Garrone è una donna serena, felice, con una famiglia meravigliosa e con una passione per il tennis e lo sport in generale proposto con lo spirito della gioia e del piacere fine a se stesso.